domenica 23 dicembre 2012

la scoppola (Adamo Pancozzi)

Due righe su Adamo Pancozzi.
Perchè?
Perchè voglio lasciargli un dubbio,
una lieve increspatura sulla superfice
piatta della sua vita.

Sarò equo, come sempre.
Tu, Caro Adamo,
sei l'esempio perfetto del padre mite,
del marito fedele e del compagno onesto.
Sei anche un discreto gesù cristaro .
Sei il modello a cui l'umanità dovrebbe ambire
per realizzare una pace e una fratellanza perpetua.

Eppure ciò non ti basta, caro Adamo:
tu hai bisogno d'altro.
E di che cosa hai bisogno?
E' evidente:
tu brami la mammella del Male...

Io non ti conosco che per la tua esteriorità,
caro Adamo.
La tua esteriorità, per me, è oggettivamente
insignificante:
hai attraversato l'inferno qualche volta?
Reca, la tua anima, segni di effrazioni
o lacerazioni?
Niente di tutto ciò...
Vai a messa, suoni il basso,
riceverai l'estrema unzione
al momento giusto.
Sei quindi abbastanza vergine al male e al dolore.
Però, però...

La mammella tenebrosa è lì che ti guarda...
E la tua bocca, ahimè, un tempo linda,
si va insozzando
col nero fiele dell'odio...

E' vero: tutti odiamo.
Tutti siamo intrisi, più o meno, di questo fango.

Ma vedere te, amico mio,
-Tu, che noi tutti avremmo dovuto essere:
padri miti, mariti fedeli, compagni fidati- ,
vedere te, intriso d'odio, è triste davvero.

Perchè odi tanto Sburrasconi,
caro Adamo?
Perchè questa tua stupida ossessione?
Perchè non ti basta amare la tua famiglia
e suonare il basso con i tuoi amici?

Il tuo odio è così fisso e stupido
-al pari di quello del maestro Binda-
che non ti avvedi di tutto il resto,
degli altri "mali" che ti circondano;
e ai quali forse ti sei rassegnato.

Un'ultima cosa:
anche tu sei un pò tirannico
e poco incline alle critiche,
come me e quel tizio che odi tanto.

Ma ancora confido in te vecchio mio.
Se mi deluderai
ti toglierò l'amicizia da
facce(dacazzo)book.
E quando ti troverò,
magari sullo scranno d'una chiesa,
ti tirerò una scoppola in testa
oppure una pacca sulla spalla.
Come a chi, in fondo, si vuole bene.

la vanga

Che belle serate natalizie!
Che bello cenare con i propri amici
in pizzerie lanuvine di quart'ordine,
-scelte dal gourmet Binda-
circondati da monelli e genitori attenti
e scrupolosi al gergo altrui!

Che bella l'inelegante, rozza e accesa
dialettica che scaturisce
dallo scontro tra le idee d'un bracciante
siciliano, reazionario,
il cui sangue ribolle come acido solforico-
e un maestro elementare
che evade il fisco e vota per Bersani e Ingoia,
neo paladini della giustizia sulla terra!

Che bello sapere che i padri hanno sbagliato
tutto, attirando l'odio dei figli!

Che bello sapere che i figli hanno odiato e
ammazzato i padri, più o meno giustamente!

La deliziosa Candy
mi fa sapere che il latte fresco
è migliore di quello polacco.
Inoltre mi invita a comprare a "chilometro zero".
A Pedica, frazione dei Landi,
a "chilometro zero",
dalle pie monachelle di Valle Chiara,
le zucchine costano sette euro al chilo.
Ma bisogna essere ottimisti,
al pari di Hegel e Candy.
Bisogna cioè credere che il libero mercato e
la globalizzazione siano "compatibili" con
il chilometro zero e i coldiretti.
Ci sarà una "sintesi", senza dubbio.
Il mondo andrà avanti.
Qualcuno lo prenderà in culo.
Di certo non a Bruxelles, cara Candy.

Ed Elio?
Come fa a dormire la notte
con una supposta di venti chili
nel sedere!
Sul conto ha dieci euro.
Intanto Nax Falli fa la bella vita
a spese dell'asineria altrui.

Che devo fare con te caro Elio?
T'ho fatto conoscere persino Rigates.
Più di così non potevo fare.

C'era anche il mutaccio:
ha taciuto tutta la sera.
Se avessero stuprato una bambina,
è lecito supporre che non avrebbe
alzato un dito.
Che fine hai fatto vecchio trans...fuga?
Per quale labirinto s'è persa la tua mente?
Davvero i bui marciapiedi del predestino
e le figure ambigue degli "amigos"
segnarono così funestamente
la tua ragione?
La tua assenza ci costerna caro Fabrix.

Infine tu caro Arigates.
Regalandomi un momento
di tenera commozione,
m'ha fatto notare come,
nel bene e nel male,
la mia "presenza", incondita e rozza,
è stata sempre uno slancio di speme
per i quattro gatti che hanno avuto
la ventura di conoscermi.

E c'è in me, inoltre,
-come hai notato-
anche un lato oscuro,
uno slancio opposto
-parimenti terribile-
alla resa, alla maledizione,
ad una bestemmia definitiva.

Ma tu, Rigates, devi capirmi:
io sono un contadino
figlio di contadini siciliani.

Nella mia gente c'è il germe
della tribolazione,
eredità atavica del contadino,
figlia della lotta per la sopravvivenza.


Il "male" per noi contadini è sempre stato uno:
il potere, l'istituzione, lo stato, il governo:
sempre vessatorio e crudele;
sempre pronto a derubarci la prole
e il sangue per le sue sporche guerre;
sempre pronto a rubarci il sudore e il raccolto;
sempre al servizio degli sfruttatori,
di qualunque genere e colore.

