domenica 23 dicembre 2012

la scoppola (Adamo Pancozzi)

Due righe su Adamo Pancozzi.
Perchè?
Perchè voglio lasciargli un dubbio,
una lieve increspatura sulla superfice
piatta della sua vita.

Sarò equo, come sempre.
Tu, Caro Adamo,
sei l'esempio perfetto del padre mite,
del marito fedele e del compagno onesto.
Sei anche un discreto gesù cristaro .
Sei il modello a cui l'umanità dovrebbe ambire
per realizzare una pace e una fratellanza perpetua.

Eppure ciò non ti basta, caro Adamo:
tu hai bisogno d'altro.
E di che cosa hai bisogno?
E' evidente:
tu brami la mammella del Male...

Io non ti conosco che per la tua esteriorità,
caro Adamo.
La tua esteriorità, per me, è oggettivamente
insignificante:
hai attraversato l'inferno qualche volta?
Reca, la tua anima, segni di effrazioni
o lacerazioni?
Niente di tutto ciò...
Vai a messa, suoni il basso,
riceverai l'estrema unzione
al momento giusto.
Sei quindi abbastanza vergine al male e al dolore.
Però, però...

La mammella tenebrosa è lì che ti guarda...
E la tua bocca, ahimè, un tempo linda,
si va insozzando
col nero fiele dell'odio...

E' vero: tutti odiamo.
Tutti siamo intrisi, più o meno, di questo fango.

Ma vedere te, amico mio,
-Tu, che noi tutti avremmo dovuto essere:
padri miti, mariti fedeli, compagni fidati- ,
vedere te, intriso d'odio, è triste davvero.

Perchè odi tanto Sburrasconi,
caro Adamo?
Perchè questa tua stupida ossessione?
Perchè non ti basta amare la tua famiglia
e suonare il basso con i tuoi amici?

Il tuo odio è così fisso e stupido
-al pari di quello del maestro Binda-
che non ti avvedi di tutto il resto,
degli altri "mali" che ti circondano;
e ai quali forse ti sei rassegnato.

Un'ultima cosa:
anche tu sei un pò tirannico
e poco incline alle critiche,
come me e quel tizio che odi tanto.

Ma ancora confido in te vecchio mio.
Se mi deluderai
ti toglierò l'amicizia da
facce(dacazzo)book.
E quando ti troverò,
magari sullo scranno d'una chiesa,
ti tirerò una scoppola in testa
oppure una pacca sulla spalla.
Come a chi, in fondo, si vuole bene.

la vanga

Che belle serate natalizie!
Che bello cenare con i propri amici
in pizzerie lanuvine di quart'ordine,
-scelte dal gourmet Binda-
circondati da monelli e genitori attenti
e scrupolosi al gergo altrui!

Che bella l'inelegante, rozza e accesa
dialettica che scaturisce
dallo scontro tra le idee d'un bracciante
siciliano, reazionario,
il cui sangue ribolle come acido solforico-
e un maestro elementare
che evade il fisco e vota per Bersani e Ingoia,
neo paladini della giustizia sulla terra!

Che bello sapere che i padri hanno sbagliato
tutto, attirando l'odio dei figli!

Che bello sapere che i figli hanno odiato e
ammazzato i padri, più o meno giustamente!

La deliziosa Candy
mi fa sapere che il latte fresco
è migliore di quello polacco.
Inoltre mi invita a comprare a "chilometro zero".
A Pedica, frazione dei Landi,
a "chilometro zero",
dalle pie monachelle di Valle Chiara,
le zucchine costano sette euro al chilo.
Ma bisogna essere ottimisti,
al pari di Hegel e Candy.
Bisogna cioè credere che il libero mercato e
la globalizzazione siano "compatibili" con
il chilometro zero e i coldiretti.
Ci sarà una "sintesi", senza dubbio.
Il mondo andrà avanti.
Qualcuno lo prenderà in culo.
Di certo non a Bruxelles, cara Candy.

Ed Elio?
Come fa a dormire la notte
con una supposta di venti chili
nel sedere!
Sul conto ha dieci euro.
Intanto Nax Falli fa la bella vita
a spese dell'asineria altrui.

Che devo fare con te caro Elio?
T'ho fatto conoscere persino Rigates.
Più di così non potevo fare.

C'era anche il mutaccio:
ha taciuto tutta la sera.
Se avessero stuprato una bambina,
è lecito supporre che non avrebbe
alzato un dito.
Che fine hai fatto vecchio trans...fuga?
Per quale labirinto s'è persa la tua mente?
Davvero i bui marciapiedi del predestino
e le figure ambigue degli "amigos"
segnarono così funestamente
la tua ragione?
La tua assenza ci costerna caro Fabrix.

Infine tu caro Arigates.
Regalandomi un momento
di tenera commozione,
m'ha fatto notare come,
nel bene e nel male,
la mia "presenza", incondita e rozza,
è stata sempre uno slancio di speme
per i quattro gatti che hanno avuto
la ventura di conoscermi.

E c'è in me, inoltre,
-come hai notato-
anche un lato oscuro,
uno slancio opposto
-parimenti terribile-
alla resa, alla maledizione,
ad una bestemmia definitiva.

Ma tu, Rigates, devi capirmi:
io sono un contadino
figlio di contadini siciliani.

Nella mia gente c'è il germe
della tribolazione,
eredità atavica del contadino,
figlia della lotta per la sopravvivenza.


Il "male" per noi contadini è sempre stato uno:
il potere, l'istituzione, lo stato, il governo:
sempre vessatorio e crudele;
sempre pronto a derubarci la prole
e il sangue per le sue sporche guerre;
sempre pronto a rubarci il sudore e il raccolto;
sempre al servizio degli sfruttatori,
di qualunque genere e colore.

Imparammo così
a coltivare un odio, metastorico,
uguale in ogni epoca e in ogni latitudine.

Da secoli vessati
e imbrogliati dal potere,
cessammo di credere alle
menzogne del potere.

Ed eccomi all'oggi!
Per questo io non credo
alle canzoni che vanno tanto di moda:
le sorti magnifiche e progressive
dell'europa unita, il libero mercato, la
globalizzazione, etc etc.

Queste belle canzoni le lascio
a Binda e a Candy
(e ai portaborse di Bruxelles).

Dov'è la vanga?
Ma non lo vedete, stolti?
Non vedete che sono io la vanga?

sabato 22 dicembre 2012

il baccalà di stregonella

Dio abbia misericordia di
Binda, il baccalà di Stregonella!

Io ti voglio bene, caro Binda.
Quando suoni Bach, quando ci illumini
con le tue nozioni di fisica quantistica
-assolutamente inutili ma affascinanti-,
quando baci i maschi e non te ne vergogni.

Ma quando ti occupi di etica...
che sciagura per le mie povere orecchie!
Con l'ingenuità d'un baccalà d'acqua dolce,
tu disquisisci di etica e moralità...
e i miei coglioni cadono, frantumati.

Vota per Bersani, caro Binda.
Esulta per la fulgida carriera politica
che attende il magistrato Ingoia
(il quale potrebbe pulire le latrine degli autogrill,
arrecando un concreto bene al paese).
Entusiasmati per i camerieri
dei banchieri.

Ma, prima di tutto ciò, caro Binda,
prima di parlare di etica e moralità,
studia un pò di più.
Studia gli esseri umani con lo stesso impegno
che hai profuso per il pianoforte
e la scienza.
La tua etica, forse, sarà più solida e meno ingenua.
Allora, forse, i miei coglioni non cadranno in pezzi
dinanzi alle tue disquisizioni.


Postscriptum :
i bambini della pizzeria (di quart'ordine)
sopravviveranno di certo
alle mie intemperanze.
La mia "etica", barbara,
non bada alle forme
nè si cura degli interlocutori.
Io vado dritto in mezzo agli occhi.
Io vado dritto in mezzo al culo.
Solo quando la mia freccia si spezza
faccio ammenda.

venerdì 21 dicembre 2012

enterprice

Episodio x:
riuscirà il nostro eroe
-"u russu", come lo chiama la signora Averno-
a scucire i ventimila dollari di credito
all'infame libertino
noto come Nax Falli?
In ballo non c'è solo il denaro:
in ballo, sopratutto, ci sono i "cugghiuna":
cioè il valore di un uomo.
 
Col cuore in gola
e il cazzo in culo
noi tutti speriamo nella riuscita
del nostro amico.
Ma da pessimisti col callo,
("quu pilu nchiant' a manu",
citando ancora la dotta signora Averno)
temiamo di no...
Temo che le cose
al nostro amico "russu"
siano andate come al solito:
male cioè.

L'ennesima busta con tre o quattro
pezzi da cento; chiacchere,
giustificazioni, recriminazioni, ricatti;
e infine qualche vana promessa
con acclusi gli auguri di buone feste.

E "Accussì a minchia torna n'casa,
china r'acqua
"...

La replica della puntata,
miei pazienti spettatori,
tra due o tre mesi:
u russu che vuol chiudere l'ufficio,
che non ce la fa, confuso,
eterno sodomita passivo della vita...

Vuoi davvero tutto ciò
caro Clusetti?

Smentiscimi, almeno una volta!
Tirami una scoppola!
"Ti sei sbagliato, diavolo d'un siculo!"
voglio sentirmi dire!
Voglio un Clusetti con la schiena diritta,
non più prono a questi turpi parassiti!
Basta fare elemosina a Nax Falli
o a quell'altra mezza tacca della Zuzetti!

In ballo c'è il futuro, non capisci?
Quando il babbo e la mamma saranno nella tomba,
i nodi, d'un tratto, verranno al pettine.
Un patrimonio solido,
senza la guida d' un uomo
che sa farsi rispettare,
va presto in rovina.

La debolezza rovina.

I parassiti e gli uccellacci
sentono l'odore del debole:
e vi si gettano, senza pietà.

