giovedì 29 dicembre 2011

il pianista

Il concerto del pianista Binda mi ha deliziato.
Da anni la musica ha smesso di appassionarmi.
La musica è una droga leggera il cui effetto postumo è un angosciante senso di vacuità generale.
Come nel sesso, dopo l'eccitazione sensoriale non resta che l'amara consapevolezza che la felicità dura un attimo e che l'estasi dipende dalle ghiandole.
L'assoluto svanisce con la stanchezza, con la secchezza delle mucose.
Per apprezzare la musica e il sesso non bisognerebbe sopravvivere ad essi, all'orgasmo e all'ultima nota.
Morire, suggellati dal Piacere...

Grazie Binda.

mercoledì 28 dicembre 2011

skyrim

Deludente l'ultimo lavoro della Bethesda.
Trama piatta e unilaterale, grafica modesta, gameplay ordinario, tutto già visto.
Totalmente sprecato il pretesto dei draghi: ci avessero dato la possibilità di schierarci con essi -dando luogo ad un finale davvero diverso e alternativo!-, di trasformarci in drago (oppure di cavalcarne uno) e sfrecciare per i cieli e le montagne in cerca di epiche battaglie...
Immaginate: intere città da abbattere, con eserciti, arcieri, maghi, catapulte, golem!
E voi, ricoperti di scaglie, a esalare fiamme, bufere, e a fendere i nemici con gli artigli e le fauci...
Oppure ad affrontare altri draghi in battaglie aeree o a cacciare mostri nei fondali marini! (con un gameplay dedicato)...
Si poteva immaginare (e realizzare) tutto ciò e altro ancora.
Oblivion almeno aveva l'alibi di non pascere draghi nelle sue terre!
Gli asfittici programmatori della Bethesda si sono limitati ad aggiungere -unica debole novità- qualche potere "draghesco" (i cosiddetti urli) e sono andati a dormire tranquilli come idioti...
I soliti noti hanno infine incensato con recensioni untuose questo giochino riciclato facendolo passare per un capolavoro.
I soliti "ignoti" hanno invece constatato, non senza dispiacere, che l'ora dei draghi non è ancora giunta.

venerdì 23 dicembre 2011

balbuzie

Perchè continuare a scrivere?
La coscienza ripudia i silenzi con un impulso invincibile.
Perciò dobbiamo eiaculare: parole, idee, teorie...
Ci si affloscia, per due ore o un mese, e poi, di nuovo, il pene della coscienza s'indurisce: e giù affabulazioni, verbi e parole.
Quante idiozie scrissi, quante malignità! Che campione di putredine!
Nella melma colsi luccicare qualcosa: una corona di allori marci, bagnata da una rugiada simile alla bava delle lumache.
Cesare della melma: ecco la tentazione di un titolo qualsiasi.
Ma a che pro, quando ogni titolo vale quanto lo sputo d'un epilettico?

Solo i silenzi bonificano l'anima.
Non la preghiera, invocazione sterile.
Ma l'anima, questa vecchia mascalzona, è incapace di tacere.
Infestiamo il mondo nominando le cose.
Il verso non è tutto.
E' solo la superbia della balbuzie a farci credere una fesseria simile.
E all'inizio non fu il verbo.
Fu il silenzio...

sabato 17 dicembre 2011

l'insonne

Cioran seppe trasformare la disperazione in principio ludico.
Come fece?
A furia di annoiarsi, notte dopo notte, insonnia dopo insonnia, bestemmia dopo bestemmia,
l'agonia sbocciò in "arte": la bestemmia mutò in poesia.
Cioran vi prese gusto: e così si specializzò nella calunnia universale.
La calunnia, violenza minore e incruenta, adoperata con la moderazione e la profondità dell'asceta, è un'ottimo stimolante fisiologico: in più ha il pregio di essere sempre valida ed attuale contro ogni sistema.
Da buon fannullone Cioran si guadagnò il pane calunniando tutto.
E, alla fine, si divertì pure.

"...colmare, tubando insieme, la vacuità generale; e infine -parodia dell'estasi- annegare nel sudore di una complice qualsiasi..." (E.M. Cioran)

lunedì 12 dicembre 2011

l'empio

Passeggiare per il bosco con Pepus è divertente.
Gli argomenti toccati sono disparati: la bilocazione di Padre Pio, le visioni di vari dementi contadini, Buddha, Cristo, l'impotenza epistemologica della scienza, il pensiero che modifica la realtà fisica, etc.
Quasi con sistematico oltraggio mi diverto a minare ogni certezza balducciana, affinchè venga corrotta dal verme del dubbio.
Da buon credente Pepus si accanisce verso di me, cercando di condurmi sulla retta via.
Deve convertirmi.
I pensieri immodificabili mi urtano.
Preferisco minare, sabotare, insultare.
Le teorie edificanti mi fanno vomitare.
Non che io ami i deserti: mi piace il tremolio delle stelle perchè non acceca il mio sguardo.
Come esseri umani siamo tutti infetti : infetti di verità.
E vogliamo sempre infettare gli altri con i nostri miseri fiati!
Anche lo scettico è infetto, infido e malfermo: ma sta al suo posto.
Da dentro esaliamo l'odore delle cloache.
Per questo ci copriamo di profumi.
Buddha avrebbe fatto meglio a tacere e gettarsi in mare con una pietra al collo.
Invece tutti i suoi apostoli imbecilli assillano la terra con la loro compassione marcia e le loro parole anemiche.
Nessuno è buddista e nessuno è cristiano.
I santi sono poveri vigliacchi che si ingannano di sfuggire al putrido destino della carne.
Come è divertente tutto ciò!
Baldacci!
Empi i calici!
Non a Buddha nè a Cristo devi brindare, pallidi fantasmi malati:
alla Carne, ancora calda e sana, sia rivolto il tuo inchino devoto.
A questa Carne così imperfetta ed ebbra di desideri...

giovedì 1 dicembre 2011

il mago

L'operazione magica numero due è semplice.
E' così semplice che potrebbe essere eseguita persino da un minorato.
Tuttavia di "magico", in essa, non c'è nemmeno l'ombra.
La magia esige infatti una serie di regole inflessibili, l'ufficialità del rito, il potere (o mana) sovrannaturale dell'officiante, l'esattezza delle formule, la genuinità degli "ingredienti";
e, per ultimo, la cosa più importante: il risultato (magico)!
L'obiezione è quindi cristallina: qui manca il risultato mio caro Beltrapi!
A meno che non si voglia indicare nello "sfogo alla vostra fantasia" quel quid di magico che altrimenti latita in tutto l'esperimento...
In definitiva siamo quindi dinanzi ad una "psicomagia": al delirio meraviglioso di un uomo riconoscente (Beltrapi) che ama la vita, il sole , l'acqua , la terra, le donne, la generazione, etc. etc.,
che, guidato da un impulso estetizzante e pagano, "deve" ringraziare il creato per tutti i suoi doni.
L'analogia col frate d'Assisi è sin troppo banale.
Bisogna aggiungere altro?
Si: se Beltrapi è pagano, lo è proprio perchè l'educazione cristiana lo ha castrato da giovane;
e ora sente il bisogno di riappropriarsi di aria fresca e di polmoni nuovi.
Il creato non cesserà mai di stupire e commuovere il sempre vergine Beltrapi.
E, dal canto suo, con la nobiltà che gli è propria, Beltrapi non cesserà mai di lodare il creato:
che, con ingenuità candida e puerile, continua a chiamare Dio.

martedì 29 novembre 2011

l'operazione magica numero zero

Modesti, seppur pregevoli, i risultati sin qui espressi dal mio amico Beltrapi.
Modesti nella quantità, s'intende: perchè Beltrapi sa bene ciò che vale.
La sua forza di volontà è grande: come una diga che trattiene un mare: o è la sua volontà come un mare, trattenuto da forze e vincoli più grandi di lui?
Cosa aspetta a deragliare, a spezzare le catene?
In fondo le catene gli piacciono, come un noto "cordone" da egli stesso concepito.
Perciò non è un represso: si adagia sul letto di tortura e gioisce sui chiodi come un laido fachiro.
Anche il Professor Chicazzè è un represso: se non fosse un clown
lo avremmo gettato dalla rupe tarpea per levarcelo di torno.
Invece lo amiamo: perchè ci fa pietà e ci rispecchiamo in lui, povero fallito sentimentale.
Ora, visto che Beltrapi si adagia e ama i letti chiodati, sorge il sadico desiderio di sedersi sopra di lui e fargli sentire ancor di più le punte acuminate.
Ma è tutto tempo perso! Beltrapi Chicazzè è un genio della pena, è un emulo del cristo!
Il suo perverso desiderio è di essere crocefisso e sputazzato!
Beltrapi è duale: metà pagliaccio e metà nazareno, anela la corona di spine: e allo stesso tempo
dall'alto della croce se la spassa come una canaglia!
In conclusione: Beltrapi si autocrocifigge per puro narcisismo.
Chi ha narici forti, il bracco addestrato, riconosce il lezzo dell'incenso da lontano.
Io, umile servo del Signore, mi limiterò a carezzare la maschera: sapendo che sotto di essa, da qualche parte, si cela, giocondo e maledetto, Beltrapi.

il prete

Teodobaldo Giampi è un giovane prete diabolico.
Ha compreso da lungo tempo che la religione cristiana è un mucchio di stronzate
finalizzate ad appagare gli appetiti famelici di falliti, repressi e deboli di spirito.
Tuttavia questa consapevolezza non lo turba affatto: anzi, lo diverte, nella malafede più assoluta.
I veri credenti, ai suoi occhi, sono degli esseri inferiori, spesso spregevoli, degni tuttavia di una grande menzogna che li riscatti dalla loro inutile esistenza.
Inoltre Teodobaldo, grazie a questa grande menzogna, campa: più che agiatamente del resto.
Sarebbe pertanto un'assurdità smascherare la propria "miscredenza" e perdere così i tanti privilegi accumulati negli anni, primo tra tutti quello di campare senza lavorare.
Perciò le cose devono restare così come sono: nella totale dabbenaggine e ignoranza altrui.
Un giorno il diavolo, giusto per farsi un giro, va a trovare il finto prete Teodobaldo.
Teodobaldo lo riceve e va a prendere due bicchieri di vino rosso.
"E così li hai giocati tutti, vecchio mascalzone d'un prete. Non avrei saputo fare di meglio".
"L'ignoranza e la menzogna sono gli unici principi che devono governare il mondo.
Immagina cosa accadrebbe se tutti questi dementi scoprissero la verità, che Cristo è un bluff...".
"Erigerebbero nuovi idoli in cui credere, come sempre. Per fortuna l'unica verità è la menzogna".
"Allora brindiamo all'unica verità: alla menzogna!"
I bicchieri cozzarono e il vino colò nelle loro gole.

Molti anni dopo Teodobaldo si ammalò di cancro.
La malattia avanzava inesorabile, disfacendo il corpo del prete.
Ormai era finita.
Così Teodobaldo, con un ultimo gesto plateale, decise di gettare la maschera.
Durante una funzione dichiarò ai fedeli :
"Cristo è un bluff. Ma saperlo è inutile. Siete condannati. Alla salute!"
Così dicendo se ne andò, bevendo il vino dal calice.
Il diavolo, che era lì, gli fece:
"Ma come, non avevi detto che l'ignoranza e la menzogna devono governare il mondo?
Perchè allora calarsi le braghe? Perchè tradirsi all'ultimo momento?"
"Per meglio mentire alla prossima occasione" disse il prete.

venerdì 25 novembre 2011

il ciandala

Puccio Beltrani è un uomo di mezza età debole e insicuro.
Dopo aver eiaculato con donne giovani a pagamento, si reca in chiesa a purgare la coscienza sporca.
Nietzsche lo avrebbe definito un "ciandala", un decadente, una mezza tacca.
Beltrani inoltre, come tutti i deboli, nutre il forte bisogno di confessarsi ai preti.
La sua religiosità, atipica, è un miscuglio di credenze e miti contrastanti, Cristo immischiato alla metempsicosi, la devozione per la Vergine e il culto pagano del Sole...
Un giorno Beltrani viene rapito da alcuni terroristi di estrema sinistra.
I terroristi vogliono ottenere un forte riscatto dal ricco padre di Beltrani, banchiere cattolico massone in pensione.
I rapitori, turpi teppisti della periferia romana, non esitano a picchiare e insultare il povero Beltrani.
Oltre alle botte e alle umiliazioni, Beltrani viene segregato in una cella umida e buia, infestata da topi e scarafaggi.
Beltrani porta con sè una collana con una croce di legno.
Beltrani la stringe e prega, in silenzio.
Prega, nel buio della cella, con gli occhi chiusi, per ore e ore, per tutto il tempo...
Un giorno uno dei carcerieri si accorge delle orazioni di Beltrani.
In preda ad un violento delirio il bruto entra nella cella, colpisce con uno schiaffo il prigioniero e gli strappa la collana con la croce.
"Schifoso bigotto, Dio non ti salverà!" grida il laido teppista.
Per punizione Beltrani viene lasciato senza acqua nè cibo per giorni.
Dopo una settimana uno dei carcerieri, forse meno violento e più umano degli altri, entra nella cella e porge a Beltrani un pezzo di pane e un bicchiere di acqua fresca.
Il carceriere guarda il prigioniero e gli domanda:
"Come fai a pregare Dio? Non vedi che non ti aiuta?"
"Non ho scelta. Se smettessi di pregare morirei"
"Forse morirai comunque..."
"Pazienza allora".