Imparammo così
a coltivare un odio, metastorico,
uguale in ogni epoca e in ogni latitudine.

Da secoli vessati
e imbrogliati dal potere,
cessammo di credere alle
menzogne del potere.

Ed eccomi all'oggi!
Per questo io non credo
alle canzoni che vanno tanto di moda:
le sorti magnifiche e progressive
dell'europa unita, il libero mercato, la
globalizzazione, etc etc.

Queste belle canzoni le lascio
a Binda e a Candy
(e ai portaborse di Bruxelles).

Dov'è la vanga?
Ma non lo vedete, stolti?
Non vedete che sono io la vanga?

sabato 22 dicembre 2012

il baccalà di stregonella

Dio abbia misericordia di
Binda, il baccalà di Stregonella!

Io ti voglio bene, caro Binda.
Quando suoni Bach, quando ci illumini
con le tue nozioni di fisica quantistica
-assolutamente inutili ma affascinanti-,
quando baci i maschi e non te ne vergogni.

Ma quando ti occupi di etica...
che sciagura per le mie povere orecchie!
Con l'ingenuità d'un baccalà d'acqua dolce,
tu disquisisci di etica e moralità...
e i miei coglioni cadono, frantumati.

Vota per Bersani, caro Binda.
Esulta per la fulgida carriera politica
che attende il magistrato Ingoia
(il quale potrebbe pulire le latrine degli autogrill,
arrecando un concreto bene al paese).
Entusiasmati per i camerieri
dei banchieri.

Ma, prima di tutto ciò, caro Binda,
prima di parlare di etica e moralità,
studia un pò di più.
Studia gli esseri umani con lo stesso impegno
che hai profuso per il pianoforte
e la scienza.
La tua etica, forse, sarà più solida e meno ingenua.
Allora, forse, i miei coglioni non cadranno in pezzi
dinanzi alle tue disquisizioni.


Postscriptum :
i bambini della pizzeria (di quart'ordine)
sopravviveranno di certo
alle mie intemperanze.
La mia "etica", barbara,
non bada alle forme
nè si cura degli interlocutori.
Io vado dritto in mezzo agli occhi.
Io vado dritto in mezzo al culo.
Solo quando la mia freccia si spezza
faccio ammenda.

venerdì 21 dicembre 2012

enterprice

Episodio x:
riuscirà il nostro eroe
-"u russu", come lo chiama la signora Averno-
a scucire i ventimila dollari di credito
all'infame libertino
noto come Nax Falli?
In ballo non c'è solo il denaro:
in ballo, sopratutto, ci sono i "cugghiuna":
cioè il valore di un uomo.
 
Col cuore in gola
e il cazzo in culo
noi tutti speriamo nella riuscita
del nostro amico.
Ma da pessimisti col callo,
("quu pilu nchiant' a manu",
citando ancora la dotta signora Averno)
temiamo di no...
Temo che le cose
al nostro amico "russu"
siano andate come al solito:
male cioè.

L'ennesima busta con tre o quattro
pezzi da cento; chiacchere,
giustificazioni, recriminazioni, ricatti;
e infine qualche vana promessa
con acclusi gli auguri di buone feste.

E "Accussì a minchia torna n'casa,
china r'acqua
"...

La replica della puntata,
miei pazienti spettatori,
tra due o tre mesi:
u russu che vuol chiudere l'ufficio,
che non ce la fa, confuso,
eterno sodomita passivo della vita...

Vuoi davvero tutto ciò
caro Clusetti?

Smentiscimi, almeno una volta!
Tirami una scoppola!
"Ti sei sbagliato, diavolo d'un siculo!"
voglio sentirmi dire!
Voglio un Clusetti con la schiena diritta,
non più prono a questi turpi parassiti!
Basta fare elemosina a Nax Falli
o a quell'altra mezza tacca della Zuzetti!

In ballo c'è il futuro, non capisci?
Quando il babbo e la mamma saranno nella tomba,
i nodi, d'un tratto, verranno al pettine.
Un patrimonio solido,
senza la guida d' un uomo
che sa farsi rispettare,
va presto in rovina.

La debolezza rovina.

I parassiti e gli uccellacci
sentono l'odore del debole:
e vi si gettano, senza pietà.

Edifica un'alternativa gaia invece!
La Baldetti Geological Enterprice:
ecco un futuro!
Niente più falli, in tutti i sensi.
Una schiena dritta e una volontà salda:
nient'altro serve.

Se lo vorrai, inoltre, a tua disposizione
ci sarà un bracciante siciliano,
forte ed umile.

Egli sarà felice di stare al tuo fianco,
nel comune amore e studio verso la terra.

giovedì 20 dicembre 2012

ierofanie

Cos'è sacro?
E perchè questa domanda?
Perchè la domanda è eccitante;
perchè potrebbe esserlo anche la risposta;
e infine perchè il mio sadismo non può
che esercitarsi all'infinito.
Avete la stoffa per esso?

Lasciamo perdere i "gesù-cristari"
aut similia.

Il loro sacro è banale.
Mi interessa un altro genere di sacro.
Il mio per esempio.

Conoscete già la risposta
vecchi sporcaccioni.
Non vi sono dubbi:
per me è sacra la materia:
e solo quando da essa sgorga la gioia.
Tuttavia questa fonte, per conservarsi sacra,
deve rimanere lievemente occultata,
in penombra e a una certa distanza.

Mai accostarsi troppo ad essa, mai indagare
con la lente d'ingrandimento!
Essa si oppone all'indagine e all'indagatore:
chi le fa torto verrà sanzionato con la delusione e la morte.

Essa, per vendicarsi dell'occhio troppo avido e indiscreto,
si muterà in cosa: cioè in materia inanimata e inerte.
Essa cesserà di emanare meraviglia;
il muto dialogo della magia sparirà
sostituito dall'arido vuoto di parole spente...