Edifica un'alternativa gaia invece!
La Baldetti Geological Enterprice:
ecco un futuro!
Niente più falli, in tutti i sensi.
Una schiena dritta e una volontà salda:
nient'altro serve.

Se lo vorrai, inoltre, a tua disposizione
ci sarà un bracciante siciliano,
forte ed umile.

Egli sarà felice di stare al tuo fianco,
nel comune amore e studio verso la terra.

giovedì 20 dicembre 2012

ierofanie

Cos'è sacro?
E perchè questa domanda?
Perchè la domanda è eccitante;
perchè potrebbe esserlo anche la risposta;
e infine perchè il mio sadismo non può
che esercitarsi all'infinito.
Avete la stoffa per esso?

Lasciamo perdere i "gesù-cristari"
aut similia.

Il loro sacro è banale.
Mi interessa un altro genere di sacro.
Il mio per esempio.

Conoscete già la risposta
vecchi sporcaccioni.
Non vi sono dubbi:
per me è sacra la materia:
e solo quando da essa sgorga la gioia.
Tuttavia questa fonte, per conservarsi sacra,
deve rimanere lievemente occultata,
in penombra e a una certa distanza.

Mai accostarsi troppo ad essa, mai indagare
con la lente d'ingrandimento!
Essa si oppone all'indagine e all'indagatore:
chi le fa torto verrà sanzionato con la delusione e la morte.

Essa, per vendicarsi dell'occhio troppo avido e indiscreto,
si muterà in cosa: cioè in materia inanimata e inerte.
Essa cesserà di emanare meraviglia;
il muto dialogo della magia sparirà
sostituito dall'arido vuoto di parole spente...

Solo quando rimane scissa dal tetro occhio
della scienza, la materia è sacra.
Per questo sono sacre le vergini.

Oltre vi è l'omicidio: e il suicidio.
Scomparsa la magia,
fugato il sacro, voi morirete.
Morirete, nel deserto di una sapienza
sterile.

Un clidoride, un bell'ano, la scintilla delle pupille:
questo è sacro.
Sacrilega invece è la stupida nomenclatura delle cose,
il voler conoscere, esaminare, sviscerare.
Fatelo: e la Bellezza vi volterà le spalle, per sempre.

Perdendo il sacro si perde la vita.

Al pari di piante senza linfa rivolgerete un ultimo sguardo
al cielo.
Vorreste dunque tornare indietro?
Ne sareste in grado?

Solo al Sole è precluso il tramonto:
perchè esso risorge.

E voi, chi siete?
Sapreste tramontare?
Sapreste risorgere?

mercoledì 19 dicembre 2012

nomen

Di nuovo tra le tue braccia,
mia amata.
Solo tra di esse, candide, trovo pace.
Dal tuo seno mai cesserò di libare,
finchè tu me lo porgerai.
Ridiamo insieme nel caldo abbraccio
che la vita ci offre.
Fuori, l'umanità: disumana e immonda.

Incapace di futuro mi getto nel presente,
l'unica delizia sei tu.

Il traffico, il notiziario, incubi assurdi.

Futuro non ho.
Solo presente:
l'unica delizia sei tu.

Ma, se ne avessi uno,
porterebbe il tuo nome:
Madalina.

il tocco

In principio, è ovvio, non c'è l'uovo:
e nemmeno la gallina.
E allora cosa c'è in principio?
Una gallina principiata senza uovo?
Un uovo principiato senza gallina?
Oppure...oppure...
c'è semplicemente una pippa.

La pippa è un'abitudine principiante.
Essa infatti riveste la funzione, pragmatica,
dell'androgino:
di ciò che basta a sè,
di ciò che si appaga da sè.
L'androgino, cioè, è un mostro:
perchè non ha bisogno di nessuno.

Questo sogno, sgusciato dal bozzolo
dell'egoismo più cieco, fu il sogno di molti insigni pensatori.
Evola, Schopenhauer, Nietzsche, Stirner, il primo Papini,
-ma anche comuni mortali come Albi, Binda, il muto e A.r.-
ad esempio, si inebriarono della loro
"sufficienza".
E per conseguenza
-non c'è dubbio-
furono degli accaniti onanisti.

Qualcuno potrebbe obiettare, giustamente,
che l'androgino, se esistesse,
non si "accarezzerebbe" lì,
dove non batte il sole.

Quindi i nostri insigni pensatori,
incalliti "accarezzatori" di sè stessi,
proprio per ciò stesso non sarebbero stati
dei veri androgini...

Anche il Budda,
imbecille stanco e nemico della voluttà,
dovette toccarsi, più volte.

Possiamo immaginare questi "androgini",
comicamente,
al termine del loro "rito":
al termine cioè di una pippa qualsiasi.

Nell'angolo oscuro della coscienza,
in un cantuccio riparato,
essi dovettero registrare
il contraddittorio fallimento della loro "sufficienza":
lacuna, al culmine del rito,
da colmare...
magari pensando, con gli occhi chiusi,
ad un'ancella o ad una servetta delle pulizie,
o ad un discepolo giovine...

Ogni volta che tocca sè stesso
l'uomo scopre la propria insufficienza.

E' infatti il tocco dell'altro
che ci dà pienezza.

Così forse l'androgino
-l'essere pago di sè-
non esisterà mai.

L'invidia di un dio
per una volta fu benefica.
Zeus ci salvò da noi stessi.

lunedì 17 dicembre 2012

Bilbo

Bilbo è la metafora del coraggio.
Un coraggio la cui padronanza si acquisisce,
si affina ed elabora lentamente:
un coraggio, dunque, non innato.
Un coraggio innato, inoltre, possiede meno pregio e meno fascino.
Chi nasce già dotato di qualcosa, infatti, non ha merito alcuno.
Non deve conseguire perchè ha già:
e quindi la lotta e la fatica gli sono estranee.
Avere in dono non è nobile:
la conquista lo è.

Rispetto a Bilbo gli altri personaggi
sono imperfetti:
a causa, paradossalmente, della loro perfezione:
cioè della loro prevedibilità e compiutezza.

In loro è assente, -o non traspare con la stessa intensità-,
quel travaglio interiore che innalza il mezz'uomo
agli ardui compiti del sacrificio e dell'eroismo

Gli altri, cioè, sono già "pronti" al loro compito,
non devono cioè imparare ed esperire nulla
che non abbiano in qualche modo
già imparato ed esperito...

Gli elfi sono perfetti: la loro saggezza è compiuta
e matura, non richiede uno sforzo ulteriore.
I nani e gli umani sono sempre gli stessi:
la loro prevedibilità è logica, priva d'interesse:
perpetuamente in bilico tra il bene e il male,
tra la mediocrità e la grandezza.

Gandalf, al pari di degli elfi,
sprigiona luce; la sua eccellenza
rassicura.
Su di lui si può sempre contare.
Il suo contributo è perciò scontato.

(Idem per Galadriel: la dea, leggiadra,
incarna la Grazia e la Fortezza:
fedi inoppugnabili che solo
un essere supremo -cioè una donna-
può radiare).

Saruman (che tanto ci ricorda l'amato Stefano)
è la metafora del potere:
la smisuratezza che conduce al male.

Il Gollum, metafora della scissione,
patibolo dell'eccesso, è il ritratto deturpe
dell'avidità.

Insomma -e per concludere-:
una fiaba ha bisogno di ovvietà.

Ma l'ovvio può sedurre i fanciulli.

Amare il saggio Gandalf, il coraggioso Aragorn
o la incantevole Galadriel,
è un'operazione infantile:
meravigliosa e inutile,
perchè priva di fascino.
Essi, infatti, non ci deluderanno mai.

Bilbo invece è il personaggio meno ovvio di tutti.
Egli, cioè, è una scommessa.

Ma Bilbo, al contrario di noi tutti, è solo una fiaba.
E dentro lo schema d'una fiaba
è facile vincere scommesse.

sabato 15 dicembre 2012

il passo

Non crediate che le ferite del cuore
si rimarginino in fretta.
Perduti nel solco d'un labirinto
-nel labirinto che siete voi stessi-
la tentazione è di lasciarsi morire.

Ogni passo pesa come il mondo
e ogni direzione è buia.
Sopratutto siete soli:
dovrete contare su voi stessi.
Anzi, su ciò che resta di voi stessi.

Quando l'anima va in frantumi
è difficile raccogliere ciò che ne resta.
Eppure bisogna farlo:
raccogliere una per una ogni scheggia
e ricomporla, fino a ricreare lo specchio
che rifletteva la flebile imagine di un essere.

Guardatevi.
Siete ancora voi stessi?
E se lo siete:
perchè lo siete ancora?


L'umida sera penetra l'ossa.
Per strada guardo i ragazzi:
hanno la colpa d'essere innocenti.
Essi possono sognare.
Non invece chi è morto.
E chi è vivo ma è morto?
Di che sogni si liberà costui?

Egli vaga nel deserto.
La sua mano di fantasma, trasparente,
non trattiene nulla.

Volge al termine la sera.
Volge al termine la luna.
Volge al termine l'incanto.

Il piede barcolla.

Il volere vacilla.
E tu, mio interminabile nemico,
deserto cieco,
fa pure il tuo dovere:
scagliami la tua potenza,
inabissami se vuoi, per sempre.

Ed io, a me: "Un passo! e un altro ancora!"
Ed io, a te: "Un passo! e un altro ancora!"
Odi la risposta?
E fa pure il tuo dovere.

ultimo arso

Al burrino la vita era bella.
Le cose andavano bene, i clienti erano tanti, e generosi.
Il sole, lì, generoso, splendeva sempre:
o almeno così pareva a me, povero mortale.
Monteburalto, invece, fa schifo.
Di chi è la colpa?
Di Adriana?
Dell'inflazione sulle locazioni?
Oppure di Dio?