Infine Beltrani riesce a fuggire uccidendo uno dei carcerieri dopo una lotta furibonda.
Egli, debole, timido e mite, ha ucciso un uomo.
Nonostante il ritorno alla libertà, egli resta ossessionato dalla tragedia di aver ucciso.
Non trova pace.
Non dorme, non mangia, non fa più sesso: non riesce più a pregare.
Neanche i suoi amici confessori, i preti, riescono a consolarlo.
Così il diavolo viene a dirgli la verità.
"Devi vivere con la colpa. Devi inghiottire il veleno dal calice. Non hai alternativa."
"Una alternativa c'è sempre" replica Beltrani.
"Tre in realtà. Una è la morte. Solo morendo espierai il tuo male. Ma tu non vuoi morire..."
"E la seconda alternativa?"
"La seconda alternativa, peggiore della prima, è la follia, l'ossessione, l'inferno...ma tu non vuoi vivere nell'inferno".
Il diavolo sorride. I suoi occhi luccicano.
"Dimmi qual'è la terza alternativa."
"La terza alternativa è il male. Abbracciarlo. Sceglierlo deliberatamente. Con orgoglio.
Con naturalezza. Naturalmente è la scelta migliore, l'unica che cancellerà la colpa e l'ossessione.
L'unica che ti restituirà il piacere di vivere."
"E il prezzo da pagare?"
"Nessuno. E' gratuito. Questo è il male...".

mercoledì 23 novembre 2011

belprati

Palmira Belprati è la giovane figlia di un ricco notabile romano.
Il padre, avvocato e senatore cattolico, le ha fornito gli strumenti della più alta educazione borghese: collegio in Svizzera, studi umanistici, laurea ad Oxford in letteratura e filosofia, frequentazione dei migliori conservatori del mondo.
A ventisei anni Palmira Belprati è una pianista di altissimo livello.
Tuttavia ad un certo punto, del tutto inopinatamente, il pianoforte, l'immenso bagaglio culturale accumulato in anni di studi, non le interessano più.
Il padre, con il suo immenso patrimonio, potrebbe mantenerla a vita; oppure potrebbe senza alcuna difficoltà introdurla nelle smaglianti pieghe della corrotta politica capitolina.
Ma, ancora una volta, neanche la carriera politica le interessa.
La giovane si chiede cosa voglia realizzare nella vita.
Non le interessano le relazioni sentimentali con gli uomini (e per la verità neanche il sesso, passatempo inutile, breve e culturalmente infimo), non le interessa procreare nè metter su famiglia (i bambini la infastidiscono): insomma tutto ciò che per i suoi simili, uomini e donne, rappresenta lo "scopo" della vita (la carriera, il sesso, la comunanza affettiva), per lei è solo un miserabile bi-sogno destinato a infrangersi nella noia, nella delusione e nella ripetitività quotidiana.
Palmira decide così che lo scopo della sua vita può essere uno solo: la sperimentazione continua di cose nuove, nel tentativo, consciamente irrealizzabile, di non annoiarsi mai della vita o quantomeno di annoiarsi il meno possibile.
Se infatti la noia è inevitabile, lo è solo perchè gli uomini cristallizzano le loro sciocche abitudini.
Passare da una esperienza all'altra, sempre, ma senza fretta...passare il tempo, trastullandosi dolosamente tra gli opposti, in attesa che la vita passi...
Così, del tutto deliberatamente, in mala fede potremmo dire, Palmira progetta di sperimentare, in una successione temporale adeguata e razionale, due esperienze esistenziali contrapposte: vuole sperimentare l'estasi religiosa, la santità prima; e il "peccato", la degradazione morale, poi...
Vuole cioè passare dal bene al male...
Ora Palmira, grazie alla propria cultura psicologica, sa bene che la santità consiste in uno stato mentale (alterato): si tratta quindi di stabilire, con una scelta artificiosa, le basi reali per una tale alterazione mentale...e restare a vedere!
Palmira decide così di diventare una monaca di clausura: per un intero anno della sua vità!
Dopodichè -nell'ipotesi in cui Dio non l'avesse accolta presso di sè - sarebbe passata al peccato, al lato oscuro, con un calcolo altrettanto premeditato e doloso...

Dopo neanche un mese di clausura Palmira decide di uscirne, nauseata: ammesso che Dio esista, e ammesso che abbia un senso credere in lui, non è nella preghiera nè tra le frigide mura di un convento che si deve cercarlo...bisogna cercarlo altrove allora: nel vizio e senza necessità sopratutto...
Ma prima di dedicarsi al vizio, bisogna dare ancora una chance alla ricerca della santità:
così Palmira, uscita dalla clausura, diventa crocerossina; va in Africa ad assistere lebbrosi e bimbi
malati di dissenteria, in mezzo alla merda, al pianto e al dolore.
Ma neanche qui Palmira trova qualcosa che minimamente avvicini alla santità:
i bambini muoiono come mosche, nella merda.
Solo il raro sorriso di qualche creatura sopravvissuta allevia il cuore e impedisce la bestemmia.
Infine Palmira, non senza dolore, decide di abbandonare quegli infelici al loro destino.
Torna a Roma e all'insaputa del padre, si mette a fare la prostituta d'alto bordo.
Ma lo fa solo per sanzionare quella scelta ideologica ed esistenziale che si era posta all'inizio:
l'adempimento del vizio cioè: dopo aver pagato il giusto tributo alla vana ricerca del bene...
Il sesso, se non la ripugna, la annoia mortalmente: tuttavia le rende possibile conoscere le debolezze degli uomini: e questa circostanza la gratifica e diverte immensamente...

Gli anni passano e Palmira decide infine di sposare un uomo vecchio e potente:
un ricco senatore romano, come a suo tempo fu suo padre.
Il vecchio senatore vuole un figlio: e lei glielo dà.
Invecchiando Palmira comprende come il suo iniziale progetto di vita si sia esaurito:
ormai non le resta che attendere con inerzia la fine dei giorni.

Un giorno, inopinatamente, solo per il gusto di "stare a vedere" e senza essere sorretta da alcuna intenzione morale, Palmira decide di entrare in una chiesa e di confessarsi con un prete.
Il prete, come di rito, le comincia a fare le solite domande.
"Perchè sei qui? Perchè vuoi confessarti?"
"Non lo so. Forse sono qui soltanto per stare a vedere che cosa succederà. Ma so già che non succederà niente, come sempre" risponde Palmira.

domenica 30 ottobre 2011

elle

Nora Santucci è un donna contemporanea, di mezza età.
Come la gran parte delle donne contemporanee, Nora vive una vita ordinaria e conforme ai dettami della sua epoca: consumismo, edonismo, adesione formale ai canoni del credo cattolico, simultanea simpatia verso credenze alternative "new age", apertura ideologica verso l'esoterismo orientale,
compulsività isterica verso ogni nuova moda spirituale, fiducia cieca nella psicoterapia, uso moderato di stupefacenti, finto libertinismo sessuale, saffismo: insomma, in una battuta, di tutto di più.
In realtà Nora vive un vuoto interiore spaventoso, lacerante: vuoto che cerca di colmare con tutte queste stronzate, che assume come adempimenti coatti: e che tuttavia, uno dopo l'altro, falliscono e si dissolvono lasciandole un vuoto più esteso e una delusione ancora più atroce e insopportabile.
Non bastano i viaggi in India e in Tibet per convertire Nora a qualcosa, magari a una definitiva forma di ascetismo: la puzza di merda, i santoni pidocchiosi e luridi con lo scroto arrotolato, i monaci zen con i denti gialli e il sorriso viscido la disgustano parimenti dell'odiato Occidente...
Delusa da tutto Nora decide di ammazzarsi: se ne va in un bosco portandosi alcol e medicinali psicotropi.
Inghiotte tutte le pillole con l'alcol e dopo un pò precipita in uno stato di abbandono totale...
Sdraiata sull'erba, la testa le gira vorticosamente: sopra di sè vede il cielo, un cielo grigio con nuvole grigie che mutano forma lentamente ma inesorabilmente...il cielo la guarda senza occhi, indifferente...
Poi, ad un certo punto, stordita, il cielo viene sostituito da una figura umana maschile dalle forme rozze...è un pastore con mani enormi, dita nodose e tozze, sopracciglia ispide e nere, barba bluastra, capelli scuri e crespi, occhi neri e ardenti come un dannato dell'inferno...indossa una camicia a scacchi ed emana un leggero fetore di caciotta ed escrementi di pecora...
Nora fissa impotente e in silenzio lo svolgersi di un rito, forse il più antico e barbarico:
il bruto, con la bava alla bocca, si cala i calzoni ed esibisce un cazzo mostruoso, nero come la pece...poi le strappa i vestiti di dosso e come un animale impazzito si avventa sul suo corpo immobile...le azzanna i seni, piccoli come chicchi di grano e poi con un impeto bestiale la infilza...
Nora è serena, calma: assiste a ciò che sta accadendo al suo corpo come se fosse all'infuori di esso...
I colpi del bruto la scuotono come un fuscello: d'un tratto sente un'esplosione di piacere inaudito,
pulsazioni infuocate le sciolgono l'anima e le viscere... gode, finalmente gode come mai ha goduto in tutta la sua infima vita...
Il mostro grugnisce, esce dal ventre di Nora e si allontana, scomparendo.
L'odore del seme, acre come l'aceto, si mischia a quello della rugiada e del trifoglio.
Il silenzio del bosco scende di nuovo.
Il cielo, solenne e immoto, indifferente e grigio, torna a coprire tutto.
Nora è riconoscente.
Chiude gli occhi e si addormenta. Per sempre.

giovedì 27 ottobre 2011

la iena

Le città invisibili di Italo Calvino si concludono con questa frase:
"L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui,
l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme.
Due modi ci sono per non soffrirne.
Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più.
Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui:
cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio."
Ebbene, questi due modi di mettersi in rapporto con l'inferno, non prevedono il caso di Valentino Paterbaldi.
Egli non appartiene certo alla maggioranza per così dire silenziosa (in realtà essa parla il linguaggio dei motori, dei telefonini e delle televisioni) che accetta l'inferno, ne fa parte e non lo riconosce più;
ma non appartiene però neanche all'élite fortunata che cerca nell'inferno qualcosa che non è inferno.
Anzi: Paterbaldi sa, prima di ogni altra cosa, che da sempre e per sempre non c'è altro che l'inferno.
Non si propone neanche nel modo più vago e generico (come Calvino) l'ipotesi che ci sia qualcosa al di fuori di esso.
Non si sogna neanche lontanamente che ci possa essere un modo, anche illusorio, di non soffrirne o almeno di ignorarlo.
E allora, cos'è che distingue Valentino Paterbaldi dalla maggioranza silenziosa?
E' chiaro, benchè terribile: egli accetta l'inferno, come la maggioranza silenziosa, ma al contrario
della maggioranza silenziosa non ne fa parte, e perciò lo riconosce.
Ecco delineata una condizione di "estraneamento"...
L'accettare un fatto per pura e semplice obiettività, e il non farne parte pur riconoscendolo,
costringe Valentino Paterbaldi ad avere con questo fatto un rapporto tragico di estraneità:
e che tuttavia, forse a causa di un inconsapevole istinto di sopravvivenza, riesce a tramutare in una, seppur provvisoria, soluzione irrisoria...
Quando la tragicità è ridotta ad essere così completamente priva di illusioni, non può che trasformarsi in comicità.
Visitatore-dannato dell'inferno, Valentino Paterbaldi, bruciandosi nel fuoco o dibattendosi nella pece bollente, osserva gli altri dannati: e, pur soffrendo in modo selvaggio, in questo suo osservarli li trova ridicoli.
Il suo ridente sguardo cadaverico si posa sopratutto sui dannati in qualche modo simili a lui,
appartenenti alla sua cerchia, alla sua specializzazione.
La loro irresistibile comicità di dannati non spinge però Paterbaldi nè a deriderli troppo nè ad avere qualche pietà.
Descrivendoli, egli concretizza semplicemente la propria condizione di "estraneità" :
la concretizza in una forma di distacco linguistico che è quasi filologico:
e decisamente filologico lo è nella sua veste di "finzione narrativa"...
Ma è ora di spiegare in parole povere di che si tratta.
Valentino Paterbaldi ha finto d'essere uno scrittore, armato di una erudizione spaventevole, capace di tutto e, nel tempo stesso, capace di semplificare tutto.
Decide di comporre una raccolta di scritti surreali, bizzarri, arrivando addirittura a inventare teorie, sistemi filosofici e teologici ancora più assurdi...il tutto con uno stile impersonale, neutro, da enciclopedista, in modo da risultare convincente, quasi scientifico...oppure, all'opposto, utilizzando toni perentori, indiscutibili, assolutistici, come volesse vendicarsi di qualcuno...
Questo procedere secernendo surrealismo con uno stile descrittorio-formalistico, enciclopedico
(alla Fourier per intenderci), gli provoca convulsioni che lo piegano in due dal ridere, mentre dagli occhi gli sgorgano copiose lacrime d'ilarità...
La composizione dogmatica, patetica, gli serve per riprendere fiato.
Ecco un motto di questo squilibrato:
"Anche la liberazione asservisce"