Solo quando rimane scissa dal tetro occhio
della scienza, la materia è sacra.
Per questo sono sacre le vergini.

Oltre vi è l'omicidio: e il suicidio.
Scomparsa la magia,
fugato il sacro, voi morirete.
Morirete, nel deserto di una sapienza
sterile.

Un clidoride, un bell'ano, la scintilla delle pupille:
questo è sacro.
Sacrilega invece è la stupida nomenclatura delle cose,
il voler conoscere, esaminare, sviscerare.
Fatelo: e la Bellezza vi volterà le spalle, per sempre.

Perdendo il sacro si perde la vita.

Al pari di piante senza linfa rivolgerete un ultimo sguardo
al cielo.
Vorreste dunque tornare indietro?
Ne sareste in grado?

Solo al Sole è precluso il tramonto:
perchè esso risorge.

E voi, chi siete?
Sapreste tramontare?
Sapreste risorgere?

mercoledì 19 dicembre 2012

nomen

Di nuovo tra le tue braccia,
mia amata.
Solo tra di esse, candide, trovo pace.
Dal tuo seno mai cesserò di libare,
finchè tu me lo porgerai.
Ridiamo insieme nel caldo abbraccio
che la vita ci offre.
Fuori, l'umanità: disumana e immonda.

Incapace di futuro mi getto nel presente,
l'unica delizia sei tu.

Il traffico, il notiziario, incubi assurdi.

Futuro non ho.
Solo presente:
l'unica delizia sei tu.

Ma, se ne avessi uno,
porterebbe il tuo nome:
Madalina.

il tocco

In principio, è ovvio, non c'è l'uovo:
e nemmeno la gallina.
E allora cosa c'è in principio?
Una gallina principiata senza uovo?
Un uovo principiato senza gallina?
Oppure...oppure...
c'è semplicemente una pippa.

La pippa è un'abitudine principiante.
Essa infatti riveste la funzione, pragmatica,
dell'androgino:
di ciò che basta a sè,
di ciò che si appaga da sè.
L'androgino, cioè, è un mostro:
perchè non ha bisogno di nessuno.

Questo sogno, sgusciato dal bozzolo
dell'egoismo più cieco, fu il sogno di molti insigni pensatori.
Evola, Schopenhauer, Nietzsche, Stirner, il primo Papini,
-ma anche comuni mortali come Albi, Binda, il muto e A.r.-
ad esempio, si inebriarono della loro
"sufficienza".
E per conseguenza
-non c'è dubbio-
furono degli accaniti onanisti.

Qualcuno potrebbe obiettare, giustamente,
che l'androgino, se esistesse,
non si "accarezzerebbe" lì,
dove non batte il sole.

Quindi i nostri insigni pensatori,
incalliti "accarezzatori" di sè stessi,
proprio per ciò stesso non sarebbero stati
dei veri androgini...

Anche il Budda,
imbecille stanco e nemico della voluttà,
dovette toccarsi, più volte.

Possiamo immaginare questi "androgini",
comicamente,
al termine del loro "rito":
al termine cioè di una pippa qualsiasi.

Nell'angolo oscuro della coscienza,
in un cantuccio riparato,
essi dovettero registrare
il contraddittorio fallimento della loro "sufficienza":
lacuna, al culmine del rito,
da colmare...
magari pensando, con gli occhi chiusi,
ad un'ancella o ad una servetta delle pulizie,
o ad un discepolo giovine...

Ogni volta che tocca sè stesso
l'uomo scopre la propria insufficienza.

E' infatti il tocco dell'altro
che ci dà pienezza.

Così forse l'androgino
-l'essere pago di sè-
non esisterà mai.

L'invidia di un dio
per una volta fu benefica.
Zeus ci salvò da noi stessi.

lunedì 17 dicembre 2012

Bilbo

Bilbo è la metafora del coraggio.
Un coraggio la cui padronanza si acquisisce,
si affina ed elabora lentamente:
un coraggio, dunque, non innato.
Un coraggio innato, inoltre, possiede meno pregio e meno fascino.
Chi nasce già dotato di qualcosa, infatti, non ha merito alcuno.
Non deve conseguire perchè ha già:
e quindi la lotta e la fatica gli sono estranee.
Avere in dono non è nobile:
la conquista lo è.

Rispetto a Bilbo gli altri personaggi
sono imperfetti:
a causa, paradossalmente, della loro perfezione:
cioè della loro prevedibilità e compiutezza.

In loro è assente, -o non traspare con la stessa intensità-,
quel travaglio interiore che innalza il mezz'uomo
agli ardui compiti del sacrificio e dell'eroismo

Gli altri, cioè, sono già "pronti" al loro compito,
non devono cioè imparare ed esperire nulla
che non abbiano in qualche modo
già imparato ed esperito...

Gli elfi sono perfetti: la loro saggezza è compiuta
e matura, non richiede uno sforzo ulteriore.
I nani e gli umani sono sempre gli stessi:
la loro prevedibilità è logica, priva d'interesse:
perpetuamente in bilico tra il bene e il male,
tra la mediocrità e la grandezza.

Gandalf, al pari di degli elfi,
sprigiona luce; la sua eccellenza
rassicura.
Su di lui si può sempre contare.
Il suo contributo è perciò scontato.

(Idem per Galadriel: la dea, leggiadra,
incarna la Grazia e la Fortezza:
fedi inoppugnabili che solo
un essere supremo -cioè una donna-
può radiare).

Saruman (che tanto ci ricorda l'amato Stefano)
è la metafora del potere:
la smisuratezza che conduce al male.

Il Gollum, metafora della scissione,
patibolo dell'eccesso, è il ritratto deturpe
dell'avidità.