Una cosa, tristemente, è certa.
Non spruzzo più come un tempo.
Sono invecchiato. Sono depotenziato.
Per giustificarmi le dico che ormai sono "un vecchio impotente".
Lo infilo e vengo dopo cinque minuti, come un coniglietto.
Passano quaranta minuti e resto con un pezzo di gomma
inanimato, nonostante le premure dell'unica donna che amo.
Forse l'esecrabile colpa è dell'orologio.
Se avessi una notte
- una vita, anzi -
a disposizione!
Orologio: invenzione immonda!
La barbarie dei minuti deturpa il desiderio.
Io voglio eternità!
Io voglio assoluto!
Non stupidi ed esecrabili minuti!

E a rendermi inanimato e triste è la tua infelicità mia amata.
Come posso essere felice se non lo sei tu?
La mia anima è in frantumi, Madalina.
Per me è finita, questo fardello mi uccide.
Se non mi è concesso amarti, non mi è concesso nulla.
Perchè continuare?
Sei stanca di questa vita.
Eppure non vuoi districartene.
Non vuoi amar...mi.

Dinanzi a me solo nebbia.
Consumerò quindi le suole sui marciapiedi merdosi
di Monteburalto per scoprire un giorno, molto prossimo,
che ho amato solo un fantasma?
E questo quindi ciò che mi aspetta?
Tu mi abbandonerai mia amata.
Così è scritto.
E io, al pari d'un condannato a morte
che vuole sfuggire la morte,
io non cesso di lottare contro le catene del
destino,
non cesso di lottare contro l'assurda sentenza
che mi nega la vita.

Ecco, ora il pallido manto della nebbia è più fitto
che mai,
sento, come ghiaccio, la sua coltre
divorare la mia anima di fuoco.
Così, ghermito dal ghiaccio, sconfitto, morirò:
seppure ardendo, sino all'ultimo istante...

E' per questo che avrò vissuto.

venerdì 14 dicembre 2012

Averno

Salvatore Averno è un siciliano.
Nella vita reale, nel pragma quotidiano cioè,
è un umile bracciante disoccupato,
che saltuariamente "travagghia" per un geofita dalla barba ispida e rossastra.
A quarant'anni Salvatore viene colpito da un ictus cerebrale e finisce in coma.
Si ritrova così, del tutto inopinatamente, nell' "aldilà", come visitatore
temporaneo -ed estemporaneo-,
non essendo ancora giunta la sua ora.
Guardandosi attorno, Salvatore si accorge di essere finito all' "inferno":
o almeno in ciò che sembra essergli tale.
Questo "inferno", infatti, presenta i caratteri tipici, cioè "moderni"
di un dormitorio confinato alla
periferia di una grande città, nella fattispecie di Roma:
palazzoni squallidi e grigi, puzza di smog,
feci di cane sui marciapiedi simile a glosse
di un incubo,
bus della atac colmi di infelici dai volti sfuggenti...
La zona, cioè l' "inferno", si trova in via Monteburralto,
prati fecali, pardon, fiscali:
ma potrebbe essere uno qualsiasi degli infiniti e abietti
dormitori di Roma, il predestino, il casilino, etc. etc.

A un certo punto, in mezzo allo smog, al traffico,
ai pendolari dal volto fugace e infelice,
alle feci di cane sparpagliate sui marciapiedi -
a un certo punto, mentre Salvatore, stordito,
cerca di comprendere il caos che lo circonda,
gli si fa avanti P., un poeta estinto,
massacrato a Ostia l'anno in cui nacque il bracciante
siciliano, ora in coma.
"Ma , tu, tu, sei P.!" esclamò il bracciante.

"Si, Salvatore. Io sono P.
Lo so, in questo momento, mio caro, vorresti
essere a Sabaudia, sull'arenile, a guardare il mare
di gennaio in compagnia di un amico o di Madalina,
stringendole e riscaldandole la mano.
Vorresti guardare in faccia la burrasca, battuto
dall'impeto del vento: e trovare lì la fonte
di una forza imperitura, che tu, confusamente,
chiami "Amore"...
Tuttavia ho un compito.
Cioè ho un dovere, nei tuoi confronti.
Io devo insegnarti cosa è l'Inferno; e cosa è il Paradiso,
perchè è ora che tu li comprenda, entrambi...
Il purgatorio, semplicemente, non esiste:
è una finzione, cioè un'invenzione dei preti.
L'inferno, invece, è reale.
Come questo dormitorio.
Tuttavia non è sufficiente riconoscerlo.
Bisogna fare di più: combatterlo tutta la vita,
opporsi ad esso, cercare di sconfiggerlo.
Solo lottando contro l'Inferno, infatti,
non si diventa l'Inferno.
Viceversa chi si arrende all'Inferno diventa l'Inferno.
Naturalmente, come puoi intuire, questa lotta, titanica,
non ha garanzia alcuna;
anzi l'insuccesso è quasi la regola.
Ma tu, mio caro, non hai scelta:
e non hai scelta perchè non vuoi scelta".

"E il Paradiso? -domandò il bracciante-
Cosa devo sapere a proposito di esso?"

"Il Paradiso devi scoprire tu cosa è.
E, una volta scoperto, devi custodirlo.
Esso, infatti, non è perenne.
Anzi: il Paradiso è fragile e sfuggente, come le ali d'una farfalla.
Questo è ciò che devi sapere intorno ad esso."

"Ho finito Salvatore.
Non mi resta quindi che congedarmi; e sperare per te."

Così dicendo il poeta si voltò, scomparendo.

Salvatore uscì dal coma.
Aperse gli occhi, quindi.
Ora era lì, da qualche parte, sull'arenile,
sferzato dal vento gelido di gennaio:
solo, naturalmente, come sempre nella sua vita,
a contemplare per l'ennesima volta l'ululio del mare.
"Cosa voleva dirmi il Poeta mentre ero nel Limbo?"
"E tu, Mare
-gridò-
cosa hai da dirmi che ancora non so?
cosa hai da darmi che ancora non ho?"

"Mare, ruggito di vento,
io non ho limbo,
io non so vivere d'oblio;
io, maledetto,
sono maledetto, come te;
e la mia rabbia è la tua.
Ruggito di vento,
sputo salmastro,
turbine di sabbia...
sabbia, sabbia,
solo sabbia
che si perde
senza sosta
nell'infinito
del mio nero orizzonte..."

martedì 11 dicembre 2012

Gea (due albanesi)

Sono forse albanesi quei due Cristi all'interno
di un ducato bianco del 93?
Uno, dal viso rubicondo e con una barba rossastra
e ispida fa il geofilo; l'altro, parimenti bello,
sembra essere uscito da Dacau:
con un capo spelacchiato e tondo simile ad una palla da biliardo
da cui si allunga un naso appuntito e sgraziato come quello di un negro,
egli pare...Pinocchio, il burattino di legno.
"Pinocchio" è un meridionale e fa il bracciante.
Se fossimo razzisti -e anche un pò classisti-
da quegli elementi estetici e somatici dovremmo dedurre
una quasi automatica e oggettiva inferiorità sociale e culturale
dei due "albanesi" poc'anzi descritti.
Tuttavia, un dato sociologico "istituzionale"
-cioè formale e conformista-
impedisce di annoverare i due Cristi alla teppaglia.
I due, infatti, hanno una laurea:
un pezzo di carta,
mero riconoscimento esteriore,
con cui bisognerebbe far toletta:
e che invece, nella coscienza psicologica della massa
-coscienza "falsa" e ingenua ovviamente, perchè scambia la "forma"
per sostanza e perchè vive e prospera di specchietti per le allodole-
assurge a simbolo di "redenzione" e superamento
di un precedente stato esistenziale vissuto con vergogna,
al pari d'una barbarie o un'infamia...
(Pasolini avrebbe detto che non una laurea "eleva" l'uomo,
bensì un reale amore verso la cultura...
Ma io, purtroppo, non sono Pasolini:
e devo quindi mettere in discussione,
-cioè vivisezionare con il bisturi dell'analisi critica più spietata-
anche questo asserito "reale amore verso la cultura"...).

Ma torniamo ai due "albanesi" laureati...
Pinocchio, il bracciante meridionale,
pagato alla giornata,
assiste il barbuto geofita, suo "principale";
il geofita, uomo onesto e diligente, a sua volta
lavora sovente per conto di un certo Nax Falli,
degenerato sessuale e "malupaturi",
debitore moroso e arraspatore di centesimi.
Nax Falli, quarantenne di bell'aspetto
con baffini brizzolati
-fatti crescere appositamente per "stuzzicare"
i clitoridi di donne anziane-,
copula con "pregnant" all'ottavo mese di gravidanza
e pratica la sodomia attiva con signore divorziate.


Nei confronti di questo Nax Falli,
il geofita -a causa forse d'un complesso d'inferiorità-
ha accumulato crediti inevasi per circa XXX dollari...
Pinocchio, il bracciante meridionale,
-vicino moralmente all'eversione contro
il sistema della finanza e del capitale-
incita con fervore il geofita a riscattarsi
da questo Nax Falli; ma senza risultato purtroppo.
Il geofita, infatti, è alla mercè di Nax Falli,
al pari di un topolino nelle fauci di un gatto.
Ma non disperiamo: un giorno forse
l'albanese leggerà Marx; oppure si comporterà come
se lo avesse letto...

Il geofita ama il proprio lavoro:
cioè ama la terra.
Le sue mani, tozze, screpolate e rugose,
-la cui vista ributtante produrrebbe senz'altro lo svenimento
di qualsiasi donna dell'alta società-
testimoniano di questo amore profondo e verace:
egli non cessa di "copulare"
-cioè di dialogare-
col limo, con le argille, con le sabbie, col tufo:
e questo dialogo, questo studio, questa "copula",
lo mette in diretto contatto col Creatore...
Ecco quindi la verità:
il geofita è un mistico,
ma la sua "mistica",
paradossale e materiale,
anzichè sgorgare dall'ottenebramento dei sensi,
scaturisce dalla "mesticanza":
cioè dalla religiosa manipolazione, penetrazione
-e masturbazione-
di Gea...