Valentino Paterbaldi non portò mai a compimento la sua opera.
Forse fu punito da un dio per aver troppo deriso il prossimo.
Morì di crepacuore, mentre sghignazzava come un pazzo.

lunedì 24 ottobre 2011

la zucchina

Zizina Zuzetti è una zitella.
Sui quaranta, corpo sifilitico, seno piatto, alta un metro e mezzo, volto da strega.
Origini meridionali.
Culturalmente la sua istruzione rasenta lo zero: uno spaventoso zero avvolto nella "fuffa" però:
la lunga lingua eiacula infatti tante di quelle vanterie da arrivare in cielo...
La tragedia di questa zitella moderna è il suo rigore morale
(che nella prassi si traduce in una nevrosi):
rigore morale che, mischiato ad una dinamicità e ad un eclettismo forsennato,
la rende una creatura contorta, ibrida, che suscita allo stesso tempo
un senso di ridicolezza e pietà...
Si occupa di tutto, non perde un colpo, non le sfugge un evento mondano, è alla moda...
Con il prossimo ostenta presunzione; nel lavoro non ammette errori, lapsus od omissioni...
Dice di fare l'avvocato ma in realtà non è nemmeno laureata e lavora come impiegata in una nota azienda telefonica.
Comunque sia, nessuno immagina che la severissima e disciplinata Zizina Zuzetti
quasi ogni notte si trasforma in una ardente tribade che, sotto le coperte del letto,
si titilla e trafigge con banane, cetrioli, zucchine e cazzi di gomma lunghi mezzo metro acquistati
segretamente per corrispondenza...
La disgrazia della Zuzetti è che riesce a godere solo con "falli" vegetali o di gomma:
i falli veri, quelli di carne, dei maschi, rimangono per lei un'enigma...
Ella infatti non riesce a farne "addrizzare" uno...
Appena li tocca essi appassiscono come fiori morti.
I maschi, imbarazzati, si scusano, si riabbottonano i calzoni e se ne tornano a casa senza chiamarla più.
Con il passare degli anni non riesce nemmeno a trovare un disgraziato disposto a fare del sesso.
Non le resta che godere con oggetti inanimati.

Così, tristemente, fra banane e zucchine, passano gli anni.
Un giorno le bussa alla porta di casa un giovane, bello e aitante.
Fa l'idraulico e si chiama Roberto.
Lei è molto vecchia, è diventata una zitella rugosa.
Il suo desiderio, nonostante l'età, è di essere posseduta da quel giovane stallone:
ma naturalmente non ha il coraggio di dirglielo.
Roberto è un uomo spiritoso, virile:
ma naturalmente non andrebbe a letto con una vecchia;
terminato il lavoro si congeda e se ne va.
Zizina chiude gli occhi e posa le membra flaccide sul letto.
Chiede a Dio un ultimo desiderio prima di morire in solitudine:
chiede il corpo d'un giovane...un giovane dal cazzo duro, caldo, come quello di Roberto...
Ma purtroppo Dio non risponde.
"E se chiedessi al Diavolo? Forse che egli mi asseconderebbe?
Ma cosa dargli in cambio? Ma certo! La mia dignità, il mio stupido orgoglio,
di cui fin'ora e così a lungo sono stata scioccamente prigioniera!"
A quel punto Zizina ode bussare alla porta.
E' Roberto.
Dice di aver dimenticato un attrezzo.
La vecchia si inginocchia.
Davanti ha un idolo da adorare in un modo nuovo.

giovedì 20 ottobre 2011

il convertito

Vi racconterò la storia di una una conversione.
Il protagonosta è Elio, importante notabile di Roma affermatosi per le sue indiscusse capacità professionali nonostante la giovane età (non ha nemmeno quarant'anni).
Le origini di Elio sono prestigiose: gli avi del padre furono importanti notai e magistrati;
quelli della madre, invece, furono ricchi latifondisti del meridione.
Elio, inoltre, è anche un uomo colto, un intellettuale: di destra naturalmente.
Essere di destra, in due parole, significa una cosa sola: ritenersi superiori.
Tale superiorità -o meglio, tale presunzione di superiorità- è sempre di un tipo solo:
spirituale.
Su tale presupposto, sullo Spirito cioè, si basa una condotta, una morale, un'estetica
-in una parola una cultura- che, con una fatalità assoluta, distingue e divide nettamente
gli uomini in due categorie: gli inferiori, nati per servire e obbedire, e i Signori, destinati al comando e all'imperio...

Elio, naturalmente, sapeva tutto ciò, anzi, lo sentiva: sentiva cioè di appartenere alla stirpe dei Signori.
Tuttavia sapeva anche, con estremo sgomento, di vivere nel Kali Yuga:
turpe età in cui l'anarchia e la forza bruta avrebbero prevalso e in cui le orde degli schiavi si sarebbero sollevate contro tutti i Signori cancellando per sempre dal mondo ogni principio di superiorità spirituale...
Così Elio viveva una vita di "facciata", anonima, riservata, ineccepibilmente civile; ma covando segretamente un odio assoluto verso tutte quelle "infezioni" moderne che nel suo paese,
l'Italia, andavano diffondendosi o già da tempo si erano affermate: il diritto di voto a tutti,
la democrazia, l'integrazione culturale e razziale degli stranieri, nord africani, cinesi, zingari...
In particolare egli provava un gaudio interiore che rasentava l'orgasmo sessuale
- e che tuttavia naturalmente celava con una superba ipocrisia borghese-
quando dalla cronaca locale o nazionale apprendeva che quegli esseri spregevoli e inferiori
(nordafricani) perivano a centinaia o decine affogando nelle loro barchette disgraziate, tentando un esodo via mare verso le coste italiane, fuggendo dai loro paesi incivili e sottosviluppati...
Alla notizia, poi, o al solo pensiero, che in quelle traversate perivano affogate tra i flutti giovani donne incinte i cui grembi contenevano feti di sette, otto mesi, Elio era colto da un'eccitazione irrefrenabile,
che lo costrigeva a sbottonarsi i calzoni, impugnare il membro e masturbarsi furiosamente...
La medesima gioia convulsa lo coglieva quando apprendeva il verificarsi di una tragedia
(per esempio bimbi arsi vivi in un campo nomadi a causa di un incidente).

Un giorno Elio si reca in Venezuela per una vacanza.
Durante un banale spostamento aereo con un piccolo velivolo, il pilota viene colto da un ictus:
ma con un ultimo slancio vitale, e poi spirando, riesce miracolosamente ad atterrare su un atollo sperduto nel Mar delle Antille.
Elio, lievemente escoriato e incredulo d'essere ancora vivo, si accorge che un altro passeggero è sopravvissuto...
Si tratta di una donna: ma in essa si annida qualcosa di ambiguo, enigmatico.
La "donna" respira, ma è svenuta.
La bellezza di quelle forme è eccessiva, indecente, oscena...
Il corpo di quella "donna", attrae fatalmente Elio:
il seno è gonfio, duro; il culo è generoso, sodo; le labbra turgide; i fianchi molli e sensuali...
Elio non capisce...deve scoprire la verità.
E così spoglia la "donna" ancora priva di sensi...
Indossa un "tanga".
Elio deglutisce.
Un piccolo pene scuro, piccolo come una lumaca, e uno scroto minuscolo come olive,
ornano un pube depilato, con grazia.
Elio è avvinto da un sentimento nuovo: la vista di quei genitali suscita in lui una tenerezza senza fine...
Così egli capisce.
Se si fosse schiantato non avrebbe mai capito.
Intanto la donna con i genitali divini riprende conoscenza: lo guarda, con stupore,
e sospira in una lingua straniera.
Elio si china, le accarezza delicatamente il capo e le bacia la fronte.
Ha gli occhi umidi, gravidi di lacrime.
"Ti amo" le dice.

martedì 18 ottobre 2011

una storiella

Vi racconterò una storiella.
Provate a immaginare un uomo devoto: i cui precetti di vita si ispirano ad un sentimento
e a una devozione sinceramente radicati nel suo cuore.
Un santo, per farla breve: qualcuno cioè che agisce con disinteresse verso il
proprio egoismo ed è pronto a sacrificare ogni bene e la vita
pur di conservare i valori in cui crede.
Poco conta conoscere quale sia nello specifico il credo -religioso o politico- di quest'uomo:
vi basti sapere che ne ha uno e che per esso si immolerebbe senza esitazione.
Chiameremo quest'uomo, per civetteria, Fabux.
Fabux ha quarant'anni, vive in una grande città, non è colto,
ha un impiego fisso e noioso, non ha amici perchè tutti -sopratutto le donne-
lo trovano "poco brillante e per nulla sexy" e, cosa peggiore, "privo di personalità
e senza carattere".
Fabux non è diventato prete perchè gli piace molto masturbarsi:
la sua vigile coscienza laica gli impedirebbe di conciliare l'eucarestia con le pippe.
Fabux eiacula solo con pippe, si badi: non acconsentirebbe mai a coiti
a pagamento con donnine, perchè in contrasto con la sua moralità.
Fabux, sebbene senza amici, è un cittadino molto attivo: frequenta convegni femministi,
va a teatro, vede films, non perde una manifestazione politica (di sinistra):
senza capire nulla di teatro, cinema, politica, femminismo, etc.
Ciò si addice perfettamente alla sua vocazione da santo "laico":
infatti, per lui, l'importante è credere in tutte queste moderne virtù laiche (civiche):
libertà, democrazia, diritti, etc.: senza interrogarsi mai sul perchè di una tale scelta
ideologica.
Non si è mai chiesto, ad esempio, perchè egli non ha scelto di essere
un reazionario, un monarchico o un fascista: perchè, invece di credere nelle moderne virtù democratiche, al contrario non le nega e combatte con la stessa onestà spirituale e fervore
ideologico...
Il santo non domanda, non chiede: obbedisce ai precetti del suo dio e basta.
Se osasse disobbedire, perderebbe la santità: e diventerebbe un peccatore qualsiasi.

Bene.
A questo punto la storiella potrebbe terminare qui:
Fabux, il sanfedista moderno, potrebbe morire serenamente, a ottant'anni o più, con la Costituzione della Repubblica Italiana -mai interamente letta- stretta sul petto,
una vita onesta, proba e casta alle spalle (tasse pagate fino all'ultimo centesimo;
solo pippe, all'ombra della società -e quindi politicamente e sociologicamente neutre-
fino all'ultima eiaculazione).
Ascensione in cielo di Fabux (il Padreterno gli concede finalmente una donna, magari "bruttina" come la vuole lui, di nome Marta...Letizia eterna, celestiale, dei due.)
Invece, essendo questo finale troppo "ovvio", ve ne propongo uno diverso.
Dopo molti anni Fabux è colto da una "crisi" interiore, esistenziale.
Ha la sensazione sconcertante che gli ideali e i doveri in cui ha sempre creduto siano un bluff,
un'esilerante pagliacciata da circo...
Tuttavia egli sente ancora il bisogno di credere in qualcosa e di erigerlo a fondamento di fede: ma non sa cosa!
Chiaramente c'è sotto lo zampino del Diavolo.
Così quest'ultimo decide di tentarlo, sotto forma di prostituta nigeriana.
Fabux, in trance, allunga la mano e tocca, per la prima volta nella sua vita, un seno morbido...comincia a succhiarlo, palparlo...gli sembra un sogno.
"Allora" -dice il Diavolo sotto forma di prostituta nigeriana-
"Se vuoi questo seno, o qualsiasi altro seno, dovrai rinnegare i tuoi ideali: che già da tempo
hai messo in discussione. Perderai l'anima e la santità. Ma, credimi, non sarà una perdita dolorosa.
In alternativa salverai la tua anima: ma non i tuoi ideali. Vivrai nella delusione, nel ricordo
di qualcosa di fatuo e insignificante. E non rivedrai mai più questo seno, nè alcun altro per il resto della vita. Scegli."
Visto che Fabux non smetteva di libare, il Diavolo ne dedusse le conseguenze.
Fu così che il Santo perdette l'anima.
E perdendo l'anima conobbe una gioia perfetta e sconosciuta.

domenica 16 ottobre 2011

pulcinella

Ci sono persone che non credono in niente fin dalla nascita.
Ciò non toglie che tali persone agiscano, producano e facciano qualcosa della loro vita.
Altri invece hanno il vizio di credere:
i doveri si concretizzano davanti ai loro occhi in ideali da realizzare.
Se un bel giorno costoro non credono più
-magari piano piano, attraverso una serie successiva di disillusioni-
ecco che riscoprono quel "nulla" che per altri è stato sempre, invece, così naturale.
La scoperta del "nulla" disvela una potente comicità logica:
implica cioè non solo il proseguire dell'azione, dell'intervento, dell'operosità
-intesi ora non più come Doveri ma come atti gratuiti-
ma anche la sensazione esilerante che tutto ciò non sia che un gioco...