Insomma -e per concludere-:
una fiaba ha bisogno di ovvietà.

Ma l'ovvio può sedurre i fanciulli.

Amare il saggio Gandalf, il coraggioso Aragorn
o la incantevole Galadriel,
è un'operazione infantile:
meravigliosa e inutile,
perchè priva di fascino.
Essi, infatti, non ci deluderanno mai.

Bilbo invece è il personaggio meno ovvio di tutti.
Egli, cioè, è una scommessa.

Ma Bilbo, al contrario di noi tutti, è solo una fiaba.
E dentro lo schema d'una fiaba
è facile vincere scommesse.

sabato 15 dicembre 2012

il passo

Non crediate che le ferite del cuore
si rimarginino in fretta.
Perduti nel solco d'un labirinto
-nel labirinto che siete voi stessi-
la tentazione è di lasciarsi morire.

Ogni passo pesa come il mondo
e ogni direzione è buia.
Sopratutto siete soli:
dovrete contare su voi stessi.
Anzi, su ciò che resta di voi stessi.

Quando l'anima va in frantumi
è difficile raccogliere ciò che ne resta.
Eppure bisogna farlo:
raccogliere una per una ogni scheggia
e ricomporla, fino a ricreare lo specchio
che rifletteva la flebile imagine di un essere.

Guardatevi.
Siete ancora voi stessi?
E se lo siete:
perchè lo siete ancora?


L'umida sera penetra l'ossa.
Per strada guardo i ragazzi:
hanno la colpa d'essere innocenti.
Essi possono sognare.
Non invece chi è morto.
E chi è vivo ma è morto?
Di che sogni si liberà costui?

Egli vaga nel deserto.
La sua mano di fantasma, trasparente,
non trattiene nulla.

Volge al termine la sera.
Volge al termine la luna.
Volge al termine l'incanto.

Il piede barcolla.

Il volere vacilla.
E tu, mio interminabile nemico,
deserto cieco,
fa pure il tuo dovere:
scagliami la tua potenza,
inabissami se vuoi, per sempre.

Ed io, a me: "Un passo! e un altro ancora!"
Ed io, a te: "Un passo! e un altro ancora!"
Odi la risposta?
E fa pure il tuo dovere.

ultimo arso

Al burrino la vita era bella.
Le cose andavano bene, i clienti erano tanti, e generosi.
Il sole, lì, generoso, splendeva sempre:
o almeno così pareva a me, povero mortale.
Monteburalto, invece, fa schifo.
Di chi è la colpa?
Di Adriana?
Dell'inflazione sulle locazioni?
Oppure di Dio?

Una cosa, tristemente, è certa.
Non spruzzo più come un tempo.
Sono invecchiato. Sono depotenziato.
Per giustificarmi le dico che ormai sono "un vecchio impotente".
Lo infilo e vengo dopo cinque minuti, come un coniglietto.
Passano quaranta minuti e resto con un pezzo di gomma
inanimato, nonostante le premure dell'unica donna che amo.
Forse l'esecrabile colpa è dell'orologio.
Se avessi una notte
- una vita, anzi -
a disposizione!
Orologio: invenzione immonda!
La barbarie dei minuti deturpa il desiderio.
Io voglio eternità!
Io voglio assoluto!
Non stupidi ed esecrabili minuti!

E a rendermi inanimato e triste è la tua infelicità mia amata.
Come posso essere felice se non lo sei tu?
La mia anima è in frantumi, Madalina.
Per me è finita, questo fardello mi uccide.
Se non mi è concesso amarti, non mi è concesso nulla.
Perchè continuare?
Sei stanca di questa vita.
Eppure non vuoi districartene.
Non vuoi amar...mi.

Dinanzi a me solo nebbia.
Consumerò quindi le suole sui marciapiedi merdosi
di Monteburalto per scoprire un giorno, molto prossimo,
che ho amato solo un fantasma?
E questo quindi ciò che mi aspetta?
Tu mi abbandonerai mia amata.
Così è scritto.
E io, al pari d'un condannato a morte
che vuole sfuggire la morte,
io non cesso di lottare contro le catene del
destino,
non cesso di lottare contro l'assurda sentenza
che mi nega la vita.

Ecco, ora il pallido manto della nebbia è più fitto
che mai,
sento, come ghiaccio, la sua coltre
divorare la mia anima di fuoco.
Così, ghermito dal ghiaccio, sconfitto, morirò:
seppure ardendo, sino all'ultimo istante...

E' per questo che avrò vissuto.

venerdì 14 dicembre 2012

Averno

Salvatore Averno è un siciliano.
Nella vita reale, nel pragma quotidiano cioè,
è un umile bracciante disoccupato,
che saltuariamente "travagghia" per un geofita dalla barba ispida e rossastra.
A quarant'anni Salvatore viene colpito da un ictus cerebrale e finisce in coma.
Si ritrova così, del tutto inopinatamente, nell' "aldilà", come visitatore
temporaneo -ed estemporaneo-,
non essendo ancora giunta la sua ora.
Guardandosi attorno, Salvatore si accorge di essere finito all' "inferno":
o almeno in ciò che sembra essergli tale.
Questo "inferno", infatti, presenta i caratteri tipici, cioè "moderni"
di un dormitorio confinato alla
periferia di una grande città, nella fattispecie di Roma:
palazzoni squallidi e grigi, puzza di smog,
feci di cane sui marciapiedi simile a glosse
di un incubo,
bus della atac colmi di infelici dai volti sfuggenti...
La zona, cioè l' "inferno", si trova in via Monteburralto,
prati fecali, pardon, fiscali:
ma potrebbe essere uno qualsiasi degli infiniti e abietti
dormitori di Roma, il predestino, il casilino, etc. etc.