I due albanesi, "u russu" e Pinocchio,
ricoperti di fango e coi piedi umidi,
(probabilmente visti con disprezzo classista
presso l'alta borghesia e i "laureati"

in giurispochezza o economia e monnezza)-
i due albanesi
andranno per la loro strada, partendo verso le sette
del mattino a bordo di un ducato usato del 93.
La loro "strada" è solo una: la terra.

E la terra, cioè Gea,
un giorno,
forse,
li ricompenserà.

sabato 8 dicembre 2012

Maldiva

Che fine ha fatto Albi?
Non mi telefona più e non nego che un pò
mi manchino le nostre pomeridiane chiacchierate futili.
La condotta di Albi assomiglia molto a quella
di un "ragioniere" di qualche post precedente.
Tuttavia, questo grigiore
-questo permanente
orizzonte piatto e grigio, metafora
di un uomo che ha abdicato-,
questo grigiore mi dona serenità e pace interiore.
A furia di cincischiare con quest' uomo grigio ma pulito
(pulito nel senso che non è infetto dalla boria tipica
degli altolocati nè condivide gli appetiti infimi
dei parvenus e delle infelici schiere degli arrampicatori sociali)
ho imparato ad apprezzarlo:
perchè so che sotto quel cielo grigio, c'è un sole
svogliato, fiacco, timido, che non vuole uscire fuori,
facendo torto a se stesso...

Un sole c'è vi dico; e ogni tanto fa capolino.
Come spiegare altrimenti il suo "affetto" per Binda o
Patrizio Gucci?
Avete mai visto un alto borghese interessarsi
alle sorti di un demente o di un matematico stravagante?
(Lo stesso discorso vale, con tutte le differenze, per Rigates:
tuttavia Rigates il suo posto nell'aristocrazia borghese
se l'è guadagnato non attraverso l'eredità del sangue
-poichè le sue origini sono popolari-
o attraverso qualche raccomandazione, come ad esempio Gonti,
bensì attraverso quelle capacità tipiche
dei "vires", degli spiriti eletti, di coloro che il fato destina all' Imperium
di sè e del mondo...).

Serenità e pace interiore ho detto prima.
Serenità perchè il vecchio frac è quasi sempre sereno.
Certo, a volte il frac si adira per dei nonnulla
al pari di un impubere
(come ad esempio quella volta che un vecchio
gli lasciò del fetore d'ascella nell'auto).
Ma per fortuna i turbamenti gli passano presto.
Inoltre quando si è in compagnia di Albi
il gozzo e la saccoccia degli astanti stanno al sicuro.
Egli, con la lestezza dei cavalieri medioevali quando
si stracciavano il manto per donarlo ai poveri,
apre il portafogli e compie un gesto automatico,
forse inconsciamente classista.
Gli altri, cioè i suoi quattro amici, sono infatti oggettivamente
"inferiori" a lui poichè appartengono
ad una classe sociale inferiore, cioè
alla piccola e medio borghesia.

Certo, tale conclusione, maliziosa,
-che per buona creanza andrebbe taciuta-
potrebbe turbare qualche baccalà:
ma a me piace "turbare" le coscienze con ipotesi
più o meno verosimili;
e mi piace anche la malizia...
Ma tutto questo lo sapete già.


Da ultimo, caro Albi, devo farti una confessione.
Elio, il malizioso, mi incalzava affinchè mi occupassi del tuo "caso".
E così, per amore, lo accontentai.
Ora, serenamente, potrai scartare il panettone con Candy.
E prepara la valigia, mi raccomando, perchè la Maldiva t'attende.
Buon Natale, vecchio frac.

giovedì 6 dicembre 2012

lo zio

Ah Elio! Elio!
Avessimo tutti una nipotina tredicenne d'amare!
Di un amore esaustivo, volesse Dio:
e quindi anche carnale!
Già vedo i mostri, i ben pensanti, puntarni l'indice addosso:
ma i mostri, cari ben pensanti, siete voi, aridi e senza cuore,
schiavi disumani di quell'imbecille libro che è il codice Ricchio!
Il vostro ossequio alle leggi è ributtante, farisaico.
Il vostro non è amore: è gelosia, turpe egoismo.

Un libraccio compilato da un fascista represso stabilisce un'età:
e gli idioti, cioè la massa, vi si confermano e conformano.
Ma lasciamo perdere: non voglio perdere la calma.
Le premesse erano altre.
Torniamo a te caro Elio: anzi a tua nipote.
Tu, cara G., stai crescendo, con la febbrile e brutale fretta che
impone questa lurida era consumistica.
Tu fremi, incalzata dall'esempio coatto e volgare della
tv, delle rivistucce per sgualdrinelle senza cervello e da infernet.
Tu quindi non vedi l'ora che il tuo tenero imene venga dilacerato
da qualche bruto con l'orecchino e marchiato di tatuaggi.
Ah quanto triste sarà scoprire la verità, mia povera G.!
Quel bruto alla Corona's, così diffuso nei licei e nelle scuole medie,
laido esempio di cinismo e volgarità, collezionatore
miserevole di coiti, egoista e bieco,
soddisferà i suoi istinti
su di te, mia amata G...
Successivamente il bruto si allontanerà, come da copione,
in cerca della prossima preda.
Questo è il triste carosello dei mammiferi, cara G.
A questo punto, sempre seguendo le leggi del carosello,
mia povera nipotina, affranta e delusa, svilupperai
-in contraddizione con quel bisogno di affetto e amore che nutre
ogni essere vivente-
un concomitante e generalizzato rancore verso il sesso maschile...
Le conclusioni, saranno quindi due, una alternativa all'altra
oppure una conseguente all'altra.
La prima, terribile, è che tu diventi una repressa, terrorizzata
dallo scacco reale che ogni tuo possibile amore risulti deluso.
Quante povere donne hanno sacrificato il loro piacere
sullo stupido altare della fobia!
La seconda ipotesi, altrettanto terribile, è che tu ti "mignottizzi":
cioè che tu assuma gli stessi orrendi connotati dell'aguzzino
maschio che in principio t'ha fatto soffrire:
e quante se ne vedono di queste sgualdrine gratis, feroci e ciniche!
Cercano cazzi con cui godere: e questa, di per sè, è una cosa
nobilissima e meravigliosa per qualsiasi donna;
il problema è che, al pari dei Corona's, queste disgraziate
vivono questa ricerca con un senso di supremazia e rivalsa
che alla fine rovina tutto.

Esiste infine una terza ipotesi mia cara G.
Ma bada, essa è un'ipotesi rara:
pertanto diffida da chi te la designa come un'ovvietà.
Questa ipotesi è che di te si innamori e ti ami,
con un amore reale e continuo, un uomo qualsiasi.
In questo caso, davvero fortuito, mia cara G.,
non dovrai preoccuparti:
perchè non diventerai nè una repressa nè una cinica egoista.
Si, cara, G.: ho detto un uomo "qualsiasi":
eppure speciale e unico, almeno per te.
Un uomo qualsiasi eppure speciale:
come lo zio Elio.

il soffio

Quando non si ha più niente da dire
perchè si è detto tutto
- "tutto" inteso come l'insieme finito delle proprie infime ambizioni -,
sarebbe il caso di tacere; e per sempre possibilmente.
Così io spero di tacere
-cioè di smettere di scrivere questo mediocre
diario- per sempre.
Perchè?
Perchè ho detto "tutto"; e quindi non posso che ripetermi.

Devo perciò chiarire a me stesso che senso e valore abbia questo ripetermi.
La risposta è semplice: il senso di questo ripetermi, l'unico senso ammissibile,
è quello di ribadire -e tal volta sedare- un'angoscia;
il valore di questo ripetermi è...nessuno: esso semplicemente non c'è, non esiste.

Qual'è il valore di una ripetizione?
Solo il sole e la bellezza del creato hanno il diritto di ripetersi indefinitamente:
e infatti del tramonto o della risacca non ci si stanca mai.

Repetita iuvant: falso!
Repetita iuvant solo a chi è sordo o a chi è ancora bambino.
Chi è adulto e ci sente bene non ha bisogno di sentirsi ripetere la lezione:
chi ripete filastrocche è solo un impotente, al più un demente.

La parola ha diritto d'esistere una sola volta:
come un uomo ha il diritto d'esistere una sola volta.
Ma la parola, questa maledetta sirena,
vuole vivere in eterno:
come vogliono vivere in eterno, scioccamente, gli uomini.

Frequenterò sempre questa prostituta perchè la amo troppo.
Tuttavia per amare bene bisogna amare con austerità.
Bisogna vedersi poco, sapendo di violare il codice.
Al pari di una prostituta, infatti, la parola è stata "usata" da tutti,
è stata pronunciata da tutti, persino dai più indegni.

Perciò, quando essa sarà lì, sul letto, nuda, prostrata
dinanzi a voi, miracolosamente di nuovo vergine
della sua bellezza originaria
perchè vissuta nell'intimità del vostro stupido destino,
dovrete onorarla col silenzio.

Io, povero sciocco, continuo a parlare:
e quindi a farle torto.

Ma non dispero, mia amata.
Imparerò ad amarti, un giorno.
Quel giorno, finalmente, imparerò a tacere.
Il tuo soffio, fatale e maestoso, mi condurrà altrove.

mercoledì 5 dicembre 2012

il ragioniere

Adelio Donasi è un giovane ragioniere
che conduce un'esistenza grigia, sterile e monotona.
Di formazione cattolica, seppur improntata ai dettami più
razionali e illuminati di una moderna educazione laica e borghese,
a tredici anni Adelio diventa ateo: forse a causa di una
esperienza erotica andata male.
Questa esperienza erotica "andata male"
-probabilmente la molestia sessuale di un'estraneo-
minò per sempre la fiducia di Adelio nel prossimo.