Finalmente si potrebbe erigere la propria Malafede a valore supremo...
per mancanza di valori supremi !!!
Nessuna ascesi, nessun ritiro dal mondo (miserabile soluzione senza fantasia).
Anzi: partecipazione mondana più fitta, interesse per tutto, pragmatismo:
sempre sotto forma di parodia, sempre con la coscienza sporca:
cose appunto quanto mai esileranti...
Identificare il mondo sociale col nulla e godere di ciò, essere rivitalizzati da questo;
umorismo critico dinanzi a cui non c'è valore o argomento che possa resistere
e al contempo assoluta malafede e ipocrisia nel propugnare e attuare tali valori...
Lo stato d'animo di chi vive questa esperienza del mondo è l'irrisione.
Così, dunque, nel momento in cui è irrisa, l'intera realtà è riaccettata dall'uomo.
La contraffazione, la parodia, la malafede:
è grazie a tali strumenti che il "nulla" in cui la realtà consiste ci piace...

Ora sapete già che tutto ciò è immorale.
Nessuno tollera l'ipocrisia e la disonestà.
Tuttavia "nessuno" è solo una pallida maschera che si indossa per autocompiacenza.
Sapete infine che chi irride deve innanzitutto irridere se stesso.
Tuttavia la voglia di "Pulcinella" è grande.
Bisogna trarne le conseguenze.

giovedì 13 ottobre 2011

il calice

L'urina può essere di diversi sapori: salata, amara, aspra, persino tendente al dolce.
Ora non dovete storcere la bocca, perchè con l'urina, magari la vostra, si possono
creare diverse ricette alquanto deliziose.
Un buon risottino ad esempio: invece di usare quella porcheria del glutammato
-il dado per intenderci-, peraltro dannoso alla salute dei neuroni e del fegato,
potrete preparare un brodino "biologico" per il vostro eccezionale risotto.
In due litri d'acqua bollente gettate un pezzo di manzo magro da due etti,
una o due cipolle, una bella carota, un pomodoro sbucciato, un ciuffo di prezzemolo,
un gambo di sedano e due bicchieri di pipì calda...non salate mi raccomando.
Nel mentre fate soffriggere due cipolle bianche in olio extravergine d'oliva
e non appena s'indorano innaffatele con un bicchiere di vino bianco e un dito di pipì calda.
Versate il riso, aggiungete il brodo ogni cinque minuti, mescolate a fuoco alto, etc. etc.
Per concludere potrete aggiungere una bustina di zafferano sciolta in un mestolo di brodo.
Versate infine due etti di parmigiano, mescolate bene e servite.
Da bere consiglierei un Muller Thurgau ghiacciato, cantina Mezza Corona.
I vostri amabili amici borghesi -o sottoproletari imborghesiti- impazziranno
e vi colmeranno di elogi: non immaginando che uno dei segreti di quel capolavoro culinario
è il vostro piscio.
Brindate e ridete, alzatevi e mentre i vostri amici s'ingozzano come suini, declamate ad alta e solenne voce gli immortali versi di Dante, Cicerone e Virgilio.
Se sono presenti donne giovani e belle, non accompagnate da cornuti, inginocchiatevi ad esse
e baciatele i piedi con la più assoluta umiltà.
"Mangiate" -disse XXX- "Questo è il mio pene."
"Bevete. Questa è la mia urina".
"Godete. Questo è il mio seme".

La fine del mondo può attendere altri due calici di...

mercoledì 12 ottobre 2011

la cappella

Diamo il benvenuto ad A.X., novizia di questa landa scabrosa.
Il suo interesse mi pervade di un'eccitazione che rasenta la gioia,
come accade a quei timidi sconosciuti sui quali per ventura si posa l'attenzione
di un occhio estraneo.
Essi, completamente inani e impagliati nella loro timidezza, non sanno reagire: e per loro l'attenzione ricevuta è vivificante; anche quando il giudizio dell'occhio alieno si traduce in una condanna morale o estetica...perchè tutto è meglio dell'indifferenza.
L'inconfessato desiderio dello sconosciuto è di essere notato, conosciuto, amato;
persino odiato e calunniato; ma mai trascurato.
Ecco perchè crediamo ai fantasmi: perchè non vogliamo essere cancellati;
perchè la nostra brama di notorietà deve vendicarsi della dimenticanza altrui perseguitandone
la coscienza...
L'indifferenza è la vera morte.

Ma come al solito sto divagando.
Torniamo a te cara A.X.
La risposta alla tua domanda è: Si, anche!
Xela e Baldo seguono le Vie che il Destino Lubrico ha loro assegnato.
Il loro ossequio verso il Piacere è mistico, come quello dei Templari verso il Graal.
E tanto basti.
Tu invece cosa fai?
Godi, grazie a Dio?
O appartieni anche tu al tristo girone dei Castrati per volontà propria (a.r., peppino, fabio, etc.)?
Siamo curiosi.

Sappi che qui si spazza via tutto;
allo stesso tempo l'indulgenza è suprema.
Le cose, qui, si assolvono da sè:
ma solo attraverso il supplizio (letterario ovviamente).
Il vento ha l'ultima parola.

E così, con sincero sgomento, ho scoperto l'amara verità:
anche tu appartieni al tetro Girone degli Accidiosi Autocastrati, esseri abietti e pregni di odio.
Clouseau è un uomo nobile, onesto e generoso.
Egli sa cosa è una Donna: ne sa cogliere i petali, perchè è un uomo delicato.
Egli sa cosa è il Piacere.
Il tuo corpo invece, mia povera A.X., non lo saprà mai.

giovedì 6 ottobre 2011

scaracchi (storia di un ladro)

E così eccoci a cento.
Adesso potrei raccogliere i "migliori" tra questi cento scaracchi
-per lo più saccheggi letterari e nient'altro- e pubblicarli in un libello intitolato appunto "Scaracchi";
o magari "Scaracchi letterari" (suona meglio).
Ma solo due o tre baccalà, degni d'infinito affetto, potrebbero credere che le mie "produzioni"
siano degne di rientrare, a qualsiasi titolo -anche il più spregevole- nell'ambito generale della "Letteratura"...
Il fatto ad esempio che chiunque oggi scriva "libri", o meglio
"escrementi letterari", questo fatto, per me, non costituisce "Letteratura".
La mia "produzione", signore e signori, è uno scarto tirato a lucido;
qualcosa di riciclato, un surrogato, forse saltuariamente pregevole...
Uno scaracchio appunto: qualcosa che brilla di luce riflessa.
Ora, mi si obietterà, nella Letteratura ciò che conta è la forma, la costruzione sintattica, il suono,
l'uso sempre "nuovo" delle parole: non tanto il contenuto, l'idea, la trama, etc.
Verissimo: ma per me tutto ciò non è sufficiente.
Le parole hanno un valore solo se la loro combinazione risulta esplosiva, letale, come una formula chimica o un orgasmo: altrimenti sono sterili, come la maggior parte dei nostri discorsi.
Le parole devono squartare, tirarvi fuori le budella, farvi rinascere, convertirvi:
e non c'entra nè la retorica, nè la verità (concetto futile) nè l'utilità (relativa).
C'entrate voi, in un disegno oscuro che vi trascende: siete così labili che basta un virus, un
gesto o una parola effimera per modificare i vostri flebili destini...
Siete in balia del vento, di un vento musicato che non saprete mai dove vi condurrà...
Questo -soltanto questo- è il bello!
Io, misero ladro di parole altrui, mi limito a mischiare le carte e a barare costantemente.
O per sempre, se lo vorrete..

la dea

Gli appuntamenti possono essere fatali.
Sopratutto gli appuntamenti con Clouseau.
C'è sempre qualcosa che impedisce a Clouseau di essere puntuale.
I suoi ritardi si basano pressochè su prolungati lavaggi al bidet, ripensamenti dell'ultim'ora,
vendette personali e altre amenità, come gatti, tartarughe e sifoni guasti.
Nell'attesa in macchina ascolto canzoni alla radio e contemplo il mio cranio lucido e spelacchiato,
arso da una luce solare forte e indifferente alle tragedie umane.
Stanco di noia mi dirigo a casa di Clouseau.
Busso e mi apre una donna attraente e gentile, sulla cinquantina.
Snella, occhi d'un azzurro chiaro, lineamenti sottili e curvilinei, gambe magre e sode.
Vivace, come una bambina di otto anni.
Quelle gambe, deliziose ed eccitanti, preludono fantasie inconfessabili: così vado a confidarmi con Clouseau.
"Niente male la signora di sotto..."
"E' mia madre" risponde amabilmente Clouseau.

In un quarto d'ora questa adorabile creatura mi spalanca il suo mondo, palpitante e tumultuoso...
Ella è un'aristocratica, una poetessa, una tribade arsa da un'ansia di vivere all'infinito,
di godere perpetuamente...
Dopo cinque minuti che la conosco mi invita a giocare a ping-pong -alle dieci di mattina
di un giovedì feriale!-, con la nonchalance tipica dell' aristocratica, liberamente padrona
di dissipare il proprio tempo e la sua vita nel capriccio e nel gioco...
La casa di Clouseau è un tempio a Venere: vi regna solo la Bellezza, la Forma, l'Armonia...
Ogni centimetro è frutto di una ricercatezza sublime, votata al Bello, in senso classico...
Naturalmente, come ogni donna aristocratica, Ella è spudoratamente consapevole delle proprie origini, della propria cultura, della superiorità sociale a cui appartiene;
e sfoggia questa sua superiorità artistica e intellettuale con piglio e posa ghibellina.
Naturalmente, come ogni donna che si rispetti, Ella è anche frivola;
di una frivolezza innocente, per così dire, che appartiene necessariamente al suo ceto
e al suo stato di natura, cioè di gioconda.
Le sue poesie, di una malinconia sublime, anelano e tributano amori impuri, immorali, forse inconfessabili...
Ella è una Giulietta, pronta a tutto: al tripudio, all'efferatezza inconsulta e al sacrificio estremo...
Donne simili, per poter essere amate, richiedono uomini d'eccezione,
uomini votati ad una dedizione estrema,
uomini-padri che amano come padri indulgenti e non come mariti possessivi e gelosi,
uomini di rara saggezza che -pur di preservare sempre la felicità della creatura donata loro dalla
Provvidenza- sono disposti a tollerare tutto, compreso il libertinaggio della loro amata...
Donne simili, che più vetustano più ardono di vita, sono doni rarissimi,
frutti acerbi che non maturano mai, il cui nettare virgido inebria voglie immortali...
Donne simili sono Dee mortali.
Solo ad Esse è lecito immolarsi.

giovedì 29 settembre 2011

opus

E allora: chi è questo Xela?
Non c'è dubbio: egli è Mr. Hide, la cattiva coscienza che si gratifica di sè.
Egli è un oltraggio vivente a tutto: tuttavia è solo per mezzo dell'oltraggio che si riappacifica
col mondo.
I suoi fini, pur essendo lubrici, sono onesti.
I suoi mezzi sono diretti: perciò egli non divaga mai.
Sopratutto egli è un saccheggiatore, un ladro...ma solo di ciò che gli torna utile.
Egli possiede tutti i vizi, nessuno escluso: tuttavia assolve se stesso con indulgenza e nel praticare tali vizi usa equilibrio e oculatezza, come nel maneggiare il veleno.
Egli ha una brama potente di godere: tuttavia asseconda la propria voluttà con l'imperio della ragione.
I suoi propositi, come le sue fantasie, sono carnali, grezzi, spicci;
tuttavia gli piace pregustare con una certa affabilità i ritardi e i preliminari suscitati dall'oggetto corporale -i corpi sono oggetti- su cui è caduta la sua attenzione sessuale (l'unica possibile).
Inutile dire che gli piacciono le donne (e alcune trans: ma solo in quanto donne), sopratutto le adolescenti che hanno appena dismesso l'età dell'incanto...
Il primo mestruo... il seno appena sbocciato da succhiare... la vagina stretta che si dilata piano piano per mezzo della saliva e che si unge d'un fuoco liquoroso...
il sospiro caldo di una quindicenne : ecco le cose più belle della vita!