A un certo punto, in mezzo allo smog, al traffico,
ai pendolari dal volto fugace e infelice,
alle feci di cane sparpagliate sui marciapiedi -
a un certo punto, mentre Salvatore, stordito,
cerca di comprendere il caos che lo circonda,
gli si fa avanti P., un poeta estinto,
massacrato a Ostia l'anno in cui nacque il bracciante
siciliano, ora in coma.
"Ma , tu, tu, sei P.!" esclamò il bracciante.

"Si, Salvatore. Io sono P.
Lo so, in questo momento, mio caro, vorresti
essere a Sabaudia, sull'arenile, a guardare il mare
di gennaio in compagnia di un amico o di Madalina,
stringendole e riscaldandole la mano.
Vorresti guardare in faccia la burrasca, battuto
dall'impeto del vento: e trovare lì la fonte
di una forza imperitura, che tu, confusamente,
chiami "Amore"...
Tuttavia ho un compito.
Cioè ho un dovere, nei tuoi confronti.
Io devo insegnarti cosa è l'Inferno; e cosa è il Paradiso,
perchè è ora che tu li comprenda, entrambi...
Il purgatorio, semplicemente, non esiste:
è una finzione, cioè un'invenzione dei preti.
L'inferno, invece, è reale.
Come questo dormitorio.
Tuttavia non è sufficiente riconoscerlo.
Bisogna fare di più: combatterlo tutta la vita,
opporsi ad esso, cercare di sconfiggerlo.
Solo lottando contro l'Inferno, infatti,
non si diventa l'Inferno.
Viceversa chi si arrende all'Inferno diventa l'Inferno.
Naturalmente, come puoi intuire, questa lotta, titanica,
non ha garanzia alcuna;
anzi l'insuccesso è quasi la regola.
Ma tu, mio caro, non hai scelta:
e non hai scelta perchè non vuoi scelta".

"E il Paradiso? -domandò il bracciante-
Cosa devo sapere a proposito di esso?"

"Il Paradiso devi scoprire tu cosa è.
E, una volta scoperto, devi custodirlo.
Esso, infatti, non è perenne.
Anzi: il Paradiso è fragile e sfuggente, come le ali d'una farfalla.
Questo è ciò che devi sapere intorno ad esso."

"Ho finito Salvatore.
Non mi resta quindi che congedarmi; e sperare per te."

Così dicendo il poeta si voltò, scomparendo.

Salvatore uscì dal coma.
Aperse gli occhi, quindi.
Ora era lì, da qualche parte, sull'arenile,
sferzato dal vento gelido di gennaio:
solo, naturalmente, come sempre nella sua vita,
a contemplare per l'ennesima volta l'ululio del mare.
"Cosa voleva dirmi il Poeta mentre ero nel Limbo?"
"E tu, Mare
-gridò-
cosa hai da dirmi che ancora non so?
cosa hai da darmi che ancora non ho?"

"Mare, ruggito di vento,
io non ho limbo,
io non so vivere d'oblio;
io, maledetto,
sono maledetto, come te;
e la mia rabbia è la tua.
Ruggito di vento,
sputo salmastro,
turbine di sabbia...
sabbia, sabbia,
solo sabbia
che si perde
senza sosta
nell'infinito
del mio nero orizzonte..."

martedì 11 dicembre 2012

Gea (due albanesi)

Sono forse albanesi quei due Cristi all'interno
di un ducato bianco del 93?
Uno, dal viso rubicondo e con una barba rossastra
e ispida fa il geofilo; l'altro, parimenti bello,
sembra essere uscito da Dacau:
con un capo spelacchiato e tondo simile ad una palla da biliardo
da cui si allunga un naso appuntito e sgraziato come quello di un negro,
egli pare...Pinocchio, il burattino di legno.
"Pinocchio" è un meridionale e fa il bracciante.
Se fossimo razzisti -e anche un pò classisti-
da quegli elementi estetici e somatici dovremmo dedurre
una quasi automatica e oggettiva inferiorità sociale e culturale
dei due "albanesi" poc'anzi descritti.
Tuttavia, un dato sociologico "istituzionale"
-cioè formale e conformista-
impedisce di annoverare i due Cristi alla teppaglia.
I due, infatti, hanno una laurea:
un pezzo di carta,
mero riconoscimento esteriore,
con cui bisognerebbe far toletta:
e che invece, nella coscienza psicologica della massa
-coscienza "falsa" e ingenua ovviamente, perchè scambia la "forma"
per sostanza e perchè vive e prospera di specchietti per le allodole-
assurge a simbolo di "redenzione" e superamento
di un precedente stato esistenziale vissuto con vergogna,
al pari d'una barbarie o un'infamia...
(Pasolini avrebbe detto che non una laurea "eleva" l'uomo,
bensì un reale amore verso la cultura...
Ma io, purtroppo, non sono Pasolini:
e devo quindi mettere in discussione,
-cioè vivisezionare con il bisturi dell'analisi critica più spietata-
anche questo asserito "reale amore verso la cultura"...).

Ma torniamo ai due "albanesi" laureati...
Pinocchio, il bracciante meridionale,
pagato alla giornata,
assiste il barbuto geofita, suo "principale";
il geofita, uomo onesto e diligente, a sua volta
lavora sovente per conto di un certo Nax Falli,
degenerato sessuale e "malupaturi",
debitore moroso e arraspatore di centesimi.
Nax Falli, quarantenne di bell'aspetto
con baffini brizzolati
-fatti crescere appositamente per "stuzzicare"
i clitoridi di donne anziane-,
copula con "pregnant" all'ottavo mese di gravidanza
e pratica la sodomia attiva con signore divorziate.