Dal momento in cui perse fiducia nel prossimo,
Adelio, al contempo, -e con maggior veemenza- perse
fiducia in tutto: nelle istituzioni, nell'autorità civile,
nella famiglia, nel Padre eterno
e così via.

Figlio di un importante manager, Adelio avrebbe potuto
senza difficoltà farsi "imbucare" dal padre all'interno
dell'ente da quest'ultimo diretto:
tuttavia a causa della predetta sfiducia e repugnanza verso
ogni genere di riconoscimento e responsabilità morale e civile,
Adelio rinunciò a svolgere incarichi di prestigio e remunerativi,
scegliendo l'umile carriera di impiegato come ragioniere
in una ditta di carta igienica (che ben presto sarebbe fallita).

Adelio, invecchiando, diventa un mostro di cinismo:
pratica quasi esclusivamente l'onanismo,
disprezza le donne, gli animali, i bambini,
i meridionali;
tuttavia egli sa occultare il suo dispregio interiore
-frutto, come si è detto, di quella profonda, maledetta
perdita di fiducia nel prossimo-
con una raffinatissima ipocrisia di maniera:
elargisce cospicue donazioni ai poveri,
mantiene esteriormente un atteggiamento socievole e mite,
professa -falsamente- idee liberali e tolleranti...
La sua indulgenza è di facciata:
dettata cioè dalle contingenze storico sociali dell'epoca in cui
vive -epoca in cui la tolleranza e l'indulgenza vanno di moda- :
se fosse vissuto nel medioevo o nell'antica Roma,
nei panni di un signorotto o di un imperatore,
non avrebbe esitato a realizzare le proprie brame
senza nemmeno l'ombra di uno scrupolo morale
(per esempio, non avrebbe esitato a stuprare e ingravidare
una serva, facendola successivamente giustiziare, insieme al feto,
qualora la disgraziata gli avesse arrecato il minimo intralcio...)

Privo di sentimenti, avviato ad un'estinzione anonima e blanda
(sopra la sua lapide si sarebbe potuto appore il seguente epitaffio:
"qui giage A. D., uomo insignificante e senza speme,
ragioniere in una ditta di carta igienica"),
Adelio non immagina che un giorno il diavolo (o il caso?)
decide di interessarsi al suo "caso", rendendolo più interessante...

Un bel giorno una pazza bussa alla sua porta.
Adelio apre la porta e dinanzi gli compare una donna
mai vista prima con un pancione di almeno otto mesi.
"Qui dentro c'è tuo figlio!"
"Come scusi?"
"Qui dentro c'è tuo figlio!"
"No guardi, dev'esserci un errore...io non la conosco..."
Adelio le sbatte la porta in faccia.

Un mese dopo la pazza partorisce (una bambina)
e tramite un avvocato d'ufficio trascina Adelio in tribunale
per il riconoscimento di paternità.
La pazza chiede gli accertamenti ematici e genetici:
e Adelio suo malgrado vi si sottopone, ritenendo serenamente
che si tratti una beffa...
Qualche tempo dopo giungono i risulati:
il sangue della bambina è lo stesso del ragioniere, il dna pure:
non c'è ombra di dubbio: Adelio è il padre naturale!

Sul baratro della disperazione, Adelio non sa che fare.
Terrorizzato dall'idea di dover mantenere e curare
un'estranea uscita dal grembo d'una demente,
Adelio vorrebbe ammazzare entrambe, mamma e figlia.

Alla mamma ci pensa il caso:
la demente muore tre mesi dopo il parto, investita da un'autotreno
condotto da un ubriaco albanese.
Per disgrazia -o per fortuna- la demente non ha parenti nè amici:
così la bambina viene affidata alle cure esclusive del ragioniere.
Terrorizzato dall'idea di cambiare pannolini e trascinare passeggini,
Adelio, risoluto nel liberarsi dall'infelice fardello, dopo qualche notte insonne
escogita una soluzione diabolica e mostruosa:
sopprimere l'innocente creaturina soffocandola con un cuscino,
gettarla, celata dentro un sacchetto, in un bidone dell'immondizia
e infine denunciarne la scomparsa alle forze dell'ordine:
scomparsa riconducibile ad un rapimento ad opera di zingari o gentaglia simile...

Il piano sembra perfetto: non resta quindi che attuarlo.
Apprestandosi pertanto a perpetrare l'orrendo crimine al ritorno dal lavoro,
ancora una volta Adelio non ha fatto i conti col diavolo (o col caso?)...
La bambina non è in casa, è scomparsa!
Davvero qualcuno l'ha rapita!
Sbalordito -anche se, in cuor suo, lieto di quella assurda
semplificazione offertagli dal destino-
il ragioniere si reca dai carabinieri a denunciare la scomparsa della figlia...

Nessuno seppe che fine fece la povera "figlia" del ragioniere.
Forse fu rapita dagli zingari; forse diventò una battona; forse morì.
Si seppe, invece, che fine fece il ragioniere.
Egli, vecchio e solo, si spense nelle fredde coperte del suo letto.
Non ebbe nè il tempo nè la voglia di pentirsi dei suoi peccati.
Non conseguì la salvezza, questo è certo, qualunque cosa voi intendiate
per salvezza.
Non conseguì l'inferno, questo è certo, poichè la sua vita,
negazione di ogni amore, fu il suo stesso inferno.
Il diavolo, questo è certo, avrebbe voluto salvarlo.
Ma non ci riuscì.


(Finale alternativo, da leggere solo in caso d'emergenza:
solo nel caso cioè che il vostro verecondo cuore non sopporti
la delusione come orizzonte logico degli eventi.
Il ragioniere adotta la bambina e impara ad amarla.
La bambina si innamora del "padre", seppur anziano,
di un amore totale: quindi anche carnale.
I due si congiungono,
con una tenerezza che sfida le stupide leggi degli uomini.
Il ragioniere adempie il suo ultimo coito con la "figlia"
poco più che adolescente.
E infine spira, redento da ogni peccato,
scaldato dal tiepido sospiro della
fanciulla...)

martedì 27 novembre 2012

A Rigates

E così, caro Rigates, anche tu segui questo
blog da due soldi!
Naturalmente il piacere di averti come lettore è immenso:
pur tuttavia so bene che rimarrai deluso, per una serie di ragioni
intuibili.

Innanzitutto qui non si parla di materie a te congeniali:
la giurismonnezza e l'informatica mi fanno venire l'orticaria
e pertanto le ho bandite come si bandiscono le cose inutili.

In secondo luogo, ahimè, qui non troverai nè poesia nè prosa
di pregio, non essendo io nè un poeta nè un prosatore.
Potrai trovare, raramente, se sarai fortunato, qualche mistificazione
più o meno riuscita di ciò che è davvero poesia o prosa.
Certo, una mistificazione poetica ben riuscita
potrebbe persino perdere il proprio carattere mistificatorio
e ricevere il crisma di poesia: ma a me tutto ciò non interessa.
Io mi accontento dei miei "falsi" letterari così come sono:
autenticamente inautentici.
Perchè ti domandi?
Perchè questa inautenticità?
Ma è semplice caro Rigates!
Perchè tutto è già stato detto!
E quindi, non si tratta d'altro che di rimescolare la solita zuppa.

Terzo: qui di Nietzsche non troverai nemmeno un'unghia.
Egli fu un povero demente che buttò dalla finestra la sua vita.
Invece di sborrare fighette si bruciò il cervello con inutili seghe mentali:
la superminchia, l'eterno finocchio, la volontà di patonza...
Certo, conosceva l'arte di incenerire l'anima con le parole:
un dono supremo...ma se poi l'arte non si fa azione e vita,
marcisce nell'oblio delle biblioteche.

L'arte è poca cosa.
Sopratutto l'arte è inutile.
L'arte nel migliore dei casi è una pregevole scopiazzatura della realtà;
nel peggiore dei casi è una mediocre scopiazzatura della realtà.

Vedi, mio caro Arigates,
ancora una volta ti ho deluso.

Eppure sappi, caro maestro,
che ancora oggi ti eleggerei mio Duce;
e, tra tutti gl'infelici esempi dell'umana stirpe,
solo a Te,
io, gaio e libero,
concederei il mio libero inchino:
come a quello che si rivolge a un padre,
come a quello che si rivolge a un dio.

il vecchio frac

Che bilancio fare dopo un anno?
Un anno fa scrivevo storielle delusorie, con una teleologia chiara e perversa.
Il fine era stoico, "schopenauriano": rafforzare me stesso attraverso la continua scoperta
del Male, la continua esplorazione e riproposizione di modelli destinati all'insuccesso.

A furia d'insuccessi, camuffati di teorie ed esempi stravaganti,
pensavo ingenuamente che mi sarei abituato all'idea fatale della caducità.
Quasi fanaticamente mi scagliavo contro ogni ottimismo:
esso andava bandito, perchè intrinsecamente legato al suo opposto.

Non so se cercavo di distillare il cinismo allo stato puro,
come calmante e balsamo alla mia sensibilità.
Forse si: cercavo una stasi, un'insensibilità come rimedio ad una
sensibilità estenuante.
Per fortuna, seguendo -seppur a tratti- la via della mano destra,
ho compreso la mia inconciliabilità con ogni forma di cinismo.
Posso amare, odiare, ma non restare indifferente.

Per fortuna quella strada pericolosa mi condusse altrove.
Al burrino.
Mi innamorai.
Il resto è cronaca.