L'intero universo non vale una adolescente.
Xela vive essenzialmente per queste cose.
Tutto il resto è un contorno.

martedì 27 settembre 2011

tufetto

Vi ricordate del caro Fabio?
Sandali da frate, volto da sagrestano ritardato, testa tozza e tonda da mongolo, sempiterna bava alla bocca.
Poteva essere un Baldo: invece è rimasto una larva.
Vuol dire che era il suo destino.
Mi ricordo quando si scatenava al karaoke in una pizzeria ai Landi con la dolce minorata Dora...erano per lui momenti di rivincita suprema, occhi socchiusi, il ciuffo nero
e spettinato in una posa ribelle, la voce stonata e troglodita...
Recentemente ho saputo da a.r. che Grey lo avrebbe "maltrattato"...
Grey, con il suo fare da erudito saccente e la sua sottile ironia, si sarebbe nuovamente accanito, sull' "inferiore" (culturalmente e fisicamente) Fabio...come se l'erudizione e (sopratutto) il fisico malarico di Grey potessero dargli il sordido diritto di prendere in giro un povero disgraziato.
Cercai di svegliare questo simpatico baccalà dal torpore provinciale in cui ristagnava, ma fu tutto inutile.
Il terrore verso le malattie veneree, una sessuofobia allucinata (per esempio provava disgusto verso lo sfintere femminile), un moralismo da sagrestano fallito, gli impedivano il "miracolo" del piacere e di conseguenza qualsiasi riscatto esistenziale e sociale.
Lo vedo spesso vagare come un demente per feste paesane, biblioteche e centri commerciali, alla ricerca di qualcosa di arcano, come un'identità perduta che non riesce mai a trovare a causa di una profonda viltà interiore, che invece egli considera "virtù"...
Ti riscatterai caro Fabio?
Oppure marcirai nella casetta di campagna di Lanuvio masturbandoti a vita?
Ora, non credere che il "riscatto" sia qualcosa di trascendente e irraggiungibile come la Luna.
Ognuno si "riscatta" dalla vita con i mezzi che il buon Dio gli ha concesso.
Per esempio: tu hai un talento assoluto per la mediocrità (non temere: tutti siamo mediocri, ma qualcuno ogni tanto eccelle in essa...mentre le eccezioni alla mediocrità sono spesso destinate alla tragedia della solitudine, a causa del loro genio).
Devi solo quindi mettere in pratica questo talento.
Ed è facile.
Prendi la Pontina e svolta sull'Apriliana o su via del Tufetto.
Troverai delle negre, creature culturalmente inferiori a te, che tuttavia faranno addrizzare il tuo laido pene (il pene, secondo il codice etico, è sempre laido).
Perderai la virtù (e la verginità da sagrestano) e scoprirai il piacere in mezzo al fango e alle zanzare.
Scoprirai che anche questo, il godere di una schiava nigeriana, questa barbara effrazione etica,
è l'anabasi di una emancipazione interiore... di un riscatto.
Ora tutto ciò, per i seguaci del codice, della morale, tutto ciò appare come un miserevole atto egoistico.
Non possono immaginare che lì, in mezzo al fango e alle zanzare, per mezzo d'una schiava negra, possa adempiersi, seppur fugacemente, un destino totale, una legge fatale che s'impone con l'imperscrutabilità dell'estasi e della santità...
La venuta del Cristo, ad esempio, avvenne in condizioni del tutto analoghe..

Buone seghe a vita Fabio.

lunedì 26 settembre 2011

resoconti xeliani

Non c'è che dire: a vederli sembrano due piccolo borghesi...e in realtà lo sono.
Baldo, da buon fascista-monarchico-massone-buddhista-cristiano-berlusconiano, con una coscienza pulita e un senso di orgoglio per le proprie origini (i suoi avi furono notabili);
Xela invece, essendo stato un marxista, è un piccolo borghese "problematico", con una coscienza egoista e spavalda che anela piaceri mondani e avanza in modo anarchico...
Xela non sublima mai: gode, se può.
Se non può, incassa, come uno stoico o uno zen.
Essendo poco incline a risoluzioni che modificano la realtà in modo bruto, l'unica (o quasi) vendetta di cui Xela è capace, è il suo pensiero, che con sempre più zelo riporta su un blog
sconosciuto seguito da una dozzina di fannulloni come lui.
Quando vuole vendicarsi di qualcuno, che magari lì per lì ammazzerebbe, prende un pezzo di carta e scrive: Tizio è un farabutto, un evirato, una carogna, etc.;
poi mette un francobollo e spedice il tutto alla santa sede o al dalai lama...e così gli passa la rabbia.
Anzi, dopo questa "operazione epistolare", si sente pronto a perdonare "misticamente" la canaglia che lo ha offeso.
Xela poteva essere uno qualunque dei disadattati descritti da Dostoevskij:
tuttavia non lo è.
E non lo è perchè crede unicamente nel suo cazzo e nel suo stomaco...
Cazzo e stomaco che, beninteso, lo avrebbero già portato alla rovina se non fosse stato per un'educazione cattolica e contadina trasmessagli dalla madre; educazione -tesa alla preservazione dell'esistente e radicata in lui con pigra accettazione conformista- che gli ha sempre risparmiato brutte avventure.
Xela ha smesso di tormentarsi per il mondo.
Il mondo serve solo per godere... e su ciò si fonda la riconoscenza di Xela per l'esistenza.

Ora ecco i due amici sulla Tuscolana, all'altezza del civico xxx, verso le ventitre di un sabato di fine settembre.
Sono in macchina perchè Clouseau (Baldo) ha dato un appuntamento alla escort Antonia.
Ormai escono solo per scopare escorts: ne sono felici, al pari di quei signori medioevali che provavano gioia nel proferire cospicue elemosine alle prostitute del volgo.
Antonia non è ancora arrivata, forse è andata a comprare una crema per la cellulite in farmacia.
Ed ecco lo svolgersi (agognato) di un sogno: da una finestra una ragazza formosa con indosso vestitini succinti maneggia escatologicamente un paio di mutandine (escatologicamente perchè per i due amici, Dio è lì, in quelle mutandine).
Clouseau va sotto alla finestra e goffamente tenta un approccio con la ragazza vestita in modo succinto.
Tuttavia il "look" da emigrato albanese di Clouseau, la sua barba giallognola, non fanno colpo
sulla ragazza...così interviene il maestro Xela e il gioco è fatto.
La ragazza si presenta con una amica, sono poco più che ventenni, vengono da San Paolo.
Sono delle professioniste del piacere; e ciò naturalmente fa impazzire di gioia Xela.
Una si chiama Tania; l'altra, biondina, non ricordo.
Il cazzo di Xela si gonfia: vuole scopare Tania (che assomiglia vagamente alla sua ex, piccola, brunetta, fianchi larghi, culo sodo e tatuato con sopra una scritta cinese).
Avviene il sinallagma, con contentezza reciproca.
Tania scopa molto bene, pomicia, succhia, masturba...
Xela le sborra, senza guanto, sull'ano.
Clouseau invece trascura l'amica biondina di Tania e va da Antonia.
Viene alla pecorina.

Il mondo è il culo sodo e largo di una giovane donna in calore.
Vogliamo culi, seni, lingue, fighe, bocchini, fiati caldi di tribadi.
Sopratutto vogliamo bei visi freschi, la bruttezza ci ripugna.
Siamo oltre la catabasi...

Xela e Baldo lo fanno, versano seme sul mondo

domenica 25 settembre 2011

lubrus

Per comprendere come ci si possa convertire a qualcosa, ad una fede o ad una ideologia, bisogna partire dalla nostra inconciliabilità col mondo, con l'altro, con l'intera realtà.
La nostra coscienza per poter sopravvivere a questa inconciliabilità,
-che scinde costantemente persino noi stessi-,
deve "barare": deve cioè credere a qualcosa che -pur non esistendo- ci unisca al mondo,
(all'altro, alla realtà, etc.) in tal modo riconciliandoci ad esso.
L'alternativa evidentemente è la schizofrenia, la frantumazione infinita, la fine della sovranità della coscienza.
Esempi estremi: il cristiano e il Buddha.
Entrambi questi dementi dovettero conciliarsi, attraverso un'aberrazione, con ciò che per essi era insopportabile.
Il cristiano -che evidentemente non riusciva ad accettare la morte come fine fisica- dovette fondare la resurrezione dei corpi: in tal modo si riconciliò con la sua ossessione per la morte e addirittura la rese desiderabile (ecco l'aberrazione)...
Buddha, nemico della volontà, giunse a perpetrare il finto suicidio della volontà...aberrazione e falsa coscienza di una volontà che si illude di "non volere più"...
come se "non volere più" non fosse pur sempre un volere, il peggiore forse...

La riconciliazione naturalmente può avvenire per vie "laide".
Un esempio, altrettanto "esplicativo", pur tuttavia "ermetico" (la depravazione è sempre ermetica; tuttavia spesso è la strada maestra per la sutura sociale con l'altro):
Appunto n° 41 di Petrolio (acquisto di uno schiavo). Dopo essere stato a Napoli, Tristam si converte al marxismo per l'impossibilità di riconciliarsi con la cultura "alienata" di Giana.
L'indifferenza di Giana è totale, non c'è contatto esistenziale.
Ciò turba Tristam, gli diventa insopportabile.
Deve quindi annettere quella creatura estranea -seguendo la via dell'inganno ideologico- o distruggerla.
Illusoria annessione dell'altro per via ideologica (o psicologica) o distruzione...
Sade sceglie sempre la seconda; Pasolini (forse senza crederci) la prima.

Esiste infine (ma lo sapevate già) una terza via alla riconciliazione: il vostro cazzo.
Naturalmente l'ideologia e la psicologia cercano di asservire il cazzo ai loro scopi: così il cazzo diventa pene.
Esso non parla, tuttavia è eloquente.
La sa lunga, più di tutti voi.

domenica 18 settembre 2011

l'impuro

Che l'ossessione di Pasolini verso l'usura contemporanea, la mutazione antropologica dell'italiano, la coazione del consumo, etc., sia stata profetica, è un'acquisizione postuma consolidata.
Ora ciò, natutalmente, è arcinoto: bisognerebbe perciò non tanto soffermarsi su questa idiosincrasia rimasta senza conseguenze politiche
(inevitabilmente: perchè il capitale in meno di venti anni ha fagocitato senza difficoltà tutti i poveri idioti antagonisti: pci, marxisti, maoisti, marchettari e pseudo intellettuali di sinistra...
il sistema li ha appunto "corrotti" con il sogno del dominio tecnico del mondo, il progresso senza fine, l'umanità redenta per sempre dal bisogno, il benessere, l'incasellamento sociale...essere di sinistra significa solo e sempre volere una fetta della torta, del potere, dopodichè pereat mundum...);
bisognerebbe, dicevo, non tanto soffermarsi su questa idiosincrasia di Pasolini -o su quell'altra
sua fissazione (che sfocia nell'adorazione estetica) verso un sottoproletariato e un mondo rurale assurdamente ritenuti puri e ancora incontaminati dal neo capitalismo del dopoguerra (assurdamente perchè, come Pasolini sapeva benissimo, non esiste niente di puro e niente resta incontaminato)- :
bisognerebbe invece cercare di capire come Pasolini abbia potuto, nonostante tutto ciò, nonostante la corruzione dell'animo umano davanti al potere, continuare a nutrire speranze, continuare a credere in una purezza inflessibile...
Ora Pasolini conosceva bene gli uomini e conosceva anche le stupide distinzioni sociali dell'epoca (borghesi, proletari) -stupide perchè si fermano sulla superficie e non arrivano mai al cuore egoista dell'uomo- e sapeva bene quanto essi, tutti, a prescindere dalla loro nascita, educazione, classe sociale, siano inclini alla corruzione.
Sopratutto, il suo rimanere "marxista", proprio in quel periodo così conformista e ottusamente progressista, non poteva che apparire a sua volta se non come una scelta conformista, aderente cioè alla moda (al modus) di quel contesto.
Tuttavia, tolta di mezzo la moda e l'ideologia, l'occhio che registrava il sorgere di un mondo nuovo e orribile -orribile perchè cancellava di colpo la purezza (sognata) di un vecchio mondo
e la poesia che lo descriveva-, fu il frutto di una lucidità assoluta, imprescrittibile.
La maledizione di un uomo lucido è che non vuole rassegnarsi.
Se si fosse rassegnato, infatti, Pasolini sarebbe diventato parte integrante di quel mondo che ripudiava.
Per questo, coerente con sé stesso, tentò in ogni modo di sfuggire ad esso.
Naturalmente si illuse.
Forse la corruzione era scesa persino lì, tra gli scarti umani che lui frequentava e amava.
O forse essa allignava già da sempre lì e lo attendeva come una matrigna.
Forse la verità si impara solo con la morte...