Nei confronti di questo Nax Falli,
il geofita -a causa forse d'un complesso d'inferiorità-
ha accumulato crediti inevasi per circa XXX dollari...
Pinocchio, il bracciante meridionale,
-vicino moralmente all'eversione contro
il sistema della finanza e del capitale-
incita con fervore il geofita a riscattarsi
da questo Nax Falli; ma senza risultato purtroppo.
Il geofita, infatti, è alla mercè di Nax Falli,
al pari di un topolino nelle fauci di un gatto.
Ma non disperiamo: un giorno forse
l'albanese leggerà Marx; oppure si comporterà come
se lo avesse letto...

Il geofita ama il proprio lavoro:
cioè ama la terra.
Le sue mani, tozze, screpolate e rugose,
-la cui vista ributtante produrrebbe senz'altro lo svenimento
di qualsiasi donna dell'alta società-
testimoniano di questo amore profondo e verace:
egli non cessa di "copulare"
-cioè di dialogare-
col limo, con le argille, con le sabbie, col tufo:
e questo dialogo, questo studio, questa "copula",
lo mette in diretto contatto col Creatore...
Ecco quindi la verità:
il geofita è un mistico,
ma la sua "mistica",
paradossale e materiale,
anzichè sgorgare dall'ottenebramento dei sensi,
scaturisce dalla "mesticanza":
cioè dalla religiosa manipolazione, penetrazione
-e masturbazione-
di Gea...

I due albanesi, "u russu" e Pinocchio,
ricoperti di fango e coi piedi umidi,
(probabilmente visti con disprezzo classista
presso l'alta borghesia e i "laureati"

in giurispochezza o economia e monnezza)-
i due albanesi
andranno per la loro strada, partendo verso le sette
del mattino a bordo di un ducato usato del 93.
La loro "strada" è solo una: la terra.

E la terra, cioè Gea,
un giorno,
forse,
li ricompenserà.

sabato 8 dicembre 2012

Maldiva

Che fine ha fatto Albi?
Non mi telefona più e non nego che un pò
mi manchino le nostre pomeridiane chiacchierate futili.
La condotta di Albi assomiglia molto a quella
di un "ragioniere" di qualche post precedente.
Tuttavia, questo grigiore
-questo permanente
orizzonte piatto e grigio, metafora
di un uomo che ha abdicato-,
questo grigiore mi dona serenità e pace interiore.
A furia di cincischiare con quest' uomo grigio ma pulito
(pulito nel senso che non è infetto dalla boria tipica
degli altolocati nè condivide gli appetiti infimi
dei parvenus e delle infelici schiere degli arrampicatori sociali)
ho imparato ad apprezzarlo:
perchè so che sotto quel cielo grigio, c'è un sole
svogliato, fiacco, timido, che non vuole uscire fuori,
facendo torto a se stesso...

Un sole c'è vi dico; e ogni tanto fa capolino.
Come spiegare altrimenti il suo "affetto" per Binda o
Patrizio Gucci?
Avete mai visto un alto borghese interessarsi
alle sorti di un demente o di un matematico stravagante?
(Lo stesso discorso vale, con tutte le differenze, per Rigates:
tuttavia Rigates il suo posto nell'aristocrazia borghese
se l'è guadagnato non attraverso l'eredità del sangue
-poichè le sue origini sono popolari-
o attraverso qualche raccomandazione, come ad esempio Gonti,
bensì attraverso quelle capacità tipiche
dei "vires", degli spiriti eletti, di coloro che il fato destina all' Imperium
di sè e del mondo...).

Serenità e pace interiore ho detto prima.
Serenità perchè il vecchio frac è quasi sempre sereno.
Certo, a volte il frac si adira per dei nonnulla
al pari di un impubere
(come ad esempio quella volta che un vecchio
gli lasciò del fetore d'ascella nell'auto).
Ma per fortuna i turbamenti gli passano presto.
Inoltre quando si è in compagnia di Albi
il gozzo e la saccoccia degli astanti stanno al sicuro.
Egli, con la lestezza dei cavalieri medioevali quando
si stracciavano il manto per donarlo ai poveri,
apre il portafogli e compie un gesto automatico,
forse inconsciamente classista.
Gli altri, cioè i suoi quattro amici, sono infatti oggettivamente
"inferiori" a lui poichè appartengono
ad una classe sociale inferiore, cioè
alla piccola e medio borghesia.

Certo, tale conclusione, maliziosa,
-che per buona creanza andrebbe taciuta-
potrebbe turbare qualche baccalà:
ma a me piace "turbare" le coscienze con ipotesi
più o meno verosimili;
e mi piace anche la malizia...
Ma tutto questo lo sapete già.


Da ultimo, caro Albi, devo farti una confessione.
Elio, il malizioso, mi incalzava affinchè mi occupassi del tuo "caso".
E così, per amore, lo accontentai.
Ora, serenamente, potrai scartare il panettone con Candy.
E prepara la valigia, mi raccomando, perchè la Maldiva t'attende.
Buon Natale, vecchio frac.

giovedì 6 dicembre 2012

lo zio

Ah Elio! Elio!
Avessimo tutti una nipotina tredicenne d'amare!
Di un amore esaustivo, volesse Dio:
e quindi anche carnale!
Già vedo i mostri, i ben pensanti, puntarni l'indice addosso:
ma i mostri, cari ben pensanti, siete voi, aridi e senza cuore,
schiavi disumani di quell'imbecille libro che è il codice Ricchio!
Il vostro ossequio alle leggi è ributtante, farisaico.
Il vostro non è amore: è gelosia, turpe egoismo.