Il contributo di Elio in tutto ciò è stato determinante.
Ma anche questa è cronaca: e il modo migliore per ringraziare Elio
è ripagarlo con una leale amicizia.
Certo: ci sono stati eccessi ed abusi da parte mia.
Ma chi non sbaglia?
Il breve accanimento, ad esempio, nei confronti di Alfia Dorelli
fu dettato da una legittima difesa pro Elio contro la feroce e isterica
persecuzione moralistica di Alfia.
Quando ella scoprì che l'amato geometra scopriva il piacere
con altre donne, seppure a pagamento, il demone della gelosia
la possedette.
La reazione di Alfia fu ignominiosa.
Doveva forse, il povero Elio, andare avanti tutta la vita a seghe, cara Alfia?

Forse oggi, cara Alfia, hai compreso il tuo errore,
la tua mancanza di amore e di pietà verso due poveri cristi
come me ed Elio.
E, ahimè, fosti ripagata con la tua stessa moneta!
Mi auguro con tutto il cuore che tu possa scrollarti di dosso
per sempre l'infelice abito di una sessualità repressa
(quanto sarebbero utili in situazioni come queste i Leuti e Rigatella
di un tempo!)

Infine Albi.
Mi telefona quasi ogni giorno, come una fidanzata.
Vuole sapere tutto, ogni dettaglio, ogni coito con Anemona o Madalina...
Parliamo sempre della stessa minestra, con una monotonia raccapricciante.
Sembra quasi che Albi sia nato stanco, stufo, semi moribondo,
affetto da una senilità e da una sterilità congenite.
Davvero a nessuna salvezza può attingere?
Davvero l'istinto di morte freudiano ha preso il sopravvento in lui?
Con quei muscoli d'acciaio potrebbe mettere in ginocchio il mondo!
Potrebbe avere mille donne bagnate al suo fianco e invece che fa, desidera che
l'aereo per le Maldive precipiti!

Orsù vecchio frac!
Davvero pensi che marcire nella fossa o in fondo all'oceano
sia la soluzione migliore?
Reimpara a gioire, con qualsiasi mezzo!
Solo questa è l'unica salvezza.

lunedì 26 novembre 2012

l'aereo

Il caro Albi si annoia:
si augura che l'aereo per le Maldive si schianti e finisca tutto.
La vita gli appare effimera, priva di senso.
Eppure, con Candy pare che sburi discretamente...
Non basta quindi una bella donna al fianco per rendere la vita meno amara?

Non compete certamente a me, umile materialista, indicare soluzioni alla Noia:
tali soluzioni, ammesso che esistano, sono sempre personali e quindi
il loro valore non può che essere relativo...
Cioran, ad esempio, torturato dalla Noia, sempre sul punto
di schiacciare il grilletto, divenne poeta...
poi, a quasi ottant'anni si innamorò d'una fighetta
e la noia gli passò!
Per tutta la vita l'imbecille aveva disprezzato la vita;
infine, giunto al capolinea, prese a desiderarla con l'ardore
degli invasati...

Un altro insigne esempio potrebbe darcelo Elio:
egli non conosce noia perchè non è avvizzito interiormente
(come Albi );
la sua vitalità lo costringe sempre a fare qualcosa, anche d'inutile.
Il risvolto della medaglia, purtroppo, è un'ansia costante,
una certa fobia di fallire, un senso d'insicurezza, un'insoddisfazione postuma...

Anche Arigates e Binda non conoscono la noia:
i loro cervelli superiori viaggiano a duemila 
- e seppure abbiano le palle quasi risecchite-
trovano sempre un'occupazione alla loro intelligenza.
Chi ha una passione è invulnerabile alla noia.
Magari non spruzza (Binda, Elio) o spruzza così così (Rigates).
Ma è davvero così importante spruzzare?
Una suonata di Chopin val davvero più d'un'Anemona?

Anche A.r. pare non conoscere la noia.
Passeggiava nel nulla, tra le bancarelle d'un mercatino domenicale,
con una giacca di pelle,
forse in cerca d'ispirazione per qualche quadro.
Io, nei suoi panni, mi sarei già suicidato.
Ma, per fortuna, A.r. non è me.

E io?
Io sono abbastanza folle da illudermi che bastino
Madalina e una matriciana a vincere il tedio
e ad alleggerire il fardello.

Così, mio caro Albi, passa la vita.
I tuoi muscoli d'acciaio -che tante signorine fanno bagnare-
non hanno ideali per cui immolarsi.
Perciò che finiscano in pasto ai pesci dell'oceno pacifico
poco ti importa.
Questa, mio amato, è la disgrazia:
non amare nulla, non credere in nulla.

Eppure sappi, per quanto poco ciò valga,
che qualcuno oggi ti vuole bene;
e qualcuno un domani forse te ne vorrà ancora.

L'aereo atterrerà, caro Albi.
Guarderai il tramonto da un'amaca,
il mare che inghiotte lentamente il sole,
rosso come un tuorlo d'uovo.

Forse sarai felice.
Non è impossibile.

domenica 18 novembre 2012

la vela

Che giornata!
Si, si, lo so: sarebbe stato bello concluderla in un letto
scaldando i piedini ad Anemona o a Madalina o a una qualsiasi bella adolescente-
anzichè stringere la mordacchia e ricadere nella gelida solitudine delle coperte!
Ma quel giorno verrà, ne siamo certi.
Si scalderanno piedini e si spruzzerà dentro, forte, senza guanto nè timore.
L'angoscia, il mal di vita, a quel punto spariranno, prosciugati dalla Fede e dall'Amore...
Paladino della Delizia e dell'Illusione eterna,
mi immolerò soltanto al mio unico dio: l'Adolescente.

Nel frattempo si lotta per la gioia, come insegnano i poeti.
Andiamo in barca a vela al Circeo -sacro pube d'Artemide-
con Albi, Binda, Rigates, Candy e Maximilian, zio di Albi.
Maximilian, armatore d'eccezione, vincitore di innumerevoli regate,
costruttore di barche a vela, anziano
lupo di mare cui sotto le spesse rughe da marinaio si sprigiona una vitalità sanguigna
e ferrea, ci conduce a zonzo per quel pezzo di costa che congiuge il Circeo a Sburracina.
Il vecchio marinaio, alternando ordini a spiegazioni tecniche, ci narra le sue gesta, la circumnavigazione del globo in quattro anni con la barca a vela costruita col suo ingegno e col suo sudore, le usanze degli aborigeni, i pirati di Panama e mille altre amenità.

All'appello mancano Elio e Barnaba:
sopratutto Albi si duole dell'assenza del Patucchi, al pari di un imperatore
anemico e negletto che per vivere ha bisogno di giullari ilari.
Sullo sfondo grigio Zinnone, Ponza e Palmarola -il cui profilo ricorda il dorso
d'una balena- ci rammentano la bellezza terribile del mare.

Verso le tre mandiamo giù per il gargarozzo
una focaccia farcita con salame piccante e formaggio,
innaffiandola con un ottimo sbrunello di Montalcino.
Infine, stanchi ma paghi, torniamo al porto, ormeggiamo
e una pioggerella comincia a cadere.

Il tempo d'un caffè e due ciambelline all'anice ed è già buio.
Salutiamo Albi e la sua nobile famiglia e ce ne andiamo, un pò malinconicamente.
(Almeno io: del resto come si può restare privi di malinconia quando
nel gelido letto ci attende la solitudine e non l'amoroso abbraccio
-i piedini, il collo, i capelli, le labbra- di una adolescente?)


Binda, maestro di scuola media, fermo allo stadio contemplativo del desiderio carnale,
ci parla delle sue giovani alunne che gli turbano il sonno...
Osserva, commenta... e non spruzza, quasi a causa di un'infermità mentale non dissimile da quella che ha colpito Patrizio Gucci...
Arigates, contagiato dal virus Barnaba, assestatosi a livelli sburatoriali non eccelsi, si accontenta...

Per fortuna, a dare speranza a tutti, c'è Elio:
ha una vita davanti
e tante delizie da scoprire.
Purtroppo, qualche volte, fa cilecca:
come ieri sera con Madalina.
Colto da un panico irrazionale (la fretta, il guanto, le dimensioni
non taurine del membro) ha combinato qualche pasticcio,
facendo arrabbiare Madalina...
Ma non è nulla di grave caro Clusetti!
La fretta non deve esistere, i guanti vanno gettati in faccia alla fobia!
Impara a far godere: solo così godrai.
Questa è la lezione più importante.

Al ritorno da Montesburalto prendiamo due birre
e andiamo a casa di Elio a farci due spaghi.
In una padella ampia mettete olio extravergine d'oliva,
aglio a pezzetti, una dozzina di pomodori ciliegini senza buccia
spaccati a metà, pasta d'acciughe
marca "Balena", peperoncini, una spruzzata di vino bianco,
un cucchiaino di aceto balsamico e fate cucinare
a fuoco medio per cinque sei minuti
(attenti a non indorare troppo l'aglio!)
Mi raccomando: non salate la pasta!
Dopo otto minuti gettate gli spaghetti al dente
nella padella e mantecate a fuoco alto per
due minuti; dopodichè spegnete il fuoco e aggiungete
una spruzzata di grana e due o tre cucchiai di pane
grattuggiato alla pasta; rigirate bene e servite.
Elio era in estasi.
Per concludere abbiamo preso del pecorino sardo
non stagionato, davvero ottimo.