martedì 13 settembre 2011

la pippa cinese

Si può dire che Baldo abbia superato il suo infernale maestro?
Forse non ancora, tuttavia è sulla buona strada.
Comincia a camminare da solo, con i propri piedi, segno di una rinnovata fiducia in sé...
(Chi avrebbe pensato che il frequentare professioniste sarebbe stato per Baldo pedagogico, addirittura terapeutico? Sta o no così Baldo superando un'insicurezza infantile?
Forse si. Solo un pedagogo come me ci avrebbe scommesso...)
E così mi porta al 34 della via prenestina.
"Pronto buonasera... sono Richard Baldacci. Volevo sapere cosa fate..."
"Buonasela... masagio su tutto colpo con mano, cinquanta eulo..."
"Si...ma si può fare qualcos'altro? date la fica, fate bocchini...?"
"No, no! solo masagio su tutto colpo con mano, tutto colpo..."
Insomma una pippa pe cinquanta sacchi.
Ma come so ste cinesi?
Ci viene la curiosità e andiamo a provare...
Vado prima io (i maestri si immolano sempre per primi).
Mi accoglie una bella segretaria cinese.
(Consiglio: le segretarie sono quasi sempre pezzi di fica, ma non saranno loro a massaggiarvi...
Fatevi mostrare le massaggiatrici a dispozione prima di cominciare, non tutte sono graziose...nel caso in cui non ce ne fosse manco una che vi piaccia vi conviene congedarvi...oppure rassegnarvi, tutto sommato il massaggio è rilassante, anche se farsi masturbare da una racchia, magari anche vecchia, non è il top dell'erotismo).
Musica soft (in sostanza un loop di tre ore e un quarto di Whitney Spears), la segretaria mi fa accomodare in una stanzetta pulita e come un baccalà attendo che sia lei ad occuparsi di me.
Invece compare una cinese flaccida, bruttarella e anziana.
Le dico che voglio un'altra, viene la segretaria, le spiego che a me le vecchie laide non piacciono.
Così per fortuna mi porta Hana, piccolina e cicciottella ma carina e simpatica.
Comincia a parlare di soldi, va bene, il lavaggio dieci eulo, il massaggio "lì" prevede un regalino in più, dammi quanto vuoi, no dimmi quanto vuoi tu mia cara, alla fine tlenta vanno bene (Chaplin invece da buon vecchio spilorcio se la cava con dieci).
Intanto passa una mezz'ora, il massaggio è ben fatto e rilassante...ed ecco piombare Chaplin.
Forse teme che la triade cinese mi abbia fatto a pezzi.
"Salve, dov'è il mio amico?" (che cazzo ne sa la segretaria che io e lui siamo amici?)
"Sono qui!" gli grido dalla stanzetta prima che semini il panico.
"Tutto bene" lo rassicuro.
Così va a farsi massaggiare anche lui (da una racchia da paura: tuttavia eiacula sino al soffitto).
Il massaggio non finisce mai.
Brave cinesi. Senza fretta, infaticabili.
Arrivati "lì" però l'esperienza è comunque modesta (la pippa in sé è un'esperienza mediocre).
Mentre mi fa venire, gli occhi semichiusi e mongoli di Hana guardano in alto, come se sul soffitto ci fosse qualcosa di più interessante da guardare.
Pazienza.
Il massaggio continua per altri venti minuti, senza fretta.
Mi passa il gomito sulla schiena , mi stira le dita delle mani, mi piega le caviglie.
Poi mi fa entrare in una vasca di legno e mi lava dalla testa ai piedi per un'altro quarto d'ora
"Non sei stanca? Mi lavo da solo se vuoi"
"No, no, non ti pleoccupale..."
Mi asciugo, mi rivesto, ringrazio, saluto e me ne vado.
Baldo sta ancora dentro.
Salgo in auto, accendo la radio, mi tolgo le scarpe e guardo la strada.
Novanta sacchi...un pò tanti ma ben spesi.
La prossima volta, mio caro Baldo, mi porterai da Ariana, caucasica dell'est esperta in massaggi con le grandi labbra.
Baldo ha persino rimorchiato Antonella, una non freschissima ma simpatica agricoltrice di Morena.
Fatti sotto vecchio mio, l'amica non vede l'ora di farsi infilzare.
Spassatevela se potete.
La vecchiaia arriverà comunque, ma almeno avrete goduto.

lunedì 12 settembre 2011

l'orgia

Ho svariati amici che si definiscono di sinistra, alcuni addirittura comunisti.
Geppetto (il papà di Peppino), Corrado l'asino volante, il bisex Binda,
i simpatici baccalà genzanesi di sinistra critica con a capo il caro Emiliano Viti.
E' curioso notare come la loro finissima critica si rivolga sempre al laido sistema del capitale
e mai a loro stessi e al loro credo politico, quel rottame della storia che chiamano comunismo.
Tutti ripetono la stessa canzone:
siamo agli sgoccioli, il capitale è finito, non si può andare avanti così, etc. etc.
Nel frattempo il capitale (mercato, finanza, banche centrali) ingloba e incula tutti :
mai è stato più forte, il suo dominio è totale...
Chi può credere ancora nella marionetta della politica?
Che possono fare gli antagonisti, pulci ribelli del sistema?
Il capitale potrebbe scrollarseli di dosso in un attimo, per esempio aumentando salari, sussidi, spazi sociali, etc: la gran parte di questi straccioni smetterebbe di lamentarsi e andrebbe a fumare canne.
Gli antagonisti si propongono di risvegliare le coscienze.
Per proporre cosa?
Una società più equa?
Spiacenti signori, non vi crede più nessuno.
Vi siete giocati le vostre carte e avete perso sempre la partita (giocandola malissimo).
Un'altra cosa: le civilissime socialdemocrazie scandinave.
Ma per fondare questi isolotti di equità sociale (con tanto di libero mercato) bisogna essere quattro gatti.
Perciò: fuori negri e siciliani per favore.
Qualcuno mi dimostri il contrario e sarò lieto d'esser confutato.

Il capitale è il grande vincitore.
Chi suona allegramente la campana a morto del sistema verrà allegramente sepolto dal sistema.
Il problema -il problema che tutti gli idioti di sinistra non mettono mai in discussione- non è il capitale:
è l'uomo, il suo inestirpabile egoismo, la sua implacabile volontà d'inghiottire l'universo.
Per vostra disgrazia, stolidi baccalà di sinistra, l'uomo è intaccato alle radici, l'egoismo alberga in lui sin dall'origine e non se potrà mai liberare...
e anche voi siete marci, intaccati, laidi di egoismo: solo che non avete l'onestà di riconoscerlo.
Godetevi questo spettacolo spettrale : il capitale vi ha inculato ancora una volta.
Se foste stati voi ad inculare il capitale non sarebbe cambiato nulla (la storia ce lo ha mostrato ampiamente).
Violenza, sopraffazione, asservimento, stupro della natura.
Sarebbero cambiate le posizioni.
L'orgia sarebbe continuata.

martedì 6 settembre 2011

la ruina

A tratti divertente -anche se perfettamente inutile- questo pseudo libello di Richard La Ruina.
(A proposito: come poteva l'autore scegliersi uno pseudonimo così altisonante e barocco da sembrare il nome di un perfetto imbecille? Ma va perdonato, come tutti gli inglesi).
L'autore è diventato un maestro supremo della seduzione, le modelle gli cascano ai piedi, aiuta (dietro compenso) gli sfigati a uscire dal tunnel della timidezza e con i suoi consigli innalza l'autostima dei lettori e degli uomini in particolare.
Un benefattore del genere maschile quindi La Ruina.
Senonchè nel suo libello autobiografico (Natural game) di naturale non c'è quasi nulla.
A parte alcune ovvietà sul mostrarsi sicuri di sé, un pò di psicologia d'accatto, l'assurda pretesa di essere "in zona" (cioè fighi) in qualunque momento come robot programmati, banalità evidenti come il vestirsi eleganti (ma per un inglese il vestirsi bene per sedurre una donna non è un'ovvietà),
a parte tutte queste simpatiche fanfuche, radicate nell'auto esaltazione e in un compiacimento di sé quasi nauseante, tutto il libro non è nient'altro che una costruzione artificiosa, un'immensa premeditazione ossessiva nel tentativo di impallinare il maggior numero di prede.
La Ruina è quindi un megalomane ("Sono il miglior seduttore d'Europa": una tale mancanza d'umiltà può solo far sorridere).
Tutte le sue tecniche, la sua terminologia, i suoi suoi stupidi acronimi, i suoi schemetti fanno pensare al delirio di Fourier di intrappolare la realtà in un ordine definitivo, così da piegarla ai suoi desideri strampalati.
Sarebbe interessante vedere Ruina all'opera a Pechino, al Cairo o a Niscemi.
Hai voglia a pippe caro Ruina!
Tutto sommato rimorchiare donne inglesi, anche fiche, dev'essere una cazzata.
Più disinibite delle nostre santerelle italiane, col vizietto dell'alcol, sollevarle la gonnella dev'essere quasi un giochetto.

binda

Chi è Binda?
Un pavone che suo malgrado ha paura della finanza e che la mamma scopra il suo vizietto per l'oppio e le pomiciate coi maschi.
E' anche un amabile e ingenuo idealista.
Tuttavia è la purezza disinibita della loro ingenuità, del loro ideale (il bene esiste e lo incarnano loro, non dimenticatelo), che rende gli idealisti candidi come i bambini.
Solo gli ingenui possono essere felici.

Tra una suonata, una tirata d'oppio, una pomiciata con un maschio e due bracciate d'estate al lago, egli è felice così.
Disdegna il capitalismo, ripugna il denaro e dà ripetizioni alla stessa tariffa d'una nigeriana
(entrambi in nero!)
Preferisce il campeggio agli alberghi di Tokio a cinque stelle.
Non sembra sognare nemmeno il successo (ma in fondo lo anela come ogni artista).

Eppure abbiamo bisogno di questi fanatici dell'illusione (del bene), della loro buona fede, del loro inutile sacrificio. (Ogni sacrificio è inutile perchè si perde e basta, a meno che non godiate nel perdere... come Cristo ad esempio).
Abbiamo bisogno di arte (l'arte, come il bene, è l'illusione suprema) per consolarci del dolore e della storia (la storia è la catastrofe irreversibile, è la rivincita contro ogni speranza... una prova? non vi basta che morirete?)
Questi giovani idealisti, in modo convulso, colorano la vita.
Certo, i loro quadri seccano e marciscono presto.
C'è bisogno di ravvivarli con lo sputo e l'orina.
I fiori del male sono più longevi.
Tuttavia vorrei vedere Binda corrotto.
La purezza che si screpola, che si fa avvolgere dal velo della tentazione.
Binda che ama il lusso, lo spreco, l'accumulo, il potere, il male (o a.r. che va finalmente a meretrici).
Sporcatevi. Infangatevi.
Lacerate il vostro imene. Mettetevi alla prova.
Avete scolato solo qualche bottiglia e fumato escrementi.
Avete avuto qualche allucinazione e l'avete chiamata Dio.
La feccia è ancora tutta giù.
Il male potrebbe piacervi.
Non dimenticatelo mai.

domenica 4 settembre 2011

sans gant

Stirner fu solo un ribelle, nemmeno tanto pericoloso.
Non mise bombe, non ammazzò nessuno.
Non fu nemmeno un utopista (in cosa credette?)
En passant: a rigor di logica non esistono utopisti, poichè nessuno crede (e lotta) in ciò che ritiene irrealizzabile...sono gli altri a credere nel "non luogo" di una teoria, di certo non chi la sostiene.
Stirner non fu nemmeno un anarchico.
Infatti bramava il potere più di ogni cosa.
L'ironia è che solo il potere è veramente anarchico, perchè può fare ciò che vuole (P.P.)
Ora, l'intento di Stirner non poteva certo essere quello di fondare una dottrina o una teoria dell'egoismo assoluto (come ad esempio fece Sade).
L'unico ripugna tutto ciò che lo vincola a qualcosa di esterno a sé e quindi anche ad una teoria che gli dica cosa debba fare.
L'idea di fondare un'associazione tra unici è superflua perchè è già così (in politica, tra stati, persino tra mafiosi ci si accorda tra pari...e appena si può ci si libera dell'alleato per diventare più potenti).
L'unico non è affidabile.

Il destino dell'unico è quindi il deserto, la guerra o la galera.
Stirner lo sapeva.
Eppure, proprio per questo, per questa autocondanna al deserto o all'impiccagione, l'unico suscita una profonda pena.
L'unico non arretra mai (come l'idealista ottuso)...ma la sua lotta è vana.
Sa che il luogo che vorrebbe raggiungere gli sarà sempre sbarrato dall'altro...e l'altro è come lui, un altro unico e irriducibile imbecille che vuole il mondo ai suoi piedi...
Commiseriamo questo miserabile che si divora le viscere.

L'unico per fortuna è inutile.
L'Altro fiorisce, espande e dona.
Cosa ne sarebbe dell'egoismo senza la gioia profusa dall'Altro?
Cosa ne sarebbe delle narici senza il profumo di una donna?

Non vedo l'ora che M. torni.
Le chiederò di venire in crociera con me.
Sans gant naturalmente.

giovedì 1 settembre 2011

il pupazzo

L'unico modo per amare Dio è di non considerarlo tale.
Trasformatelo in un perdente, in un uomo debole e mortale: solo così susciterà la vostra umanità.
Ecco perchè (quasi) tutti (tranne i megalomani) tollerano Cristo e maledicono invece Dio.
Dio sarà sempre odioso perchè è Dio.
La prepotenza (per un mistero perverso) si accompagna sempre all'onnipotenza.
Nessuno può amare a lungo un prepotente.
Del resto i panni che indossa sono sempre gli stessi (Zeus, lo scorbutico idiota del Vecchio Testamento etc).
Solo il perdente può vincere alla lotteria della simpatia.
(E per questo Quinzio optò per un dio impotente, per un fallito: solo il fallimento redime, solleva, accomuna).

Ecco una tesi interessante:
chi ama Dio deve rinnegare l'uomo, chi ama l'uomo deve rinnegare Dio.
Aut aut : i due sono incompatibili, non si può allo stesso tempo amare la potenza e l'impotenza, il finito e l'infinito.
Quinzio fece la sua scelta (barando): per non rinnegare Dio lo rese impotente (e incapace di salvarci).
Niente più salvezza (resurrezione).
La salvezza non è più necessaria quando si accetta onestamente la disperazione.
Ecco il genio (Quinzio): forse questa scelta (accettare la disperazione) è impossibile;
tuttavia (per credere) non ne abbiamo altre.
Le altre due alternative, del resto, dovettero apparire a Quinzio ben peggiori:
Dio non c'è, oppure Dio è un onnipotente e mostruoso cinico (e non merita di essere creduto)...