Un libraccio compilato da un fascista represso stabilisce un'età:
e gli idioti, cioè la massa, vi si confermano e conformano.
Ma lasciamo perdere: non voglio perdere la calma.
Le premesse erano altre.
Torniamo a te caro Elio: anzi a tua nipote.
Tu, cara G., stai crescendo, con la febbrile e brutale fretta che
impone questa lurida era consumistica.
Tu fremi, incalzata dall'esempio coatto e volgare della
tv, delle rivistucce per sgualdrinelle senza cervello e da infernet.
Tu quindi non vedi l'ora che il tuo tenero imene venga dilacerato
da qualche bruto con l'orecchino e marchiato di tatuaggi.
Ah quanto triste sarà scoprire la verità, mia povera G.!
Quel bruto alla Corona's, così diffuso nei licei e nelle scuole medie,
laido esempio di cinismo e volgarità, collezionatore
miserevole di coiti, egoista e bieco,
soddisferà i suoi istinti
su di te, mia amata G...
Successivamente il bruto si allontanerà, come da copione,
in cerca della prossima preda.
Questo è il triste carosello dei mammiferi, cara G.
A questo punto, sempre seguendo le leggi del carosello,
mia povera nipotina, affranta e delusa, svilupperai
-in contraddizione con quel bisogno di affetto e amore che nutre
ogni essere vivente-
un concomitante e generalizzato rancore verso il sesso maschile...
Le conclusioni, saranno quindi due, una alternativa all'altra
oppure una conseguente all'altra.
La prima, terribile, è che tu diventi una repressa, terrorizzata
dallo scacco reale che ogni tuo possibile amore risulti deluso.
Quante povere donne hanno sacrificato il loro piacere
sullo stupido altare della fobia!
La seconda ipotesi, altrettanto terribile, è che tu ti "mignottizzi":
cioè che tu assuma gli stessi orrendi connotati dell'aguzzino
maschio che in principio t'ha fatto soffrire:
e quante se ne vedono di queste sgualdrine gratis, feroci e ciniche!
Cercano cazzi con cui godere: e questa, di per sè, è una cosa
nobilissima e meravigliosa per qualsiasi donna;
il problema è che, al pari dei Corona's, queste disgraziate
vivono questa ricerca con un senso di supremazia e rivalsa
che alla fine rovina tutto.

Esiste infine una terza ipotesi mia cara G.
Ma bada, essa è un'ipotesi rara:
pertanto diffida da chi te la designa come un'ovvietà.
Questa ipotesi è che di te si innamori e ti ami,
con un amore reale e continuo, un uomo qualsiasi.
In questo caso, davvero fortuito, mia cara G.,
non dovrai preoccuparti:
perchè non diventerai nè una repressa nè una cinica egoista.
Si, cara, G.: ho detto un uomo "qualsiasi":
eppure speciale e unico, almeno per te.
Un uomo qualsiasi eppure speciale:
come lo zio Elio.

il soffio

Quando non si ha più niente da dire
perchè si è detto tutto
- "tutto" inteso come l'insieme finito delle proprie infime ambizioni -,
sarebbe il caso di tacere; e per sempre possibilmente.
Così io spero di tacere
-cioè di smettere di scrivere questo mediocre
diario- per sempre.
Perchè?
Perchè ho detto "tutto"; e quindi non posso che ripetermi.

Devo perciò chiarire a me stesso che senso e valore abbia questo ripetermi.
La risposta è semplice: il senso di questo ripetermi, l'unico senso ammissibile,
è quello di ribadire -e tal volta sedare- un'angoscia;
il valore di questo ripetermi è...nessuno: esso semplicemente non c'è, non esiste.

Qual'è il valore di una ripetizione?
Solo il sole e la bellezza del creato hanno il diritto di ripetersi indefinitamente:
e infatti del tramonto o della risacca non ci si stanca mai.

Repetita iuvant: falso!
Repetita iuvant solo a chi è sordo o a chi è ancora bambino.
Chi è adulto e ci sente bene non ha bisogno di sentirsi ripetere la lezione:
chi ripete filastrocche è solo un impotente, al più un demente.

La parola ha diritto d'esistere una sola volta:
come un uomo ha il diritto d'esistere una sola volta.
Ma la parola, questa maledetta sirena,
vuole vivere in eterno:
come vogliono vivere in eterno, scioccamente, gli uomini.

Frequenterò sempre questa prostituta perchè la amo troppo.
Tuttavia per amare bene bisogna amare con austerità.
Bisogna vedersi poco, sapendo di violare il codice.
Al pari di una prostituta, infatti, la parola è stata "usata" da tutti,
è stata pronunciata da tutti, persino dai più indegni.

Perciò, quando essa sarà lì, sul letto, nuda, prostrata
dinanzi a voi, miracolosamente di nuovo vergine
della sua bellezza originaria
perchè vissuta nell'intimità del vostro stupido destino,
dovrete onorarla col silenzio.

Io, povero sciocco, continuo a parlare:
e quindi a farle torto.

Ma non dispero, mia amata.
Imparerò ad amarti, un giorno.
Quel giorno, finalmente, imparerò a tacere.
Il tuo soffio, fatale e maestoso, mi condurrà altrove.

mercoledì 5 dicembre 2012

il ragioniere

Adelio Donasi è un giovane ragioniere
che conduce un'esistenza grigia, sterile e monotona.
Di formazione cattolica, seppur improntata ai dettami più
razionali e illuminati di una moderna educazione laica e borghese,
a tredici anni Adelio diventa ateo: forse a causa di una
esperienza erotica andata male.
Questa esperienza erotica "andata male"
-probabilmente la molestia sessuale di un'estraneo-
minò per sempre la fiducia di Adelio nel prossimo.

Dal momento in cui perse fiducia nel prossimo,
Adelio, al contempo, -e con maggior veemenza- perse
fiducia in tutto: nelle istituzioni, nell'autorità civile,
nella famiglia, nel Padre eterno
e così via.