Fuori piove forte.
La malinconia, amarezza lieve, mi riaccompagna a casa,
nel mio freddo letto.
Chiudo gli occhi.
Un giorno riscriverò il mio presente senza più l'inchiostro del tedio.
Quel giorno avrò dei piedini accanto.

domenica 11 novembre 2012

un fiore

"Lei è giovane. Perciò deve lottare". (P.P. Pasolini)

Il vento, uggioso, piega le fronde dei pini.
La burrasca imperversa, perversa.
Ieri notte il caro Rigatella si sfoga un pò con me.
Non è "felice".
Barnaba, infatti, pensa solo ad andare a cena fuori, ai locali notturni e alle vacanze.
Rigatella invece vorrebbe convivere, fare figli, progettare una famiglia.
Rigatella ha le idee chiare; Barnaba invece è confusa e astratta.
Rigatella, inoltre, si è "muffizzato": e spruzza poco e male.
Il tuo dolore, caro Arigates, è il nostro.
Il tuo "male", inoltre, è anche il nostro.

Anche noi, come te, ci siamo "muffizzati".
Io, ad esempio, sono un esempio mostruoso di viltà,
di pigrizia, di sfiducia: non di rado provo abiezione
per me stesso; e rabbia, una profonda rabbia senza sfogo,
se non in queste miserabili e tristi righe...
Dico a me stesso: fai qualcosa! coraggio!
Ma mi macano le forze; la viltà mi paralizza...e marcisco.
Il mio andare esclusivamente a mignus, il mio pessimismo sociale,
la mia incapacità relazionale: tutto ciò per me è un incubo;
un incubo da cui non so uscire e che, ahimè, so ben edulcorare.
Io conosco bene la mia "nevrosi": perchè la vedo rispecchiata identica
in tutti quelli che mi circondano.
Io sono un "represso": eppure, come vedete, non reprimo nè nascondo nulla;
anzi vi esibisco le mie budella con un coraggio quasi esemplare, virile direi...

Potrei fare osservazioni analoghe per Albi o per Elio.
Anche Albi è alla frutta, vive senza scopo, come uno zombi, assueffato al superfluo.
Elio, dal canto suo, pur essendo un nevrotico all'ennesima potenza, si "salva" grazie al fatto, meraviglioso, che è un "ritardato"...
Beati i "ritardati" perchè loro è il Regno dei cieli!
Ieri, ad esempio, a quasi quarantacinque anni, ha leccato per la prima volta una fica profumata.
L'esperienza erotica è valsa per lui quanto un'estasi mistica, un miracolo a Lourdes...
Dov'è il miracolo?
Ma che domanda! E' nella gioia di scambiarsi reciprocamente il piacere che risiede l'unico miracolo possibile!
Quando l'intera esistenza di un uomo è, per forza di cose, una continua posticipazione e scoperta del piacere, dosato col contagocce, come nel caso di Elio, quest'uomo
"ritardato", ingenuo, sarà un "credente", cioè un riconoscente...
E solo chi è riconoscente sa donare bellezza e gioia al mondo.
Elio morirà sereno, col crocifisso sulle labbra, pur avendo spruzzato pochissimo...

Quando ero giovane ero felice.
Avevo speranza e fiducia nel futuro.
Goliardia, sfrenatezza.
Si spruzzava lontano, eccome!
Il mondo era ai miei piedi.
Poi, un giorno maledetto, mi fu gettata ai piedi, senza più vita,
la mia Speranza.
Essa, bella come una adolescente, non mi parlava più.
Io, stringendola al petto, piacqui, in silenzio.
Dovetti seppellirla, ricoprire di terra il suo viso candido e morbido.
Annientato, mi rialzai e ripresi il cammino.
Intesi qualcosa però.
"La mia morte non è futile, Salvatore.
Ricordati di me ogni tanto: così sorriderai ancora..."
Mi volsi, per un'ultima volta.
E lì, dalla tenue terra, vidi sbocciare un fiore...

venerdì 2 novembre 2012

la buona notte

Giornata epica, feconda di speme.
Si parte verso verso le dieci -nell'ora in cui il mattino ha l'oro in bocca,
come saggiamente insegna quel grande maestro di vita che è
Mario Prodi-,
alla volta di Via MonteSburalto 152 Prati Fecali, pardon, Fiscali.
Al mio fianco c'è lui, l'infinito Clusetti.
Con Elio bisogna bandire le ciance: bisogna imporsi con gli argomenti
del cazzo, anzi, della fica.
La giornata è impastata di grigio, ma qualche laida nuvola
non può fermare l'ardimento di chi ama.
Arriviamo, parcheggiamo e ci incamminiamo.
La zona è un laido e maleodorante dormitorio del Nomentano che puzza di minestra
d'ospedale.
Palazzoni grigi e sporchi, filippini funerei che passeggiano senza meta,
escrementi di cane sui marciapiedi
alla stregua di glosse a margine di un compendio dell'orrore,
un incubo pasoliniano...
Quando si ama con l'impeto della disperazione,
si inghiotte l'orrore al pari di barbera frizzante.
Al termine dell'incubo, infatti, c'è il sogno, la speranza, la vita: cioè Madalina.

Piano terra.
L'odore del rancio d'ospedale è quasi asfissiante.
Sulla porta, ironica, quasi demenziale, è affissa una targhetta con un certo dottor Hussein,
specialista in pediatria...
La porta si apre.
Il sogno è realta.
E' Lei.
Madalina.
Tutto il resto, cioè la mezz'ora successiva, è ineffabile, appartiene alla dimensione
dell'Assoluto.
Commosso, infine, mi congedo, assieme ad Elio.

Abbandoniamo il dormitorio dell'orrore e raggiungiamo a piazza di Spagna
il placido Albi e la sensuale Candy.
Tutto è bello: si cincischia, si vedono basiliche e borsette, lo struscio mette appetito.
Albi, novello Mario Prodi, ci invita a pranzo:
lieti del convivio, tra una gricia, una bruschetta, qualche carciofo, della trippa e un vinaccio da due soldi, il gozzo e il ventre trovano ristoro.
Poi si prosegue: il tempo di qualche balordaggine patucchiana, qualche foto, due gelatini alla crema
e arriva lieve una pioggerella, sobria come la pipì di un cardellino...
A via Margutta dobbiamo separarci dal nostro amico mecenate.

Albi, uscito dalla penna di Moravia, elegante e decadente, conduce con rassegnata indolenza un'esistenza blanda e moralmente astenica, permeata da un fatalismo negativo e perentorio.
Forse per questo Albi ama il bisessuale Binda, perchè Binda non è stato ancora corrotto
dalla sua morale nichilista: e un giovane che "spruzza lontano", come Binda, ebro di ideali e ottimista, rappresenta uno stimolo quasi erotico per chi, come Albi, si è ormai avviato a declinare esteriormente la propria decadenza interiore...
Scevro da ogni ideale, Albi si acconta di mangiar bene e sborrare bene.
Candy, all'opposto, fulgido esempio di un edonismo straripante, andrà a sbrinare alle Maldive (o a Cuba).
Io ed Elio, invece, andiamo a casa, al pari di due battone stanche.

Per strada compro un libro ad una bancarella.
Due chiacchere con Barina, una birra al pub.
Una cameriera obesa, una biondina, sborrabile, la speranza di Elio per l'aldilà.
Intanto passano i giorni, i mesi, gli anni.
Non temere per l'aldilà, caro Elio: se c'è avrai tutta l'eternità per annoiarti.
Qui, invece, di tempo ce n'è poco: e solo la gioia merita tempo.

Le coperte sono fredde.
Una volta accucciati sogneremo.
Chi l'aldilà, chi Madalina, chi Binda, chi le Maldive.
Buonanotte a tutti voi, miei cari.

mercoledì 31 ottobre 2012

il ritorno

Finalmente ti sei stufato di andar dietro a gonnelle umide
d'acquasanta caro Elio?
Non sono meglio quelle che la danno subito rispetto agli
scarti di sagrestia, alle zuzetti, alle dementi che se la tirano fino ai cinquanta
e poi, una volta avvizzite, corrono ai ripari con verghe di gomma?


Tu sei un peccatore caro Elio, un peccatore molto laido.
Sei anche un mistificatore allucinante.
Il tuo violare il nono comandamento, ad esempio, giustificandolo
con ragioni di forma (vale solo se la donna altrui è sposata)
è di un cinismo imbarazzante per un sedicente cristiano come te.
Sarebbe più onesto dire: "io amo chi mi pare,
le donne sono di tutti"; e al diavolo il decalogo.


A quanto pare Madalina è tornata.
Ci sarebbero da chiarire molte cose.
Quella vacca di Georgi, ad esempio, andrebbe presa a calci nel sedere,
per aver diffuso notizie false e tendenziose, per avermi procurato
atroci tribolazioni interiori.
Ma, come ha osservato il cinico e decadente Albi, in realtà non c'è
niente da chiarire.
Cosa dovrei chiarire, baccalà che non sono altro?
Amare Madalina equivale ad amare il vento.
Eppure, eppure, io non posso esimermi dall'amarla, dal volerla
fare mia.

Seguirò il vento, se del caso sino al precipizio.
Mi getterò nel baratro.
Nuoterò nella lava.
Traversando gli oceani senza fine della solitudine
berrò a litri l'acqua salmastra della delusione.
Nessun appiglio.

O traversare o perire.


Solo quando questo sciocco cuore avrà cessato di pulsare,
solo allora mi arrenderò.
Solo allora, tu, Madalina, non sarai più
l'unica e più alta ragione del mio esistere.

domenica 28 ottobre 2012

la patacca

Elio ama definirsi un mistico.
Qualche libro da due soldi che puzza d'India, qualche fachiro,
qualche prestigiatore alla Gustavo Rolla, qualche ritiro spirituale,
qualche viaggio a Medjugorje, rosari, preghiere,
sono sufficienti per Elio a trasformare un uomo in un mistico.


Sovente Elio mi invita a pregare.
Se le preghiere non si avverano, pensa candidamente Elio,
è perchè non si è pregato "bene", al pari di un rituale
infruttuoso perchè non correttamente eseguito.
Solo pregando con la fede più pura le nostre miserabili richieste
(il pane quotidiano, la fica) saranno esaudite.
Che tutto ciò rappresenti una deplorevole mistificazione sorta da
una psicologia d'accatto e infantile, questa evidenza a Elio non traspare.