Alla fine con Dio si può fare ciò che si vuole.
E' un pupazzo che si piega e asseconda ogni nostra infinita perversione.
Rinunziare a questo pupazzo significa rinunziare al gioco più eccitante e sottile che la nostra mente abbia mai escogitato.
Non fate gli sbruffoni, il pupazzo ha sempre liquidato i suoi presunti becchini, persino Feurbach e Nietzsche furono due miserandi attentatori.
Il pupazzo ha sempre vinto ed è sempre risorto.
Perchè si è sempre piegato al nostro desiderio, alla nostra perversione e alla nostra nostalgia.
Volete essere così idioti da vivere senza desiderio e nostalgia, senza alcun giocattolo?
Volete essere così perversi, così masochisti?
Fate pure.
L'augurio, gente arida, è che vi colga il dubbio (l'invincibile fascino del dubbio risiede nella sua reversibilità totale), che il pupazzo vi assili proprio quando eravate certi di averlo sepolto e di esservene liberati per sempre.
Vi troverete sempre l'ombra del pupazzo tra i piedi.
In fondo vuole solo giocare (ma anche voi lo volete!).
Quando (e se) vi sarete stufati di Lui potrete scagliarlo dove vorrete oppure ringraziarlo per la compagnia.
E' persino così astuto da nascondersi.
Solo chi si nasconde sa farsi desiderare (e odiare naturalmente).
A nascondino vince sempre Lui: noi non lo troveremo mai mentre Lui troverà sempre noi.
Non è giusto?
Certamente.
Ma non prendetevela, non dite che non esiste, che non c'è... è la cosa più ovvia del mondo!
Che farvene di questa misera ovvietà?
Vivreste forse meglio in un mondo ovvio?
O giocare con il pupazzo è infinitamente più eccitante?

giovedì 25 agosto 2011

sicut dii

Il Genesi.
La favola più profonda dell'Occidente.
Tutto è racchiuso in esso.
L'uomo e la donna, l'inganno e questa loro brama di diventare Dio...
Essi non si accontentano dell'immortalità (dono provvisorio), vogliono diventare come Dio, forse per spodestarlo...
Il frutto dell'albero della scienza li avvelenerà, essi perderanno tutto e verranno delusi...
La stessa cosa accade a Prometeo e a Icaro, i loro tentativi di diventare Dio (cos'altro volevano in fondo, se non questo?) saranno sanzionati dalla delusione.
Il destino del tentativo estremo è il fallimento, la delusione.
Naturalmente l'uomo rifiuta la lezione che la favola illustra, e continua a inebriarsi del sogno di poter un giorno svincolarsi dalla tara della morte e diventare Dio.
L'uomo non sogna altro...

Possiamo immaginare un finale diverso.
Immaginiamo che il serpente dica la verità e che Dio menta.
Immaginiamo vero Eritis Sicut dii...
Mettiamo che Adamo ed Eva, mangiando il frutto, diventino come Dio.
A questo punto, forse, essi lo avrebbero cacciato via (ma egli non fece lo stesso con loro?) per via della menzogna o per regnare incontrastati.
Resta da vedere che fine fa il serpente.
Sarà ricompensato per aver detto la verità ai nuovi dei?
Perchè non ha mangiato anche lui il frutto?
Non vuole diventare anche lui un dio... o non può?
Forse il serpente non è così ingenuo come gli altri protagonisti della favola.
Anzi, appare l'unico ad aver capito.
A ben vedere, il destino di Dio (come quello di Adamo) è di restare beffato.
Crea l'uomo ma non può tenerlo presso di sé (come avere una donna e non poterla toccare).
Cacciando Adamo, Dio perde la sua creatura e resta solo (non creò il mondo e l'uomo per sollevarsi da questa solitudine insopportabile? neanche Dio resistette alla noia di sé...)
D'altra parte l'uomo non vuole Dio, vuole essere come lui (e disfarsene).
Ma l'uomo non potrà mai essere Dio: ed ecco la beffa dell'uomo.
Entrambi beffati quindi, creatore e creatura...
Il serpente invece sembra godere segretamente della beffa (che l'abbia organizzata lui?)
Forse ha compreso che ciò che conta non è essere come Dio (a che pro? Dio è votato alla solitudine, è solo un disperato), ciò che conta è la beffa ironica giocata ai suoi ingenui compagni.
In realtà il frutto della scienza non porta a niente.
Così, beffandoci, il serpente ci ha salvati da Dio.
Bisogna essergliene grati...

domenica 14 agosto 2011

l'eccezione

Sedurre una donna non è facile.
Tuttavia è diventato banale.
Così vogliamo l'eccezione, quella che è ritenuta tale, nel segno del Male naturalmente...
Sedurre un uomo è molto più interessante.
Sedurre una prostituta è il non plus ultra, l'effetto sarebbe così eccezionale da apparire un miracolo (e voi un dio...)
Naturalmente potrete fallire, novantanove volte su cento.
Si sa che Lei all'inizio (e forse pure alla fine) ama il vostro denaro, non voi.
Le cose potrebbero persino cambiare, alla fine potrebbe persino amarvi...
Ma non è questa remota possibilità ad avere interesse.
E' l'effetto illusorio, la sorpresa, la parabola incontrollabile della seduzione, il segno (sogno) puro della scommessa impossibile, del destino eccezionale...
Solo l'impossibile può attrarvi, il possibile vi annoierà presto.
Dovrete essere abili in questo gioco, essere pronti a dilapidare voi stessi, come nel gioco d'azzardo.
Dovrete donare e regalare a profusione, senza mai rimpiangere ciò che avrete perso (consolatevi, in fondo il denaro è inutile se non è speso)...
Naturalmente dovrete fingere (non fate quella faccia, solo gli ipocriti dicono di non fingere) di non essere gelosi, anche se inconfessatamente lo sarete sempre.
Lei dovrà apprezzare questa vostra tolleranza, questa vostra ambivalenza, perchè è proprio ciò che vuole (come ogni donna): essere desiderata e considerata unica ma essere lasciata libera (o darle l'illusione della libertà)...
Voi la desiderate e la adorate proprio perchè va con tutti, se non lo facesse non sarebbe interessante, non vi sedurrebbe...
Dovrete adorarla, come la dea Kalì, ed è qui la chiave del successo: chi può adorare una prostituta, chi può innamorarsene?
Lei non capirà, sarà confusa, magari starà al gioco alzando la posta...e voi rilancerete sempre di più, a costo di rovinarvi...o Lei o la rovina.
Lei è una donna eccezionale, perciò anche voi dovrete essere eccezionali.
Conosce gli uomini meglio di qualsiasi filosofo o psicologo.
In fondo li disprezza tutti, a ragione, così deboli, fragili, facili a venire, due o tre colpi e avanti un altro.
Perciò dovrete stupirla, il sesso per Lei è assolutamente inutile, ne ha le tasche piene.
Pagatela solo per baciarla (ecco l'impossibile!), per vederla, scrivetele poesie, portatele pasticcini, mettetevi in ginocchio, prostratevi a Lei...
Fatene la vostra dea, la vostra fatalità.
Lei, più profonda di qualunque uomo, ha imparato a diffidare dell'amore, sa che dietro c'è un pene che si gonfia e si sgonfia e che si stufa presto.
Però è pur sempre una donna, e la tentazione di quell'illusione, di essere amata, di essere finalmente sedotta, è intrinseca a Lei (come in ciascuno) e non potrà mai essere sradicata (per fortuna)...
Nessuno è interessato ad una prostituta, salvo che per il sesso.
Non ci sono perciò che uomini banali.

Ecco: immaginate infine di averla sedotta, di averla fatta innamorare di voi...nemmeno un demiurgo ci sarebbe riuscito.
Immaginate così di avere vinto questa scommessa impossibile, di essere arrivati solo dove Dio arriva col miracolo e il Diavolo con l'inganno.
Questa è la via della Seduzione.
Dio e il Diavolo non ci crearono per noia, non ci donarono la grazia e il peccato per caso.
Fummo noi a sedurli...

martedì 9 agosto 2011

il segreto

In origine fu...non c'è origine.
Al termine...non c'è termine.
Nel mezzo potete mettere ciò che volete.
Potete venire tra seni bianchi ed essere felici così.
Oppure potete fare come a.r., parcheggiare a metà del tunnel, abdicare, arrotolarvi una sigaretta artigianale e fissare il vuoto (la "luce"!) in attesa della fine.
Forse a.r. resterà lì, seduto a fissare la nostalgia di un giorno che non vivrà, dinosauro in attesa d'estinzione...

I due ordini.
L'ordine della scena (un folle a caso: grey) e l'ordine del reale.
Grey vive nella (e della) scena...senza scena si sgretolerebbe come una mummia a contatto dell'aria.
Senza scena - solo l'epidermide conta, solo l'epitelio! - il principe di Isengard si tramuta in rana...come tutti.

Nel fondo non c'è la luce, non c'è illuminazione, c'è il battito meccanico e osceno delle ossa e degli organi.
Senza epidermide saremmo persi...disgustati per trasparenza saremmo incapaci di volgerci allo specchio e di sedurci.
La bellezza degli occhi, ad esempio, è inscritta nel mistero della superficie, nel mistero del volto...
Preso di per sé un occhio è solo un bulbo, qualcosa di ripugnante.

Nel fondo non c'è niente di seducente, c'è solo la meccanica bruta che genera la vita.
Perciò potete smettere di scavare, perché non troverete lì il segreto...
Il segreto giace sulla superficie, mai nel profondo...nel profondo è solo limo e buio.

L'ordine del reale.
Basta con il reale.
Basta con le interpretazioni.
Ne abbiamo abbastanza.
Vogliamo sogni, seduzioni, segni inintelligibili.
Non vogliamo spiegazioni.
Respingiamo persino Dio perché ce lo hanno reso intelligibile.

Esiste solo la superficie, l'epidermide, la scena.
Il resto è un inutile scheletro senza bellezza.
Adoro la pelle bianca di M., la incenso di seme.
Vengo tra seni bianchi e rosei.
Mi fermo a guardare il bianco del mio seme sparso tra il bianco dei seni di Lei.
E' senza conseguenze.
E' oltre la scena, oltre il reale.
E' divinazione.
E' il segreto...

venerdì 29 luglio 2011

l'inferno

Ore 22 e 20.
La via prenestina sembra un ateroma, l'arteria squassata di un mondo in decomposizione, percorsa da un liquido bluastro come il veleno, come lo sperma di un dio spento ...
Pare di stare in una latrina luminosa, in una minuscola Las Vegas infernale e venerea.
Queste nuove buttane dell'est... pezzi di fica immani.
Corpi da modelle, bambole morte belle come la morte che suggella.
Le conosco queste brave ragazze, le conosco senza averle mai conosciute.
Per sapere bisogna sentire.
Non amarle è impossibile...
Questo contrasto assurdo, la purezza e la bellezza di queste donne sprofondata nell'abisso del marciapiede notturno e sporco, mi fa impazzire...
L'ironia di quest'inferno è la sua sconvolgente purezza, la sua assoluta reiezione...
Queste donne, la loro anima alberga in un altra regione del mondo...forse in una sperduta prateria o in un bosco dei balcani... tuttavia la loro essenza non è l'assenza, la loro anima è da qualche parte...
Non sanno fare niente, come vergini inesperte, il sesso per loro è la cosa più immonda...eppure lo fanno, con disgusto supremo...
Per questo mi limito a contemplarle, sirene mortifere, assassine del desiderio.
Questa schizofrenia, dettata dalla costrizione altrui o dalla miseria o dall'avidità di fare soldi aprendo le cosce senza fatica...
Rimane questo assurdo terribile, questa bellezza che si deprime nel sesso anzichè goderne.
Bisognerebbe scopare cento maschi al giorno, succhiare cento cazzi e sapere che gusto ha il lattice di un preservativo scadente per capire il disgusto e la nausea
per il maschio.
Bisognerebbe essere una una buttana...

giovedì 28 luglio 2011

boudoir

Che serata.
Scrivo dalla tazza del boudoir.
Diario di bordo.
Dal bordo della tazza.
Il pesto, il mio pesto al basilico, ha un rigenerante effetto purgante.
I fascisti avrebbero dovuto usare il mio pesto al basilico.
Sarebbero stati odiati meno.