Figlio di un importante manager, Adelio avrebbe potuto
senza difficoltà farsi "imbucare" dal padre all'interno
dell'ente da quest'ultimo diretto:
tuttavia a causa della predetta sfiducia e repugnanza verso
ogni genere di riconoscimento e responsabilità morale e civile,
Adelio rinunciò a svolgere incarichi di prestigio e remunerativi,
scegliendo l'umile carriera di impiegato come ragioniere
in una ditta di carta igienica (che ben presto sarebbe fallita).

Adelio, invecchiando, diventa un mostro di cinismo:
pratica quasi esclusivamente l'onanismo,
disprezza le donne, gli animali, i bambini,
i meridionali;
tuttavia egli sa occultare il suo dispregio interiore
-frutto, come si è detto, di quella profonda, maledetta
perdita di fiducia nel prossimo-
con una raffinatissima ipocrisia di maniera:
elargisce cospicue donazioni ai poveri,
mantiene esteriormente un atteggiamento socievole e mite,
professa -falsamente- idee liberali e tolleranti...
La sua indulgenza è di facciata:
dettata cioè dalle contingenze storico sociali dell'epoca in cui
vive -epoca in cui la tolleranza e l'indulgenza vanno di moda- :
se fosse vissuto nel medioevo o nell'antica Roma,
nei panni di un signorotto o di un imperatore,
non avrebbe esitato a realizzare le proprie brame
senza nemmeno l'ombra di uno scrupolo morale
(per esempio, non avrebbe esitato a stuprare e ingravidare
una serva, facendola successivamente giustiziare, insieme al feto,
qualora la disgraziata gli avesse arrecato il minimo intralcio...)

Privo di sentimenti, avviato ad un'estinzione anonima e blanda
(sopra la sua lapide si sarebbe potuto appore il seguente epitaffio:
"qui giage A. D., uomo insignificante e senza speme,
ragioniere in una ditta di carta igienica"),
Adelio non immagina che un giorno il diavolo (o il caso?)
decide di interessarsi al suo "caso", rendendolo più interessante...

Un bel giorno una pazza bussa alla sua porta.
Adelio apre la porta e dinanzi gli compare una donna
mai vista prima con un pancione di almeno otto mesi.
"Qui dentro c'è tuo figlio!"
"Come scusi?"
"Qui dentro c'è tuo figlio!"
"No guardi, dev'esserci un errore...io non la conosco..."
Adelio le sbatte la porta in faccia.

Un mese dopo la pazza partorisce (una bambina)
e tramite un avvocato d'ufficio trascina Adelio in tribunale
per il riconoscimento di paternità.
La pazza chiede gli accertamenti ematici e genetici:
e Adelio suo malgrado vi si sottopone, ritenendo serenamente
che si tratti una beffa...
Qualche tempo dopo giungono i risulati:
il sangue della bambina è lo stesso del ragioniere, il dna pure:
non c'è ombra di dubbio: Adelio è il padre naturale!

Sul baratro della disperazione, Adelio non sa che fare.
Terrorizzato dall'idea di dover mantenere e curare
un'estranea uscita dal grembo d'una demente,
Adelio vorrebbe ammazzare entrambe, mamma e figlia.

Alla mamma ci pensa il caso:
la demente muore tre mesi dopo il parto, investita da un'autotreno
condotto da un ubriaco albanese.
Per disgrazia -o per fortuna- la demente non ha parenti nè amici:
così la bambina viene affidata alle cure esclusive del ragioniere.
Terrorizzato dall'idea di cambiare pannolini e trascinare passeggini,
Adelio, risoluto nel liberarsi dall'infelice fardello, dopo qualche notte insonne
escogita una soluzione diabolica e mostruosa:
sopprimere l'innocente creaturina soffocandola con un cuscino,
gettarla, celata dentro un sacchetto, in un bidone dell'immondizia
e infine denunciarne la scomparsa alle forze dell'ordine:
scomparsa riconducibile ad un rapimento ad opera di zingari o gentaglia simile...

Il piano sembra perfetto: non resta quindi che attuarlo.
Apprestandosi pertanto a perpetrare l'orrendo crimine al ritorno dal lavoro,
ancora una volta Adelio non ha fatto i conti col diavolo (o col caso?)...
La bambina non è in casa, è scomparsa!
Davvero qualcuno l'ha rapita!
Sbalordito -anche se, in cuor suo, lieto di quella assurda
semplificazione offertagli dal destino-
il ragioniere si reca dai carabinieri a denunciare la scomparsa della figlia...

Nessuno seppe che fine fece la povera "figlia" del ragioniere.
Forse fu rapita dagli zingari; forse diventò una battona; forse morì.
Si seppe, invece, che fine fece il ragioniere.
Egli, vecchio e solo, si spense nelle fredde coperte del suo letto.
Non ebbe nè il tempo nè la voglia di pentirsi dei suoi peccati.
Non conseguì la salvezza, questo è certo, qualunque cosa voi intendiate
per salvezza.
Non conseguì l'inferno, questo è certo, poichè la sua vita,
negazione di ogni amore, fu il suo stesso inferno.
Il diavolo, questo è certo, avrebbe voluto salvarlo.
Ma non ci riuscì.


(Finale alternativo, da leggere solo in caso d'emergenza:
solo nel caso cioè che il vostro verecondo cuore non sopporti
la delusione come orizzonte logico degli eventi.
Il ragioniere adotta la bambina e impara ad amarla.
La bambina si innamora del "padre", seppur anziano,
di un amore totale: quindi anche carnale.
I due si congiungono,
con una tenerezza che sfida le stupide leggi degli uomini.
Il ragioniere adempie il suo ultimo coito con la "figlia"
poco più che adolescente.
E infine spira, redento da ogni peccato,
scaldato dal tiepido sospiro della
fanciulla...)