Il simposio è il solito, con una nevrastenica al centro dell'attenzione.
Nessuno eguaglia l'esaurimento di e.l.
Persino io, baldo e a.r. a confronto siamo normali, in grado cioè di dominare e gestire i nostri spettri.
Persino l'oblio di un peppino è preferibile all'ipertiroidismo spirituale di e.l.
A.r., io, baldo, peppino, grey, in un certo senso abbiamo fatto pace con il buco nero che è in noi...e non mi riferisco all'ano naturalmente.
Abbiamo smesso di opporci, ognuno a modo suo.
Il "male" è al margine, in un cantuccio, come un gatto nero, e noi lo accarezziamo
(senza farci graffiare) come un figlio illegittimo che non si può ripudiare...
Siamo quasi spensierati, leggeri, dinanzi alla gravità di e.l.
Con a.r. sembra di giocare a tennis, a frisbi...
Le parole scivolano tra noi con la fluidità dell'olio e l'aroma di zenzero.
E' divertente, giochiamo per il gusto di giocare.
Nessuno vuole vincere o prevalere.
Ci lanciamo un frisbi da distanze soniche, da vette di mondi incompatibili.
A.r. è il maestro supremo di sè, forse addirittura del Sè...
Mette a segno ogni lancio.
Riporta tutto a sè.
E' un mistico intriso di vita.
Trasmuta la disgrazia in pane commestibile, l'urina in acqua potabile.
E' un dio uomo.
Non conta ciò in cui crede.
Per me ogni credenza è un inganno.
Credere alla verità però è l'inganno peggiore perchè soffoca la vita.
Senza questo artificio la vita si inaridirebbe.
Perciò l'inganno è l'unica realtà possibile per l'esistenza.

Ora non importa se a.r. viva o no nell'inganno, perchè ciò che conta è non essere schiacciati da ciò in cui si crede.
E a.r. non è schiacciato.
Libra sereno.
E' l'esempio più limpido di una coscienza che tenta di darsi un senso.
E ci è quasi riuscito...

E.l. invece...
Gira a vuoto come un povero cane cieco e zoppo, cercando pozzanghere con cui estinguere una sete mortale di vita.
Sbanda ad ogni angolo.
La vedo si e no una volta l'anno ed è sempre allo stesso punto, perduta nel pozzo dei suoi desideri.
E' tremendamente contratta, attorcigliata da mille brame e dubbi...
Non sa cosa vuole e spera che siano gli altri a dirglielo.

Forse posso dirti qualcosa e.l.
Posso dirti che nel fallimento, come nel letame e nella decomposizione, risiede un germe di resurrezione.
Il fallimento può essere fecondo.
Può farci capire che perdere non è poi così grave.
Nella sconfitta assoluta si può trovare la liberazione, come buddha...o Dio, come san francesco.
Si può diventare più generosi, perchè chi non ha paura di perdere elargisce con voluttà...
A.r. potrebbe insegnarti a rinunciare all'Io.
Baldo l'ironia.
Ma alla fine gli insegnanti sono palloni gonfiati.
Perciò, cara e.l., non contare su nessuno.
Lasciati fallire.
Forse risorgerai...

martedì 5 luglio 2011

gandolfo

L'acqua del lago è abbastanza tiepida.
Una volta un canoista che passava di lì mi chiese se non avevo paura a nuotare tutto solo.
Gli risposi che non era poi così grave.
A guardare il fondo verdastro mi sento risucchiare le palle.
Evoco qualcosa, non so cosa.
Forse un maelstrom.
Sono pronto vecchio mostro.
Sono pronto a farmi risucchiare.
E chissà dove potrebbe alfine condurmi il vulcano spento.
Magari nelle acque torbide di arituba.
Bisogna imparare a sognare.
I mostri sono grandi ispiratori.

Comunque vale la pena rischiare la pellaccia.
La bellezza del luogo compensa ogni rischio.
Monte Cavo mi si drizza dinanzi con le sue antenne di metallo...è il pube muschiato di Artemide, senza dubbio.
Dorme lì da secoli con quei quattro stuzzicadenti di latta ficcati nel pube.
Un giorno si desterà, si scrollerà di dosso Rocca di Papa e accortasi di essere stata violata si toglierà gli spilli con cui tentarono d'inseminarla.
Dopodichè fara un bel bidet.
Nel lago ovviamente.

In alto due o tre parapendii colorati svolazzano leggiadri come farfalle ubriache...
Anche i gabbiani bianchi hanno fatto ritorno.
Intanto passa il trenino di velletri.
A pelo d'acqua galleggia qualche insetto sfortunato.
Cerco di salvarlo spingendolo fuori dall'acqua.

Sono le otto.
Esco dal lago.
Ho fame.
Ho voglia di pizza.
Andrò a brindare.
Brinderò a te, vecchio vulcano melmoso.
Sia lode al Sempiterno Gandolfo, compagno d'estate.

lunedì 2 maggio 2011

il preservativo

P.B. ....adorabile P.B.
Adorabile come una giovane prostituta della periferia di Caracas...
Lello Arena Chaplin: "L'importante non è vincere. L'importante non è nemmeno partecipare. L'importante è perdere. Anzi: perdersi..."
Motto esplicativo.
P.B. è anche una betoniera del pensiero.
Mischia e impasta idee con la stravaganza di un hegeliano.
Fuoriescono sorbetti al limone e saporiti stronzi al cacao.
Si allea per mezz'ora con i grillini e poi vota per Silvio.
Ama il Duce, Zichichi, Padre Pio e gli piace Marchionne.
E' cattolico ma anche buddista.
Il B. a confronto gli fa una sega.
In questo marasma di polluzioni notturne, desideri monchi e ossessioni infantili, ciondola il Baldo Peter Pan Lello Arena Chaplin.
Ciondola come un demente imbambolato per le vie maleodoranti di San lorenzo in Roma, dopo aver eiaculato sul latteo seno di una ventenne venere di Varsavia.
A pagamento naturalmente.
Dopo sette anni di pippe, alla veneranda età di 44 anni, finalmente si riaccoppia con una donna.
E che donna!!!
Io intanto mi sto cacando addosso da un'ora e mezza per colpa di un tiramisù.
Lo chiamo quattro volte ma non risponde.
Troppo indaffarato con la modella polacca.
Non mi va d'andare a cacare in giro.
San Lorenzo è una fogna.
Gli studenti straccioni, gli ubriachi, i centri sociali, tutto mi fa vomitare di quel posto.
I bei palazzi antichi in Piazza dei Sanniti sono tutti lordati dalle scritte della teppaglia pseudo studentesca.
Così mi tengo la cacca e maledico Baldo per la sua dabbenaggine sessuale.

L'indomani P.B. viene a trovarmi a casa.
Gli è venuta una "fisima" che lo ossessiona.
Teme che la principessa di Varsavia gli abbia infilato un preservativo usato, forse quello che ha infilato a me mezz'ora prima.
Teme di essersi buscato l'aids.
Inutile provare a convincerlo che si tratta del parto stravagante della sua ipofisi.
La "fisima" lo tormenta.
"Basta!" esclama e dopo dieci minuti rieccolo a parlare del preservativo usato.
Gli faccio leggere persino Kary B. Mullis per tranquillizzarlo.
Inutile.
A un certo punto ci si mette anche quella simpatica baciapile di mia mamma.
Così dai preservativi usati l'attenzione si sposta su Fatima, Lourdes, Padre Pio e Madre Teresa.
A un certo punto Peter Pan e la mamma cercano addirittura di farmi recitare l'Ave Maria.
Ma la telenovelas poggidoriana non finisce qui.
Salta fuori la lampadina della Madonna in possesso della mamma.
Baldo si eccita e comincia a filmare col telefonino.
Interroga, riprende, intervista con lo zelo di Bruno Vespa.
La emme azzurra della Madonna non si toglie nemmeno con l'acquaragia.
Lo show mistico termina verso le otto e mezzo di sera.
Nonostante tutto mi sono venuti due coglioni come un mulo.
Perciò vado a sborrare.

Domenica mattina Baldo mi ringrazia per averlo condotto sulla turpe via del piacere meretriaco.
Non c'è di che caro Baldo.
Il padreterno ti perdonerà vedrai.
Ti perdonerà i sette anni di pippe.
Brinderete in calici di cristallo colmi di spumante ghiacciato...
E a cazzo duro ovviamente.

martedì 12 aprile 2011

il muro

Gli sporadici incontri con Baldo e A.r. sono quasi sempre salutari.
Servono a capire che bene o male siamo tutti in una barchetta piena di falle, un pò come i disgraziati tunisini.
Il fatto che qualcuno se la passi peggio di te ti fa tirare un sospiro di sollievo.
E sopratutto capisci che ancora non siamo affogati in mare e per questo si può brindare, ridere e persino amare.
Baldo è un tredicenne di quarant'anni.
Ha paura di tante cose e somiglia all'asino di Buridano, che in attesa perpetua di scegliere crepa di fame.
Vorrebbe osare ma tentenna e alla fine quasi sempre desiste.
Desiste e poi, naturalmente, si duole per aver desistito.
Baldo è un onesto perdente.
Onesto perchè non fa nulla per mascherare la sua dabbenaggine e la sua impotenza.
Anzi, le esalta e vi fonda tutto il suo essere.
Le sue gaffe a profusione, la sua tendenza all' esagerazione, i suoi modi da impiastro, la sua confusione inconcludente, sono un modo per riabilitare quell' impotenza congenita che lo afflige.

All'estremo opposto di Baldo sta A.r.
A.r. è un maestro e un teorizzatore del supplizio.
Per lui il supplizio è necessario.
In ciò assomiglia ai martiri cristiani e agli stoici.
A.r. non è mai confuso, non si sente mai impotente, non ha mai dubbi: è un transvalutatore puro.
Peccato che transvaluti tutto nel supplizio e mai nel piacere.
Per lui il piacere è uno scrupolo del supplizio.
Il piacere di per sè non esiste.
Esiste solo come contraltare del dolore.

A.r. è l'animale sacrificale.
In ciò il suo coraggio, la sua pulsione a immolarsi è ineguagliabile.
Allo stesso tempo A.r. è il carnefice di sè.
Ma se A.r. si adagia sull'altare non è per perire.
A.r. non vuole perire.
Vuole rinascere.
Vuole rinascere sotto un segno indelebile.
La sua adesione ad una sorta di "predestinazione del sentimento" -per cui la grazia e la disgrazia non colpirebbero a caso ma troverebbero un senso e una giustificazione in ciò di cui reconditamente avremmo bisogno- una tale teoria altro non è la vecchia fede del martire cristiano sulla soglia del patibolo.
Il male non può non avere senso.
Il martire deve trasformare il male.
Solo così egli può continuare ad esistere.

E' inutile voler confutare una fede.
La fede, come il gusto, non è oggetto di confutazioni.
Ogni fede trova la propria ragion d'essere in colui che la professa.
Confutare una fede significa confutare la realtà di un essere umano.
La fede è una realtà.
Una delle tante.

Capire A.r. non è facile.
La sua ostinazione, la sua volontà di vivere, cerca sempre ostacoli contro cui battersi.
Non teme di schiantarsi e per questo cerca sempre resistenze.
Gode nel resistere, non nel lasciarsi andare.
Per questo ama il supplizio.
La sua simpatia verso il wu wei nasce come stimolo all'impossibile.
Immaginare A.r. inerte dinanzi all'azione è come immaginare un lupo vegetariano.
Non sarai mai un "non agito" A.r.

A.r. è il muro.
Per farvi breccia bisogna rinunciare alla lotta.
Bisogna posare lo scalpello.
Bisogna aspettare che il tempo sgretoli la durezza della malta.
I muri non esistono per essere abbattuti.
I muri esistono solo per mostrarci come la loro solidità sia temporanea.

giovedì 24 marzo 2011

un uomo

Mentre in Africa si scannano e in Giappone s'inghiotte l'incubo nucleare, io vado a trovare Alessandra.
La poverina ha il mal di denti, le medicine non le fanno niente.
Le chiedo se posso aiutarla in qualche modo.
Mi dice che l'unica soluzione è andare dal dentista ma non vi si può recare perchè deve lavorare.
Le chiedo se succhiarlo è un'operazione dolorosa.
Dice di no.
E così lo succhia.
Quando fa l'amore chiude gli occhi.
Si chiude, come un bocciolo morto.
Che peccato.
Chissà a che pensa.
Forse pensa al suo ragazzo in Romania, forse alla mamma o alla sorella.
Di sicuro non pensa a me.
Forse chiude gli occhi proprio per non guardarmi in faccia.
Per estraniarsi da un essere, io, per cui non prova nulla.
Io invece penso a lei.
Penso a come dev'essere farsi infilzare col mal di denti.

Quando scopo scopro mondi e formule magiche.
Cerco di cogliere ogni odore, ogni punto debole del piacere altrui.
Il piacere di lei, chiunque ella sia.
Solo quando gode del mio pene infuocato la donna mi si rivela.
Mai prima.
Prima c'è solo sotterfugio.

Quando scopi la mente è libera di vagare.
Il corpo ti congeda fino all'orgasmo.
Vatti a fare un giro mente, vai a trovare tuo nonno o tua sorella.
Io corpo intanto godo.
La mente può estasiarsi nelle pieghe profumate della fantasia o appassire nella noia.
Dipende da con chi sei.
Alessandra se ne va per conto suo, pare di fottere con un fagotto di carne senza anima.
E' triste.
A letto la bellezza di una donna di per sè non vale niente se non è sorretta da una sincera passione per il tuo cazzo e il tuo corpo.
Pazienza.

La primavera è giunta.
Più invecchio più mi piacciono le adolescenti.
Mi piace la vostra pelle morbida, pallida e rosea, i vostri denti candidi, la vostra assoluta noncuranza verso il prossimo e il mondo, la vostra frivola gioia di vivere, i vostri teneri foruncoletti da baciare con tenerezza.
Anche il vostro mestruo è benedetto.
Sono un uomo.
Con una coscienza buona e riconoscente.