La preghiera è per eccellenza il mezzo degli uomini vili,
che non avendo la forza e il coraggio di agire e prendere da sè, chiedono.
La preghiera è anche lo strumento dei furbi che attraverso l'adulazione
pensano di ottenere qualche briciola dalla tavola del potente.


Non mi si fraintenda.
Superuomini non esistono e quelli che fingono di esserlo sono degli imbecilli
che presto o tardi scopriranno la sconfitta.
Ad esempio quel presuntuoso di Evola, che ritenendosi invulnerabile, "interrogava la sorte"
passeggiando sotto i bombardamenti: e la sorte lo ripagò con una bella sedia a rotelle
per il resto della vita.


Pregare è umano.
Ogni tanto, riconoscendo con un senso di vergogna postuma la mia viltà, prego anch'io.
Prego per le solite quattro cosucce "borghesi", la fica, la salute, i soldi, l'affetto dei cari.
Me ne fotto dei mistici.
Non mi interessano i loro deliri dementi.
Chiedo solo la patacca e un pezzo di pane secco per il resto dei miei giorni.
Allora ringrazierò Dio, ben sapendo che egli non esiste, ma fingendo per l'occasione che egli esista davvero, colmando così la mia riconoscenza che altrimenti resterebbe vuota e senza oggetto.
...oppure, dovrei ringraziare solo la patacca, cinici che non siete altro?

domenica 21 ottobre 2012

il seme

Festa delle castagne a Rocca.
L'unica cosa interessante di questa festa plebea sono
le fiche e il paesaggio.
Quando la distesa sotto ai vostri occhi, ai piedi di monte cavo,
non era una spianata di cemento e di grigie costruzioni monotone,
quando nella notte non brillava la luce dei lampioni,
quando il buio era cieco e assoluto,
si poteva credere negli dei e nello spirito.
Gli dei erano lì, nel buio, a regnare con giustizia.
Il firmamento artificiale degli uomini mi suscita tristezza.
Tremolante, fissa, inutile, la luce giallognola della città è solo una
chimera, una caricatura.


A.r. e beppino tacciono.
Patucchi è al catechismo, per motivi legati alla patacca.
Si è innamorato di una integralista cristiana.
Non la fotterà; eppure si batte.
Non smetteremo mai di lodare l'eroismo di Elio.
Essere eroi non vuol dire avere vinto.
Vuol dire sapere "pigghiarla n'du culu" senza rancore.


Ho amato molte donne nella vita.
Amare non vuol dire essere fedeli in eterno ad un'anima,
cosa del resto rarissima e meravigliosa.
Amare vuol dire essere fedeli ad un sogno.
I sogni si infrangono sulle scogliere della vita.
E' il disincanto.
Eppure nessun disincanto potrà cancellare il ricordo dei
vostri sogni e della gioia che fu.
Il ricordo della gioia è un seme.
Stringetelo nel pugno.
Custoditelo.
Forse da esso sorgerà la speranza.

paltò

Una figura solitaria passeggia nella notte.
Un paltò nero, un berretto a coppola, il passo svelto di un uomo solo e forte
che va incontro al suo destino.
Gli uomini si distinguono dal passo.
E' a.r.
Il "dormiente" Elio nemmeno se ne accorge.
A.r. sapeva che ci avrebbe incontrato.
Per i cani randagi la notte è un presagio.
Ognuno cerca il suo simile.
Solo quando un destino si ecclissa esso si compie.


Campiamo per sborrare.
E per amare.
A.r. si dichiara pronto ad "andare a mignotte", ripudiando d'un colpo
lo stolido moralismo sessuofobico che un tempo gli annebbiava i sensi.
Ancora ricordo quando egli definiva squallida la mia ricerca...
senza comprendere che dietro le contingenze dello squallore
c'era la infinita brama dell'amore!
L'autunno gonfia i bei grappoli d'uva...e gonfia le palle di chi la raccoglie.
La vendemmia fa rinsavire.


Queste sono vette, questi sono "risvegli" caro Elio.
Il "dormiente" Elio, dal canto suo, ricorda di aver bestemmiato
all'età di sei anni, per via di certi burattini con cui giocava.
Fu l'unica bestemmia della sua vita (!)
La cosa deve averlo turbato a tal punto che egli ancora serba l'infausto
evento nella memoria, come un bolo che non è riuscito a inghiottire.
Io a sei anni non sapevo nè chi fosse Dio nè cosa fosse bestemmiare.
Poi ho capito.
Ho capito che la preghiera e la bestemmia sono la stessa cosa.
Volte allo stesso fine, entrambe condividono la stessa sorte.
Patucchi prega e le sue preghiere restano inevase.
A.r. bestemmia e le sue evocazioni si spengono senza eco.
Cupidigia e sfogo: ecco cosa sono rispettivamente la preghiera e la bestemmia.
Vogliamo qualcosa; così tiriamo in ballo Dio, leccandogli il sedere o
prendendolo di petto.
E' una tragedia esilerante.


Bisogna inghiottire il bolo, caro Elio; e tirare innanzi.
Lieve fu il torto dei burattini.
Oltre la preghiera, oltre l'ingiuria, oltre Dio.
Il cammino verso l'orizzonte non è terminato.

venerdì 19 ottobre 2012

il risveglio

Affabulatori del risveglio!
Destatevi dalla vostra presunzione!
Gurdjiev, Buddha: la vostra ricerca è vana!

Questi tizi contemplano il nulla e spregiano la vita altrui

rintanati nel loro angolino di mondo.
Chi si droga, chi digiuna, chi fugge, in un modo o nell'altro.
Perchè non impugnate la vanga, vili dispensatori di fanfuche?
Non vi ammogliate, non procreate, non vi sporcate le mani,
rigettate qualsiasi responsabilità: è facile vivere così, da scansafatiche.

Il vostro risveglio, ammesso che esista, è di una noia ributtante.
Risvegliarsi a che pro?
Per provare compassione? Per emanciparsi dall'asservimento della vita materiale?
Pensate davvero che si possa vivere di rugiada come le farfalle, cari pelandroni?

Anche chi, stoltamente, ambisce ad un risveglio interiore, deve fare i conti con lo stomaco
e la minchia.


Il sonno, il desiderio, l'illusione, la materia, il vincolo, la sporcizia dell'anima
sono cose molto più nobili e interessanti del "distacco".
Perchè svincolarsi dal samsara?
Perchè abolire la sete col vuoto?


Ad alcuni moderni simpatizzanti del risveglio,
che vanno una settimana a pregare a Medjugorje e al ritorno
si recano a farsi massaggiare il pene dalle cinesi,
diciamo apertamente che questo loro modus di "risvegliarsi" è assai singolare.
Ma forse sbagliamo noi: probabilmente qualcuno si è risvegliato a furia di pippe.


A tutti gli ambiziosi apologeti del distacco e dell'estinzione, auguriamo il fallimento.
Ci auguriamo che al culmine del distacco e dell'estinzione la nostalgia vi assalga e vi divori.
Ci auguriamo di incontarvi al bordello o in trattoria.
Non guardate il cameriere o la ragazza: il conto è già stato pagato.
Pensate a brindare con gioia al vostro ennesimo fallimento.
Sarà il vostro fallimento più saggio...

giovedì 11 ottobre 2012

il vento

L'inferno è qui su questa terra miei cari quattro lettori!
La vita è uno sforzo titanico per essere felici, una briosc calda
che ai più è negato addentare!
La catastrofe vi attende, impaziente di saggiare le vostre reni.

Una volta c'era un tempio dove una Venere donava la felicità.
La felicità non è eterna.
E' breve, va via come la brezza.
Poi, naturalmente, giunse la malvagità.
Gli empi "chiusero" il tempio adducendo assurdi motivi condominiali
e cacciarono via la Venere.
E' così fu ucciso l'amore e la gioia di un mortale...

Fuori le cornacchie gracchiano.
Un gallo stride due volte.
Il cielo è impastato di grigio.
La testa mi gira.
Autobus passano come cadaveri puzzolenti sull'appia.
Abituato all'abiura non riesco neanche a piangere.

Ora sei da qualche parte, in Romania.
Forse con i tuoi figli e con tuo marito.
Forse non ti vedrò mai più.
Il pensiero di non baciare mai più le tue labbra mi uccide.

Possano le mie lacrime portate dal vento

raggiungerti
mia sempre amata Madalina.

venerdì 5 ottobre 2012

la zinzara

Mentre Patucchi si gode il tramonto all'Argentario con Barina
e uno dei suoi amanti,
io vado a trovare l'amata Anemona.
La bambina si è fatta mora, ma incredibilmente l'oro traluce dal nero dei suoi capelli di seta.
E' come se quel nero celasse, non riuscendovi, un sole sepolto, una fiamma,
quel fuoco sacro e divino delle vergini ariane,

la cui purezza diede origine e luce all'Occidente
e al mondo intero.
La bambina si ricordava ancora di Patucchi e delle sue fantasie erotiche:
voleva baciare " in boca e seno", voleva metterlo nel sedere (operazione semplice, viste
le risibili dimensioni del membro di Elio) ma essendo un pò tirchio non ne ha approfittato...
"Tu amico fio di mignota" mi dice con affetto scherzoso la bambina.
La poverina inoltre è tormentata da fastidiose "zinzare".
"Zinzare di Romania meno fie di mignota".

Passando per Apriliadue compro un paio di spray anti "zinzara" tigre e una ciambella calda
per l'adorata bambina.
Svolto a destra, abbasso il finestrino, Anemona si alza e mi viene incontro.
Ecco qui, ne ho presi due, uno per me e uno per te.
Uno è al talco, l'altro senza aroma, quale vuoi?
Qui c'è una ciambella con lo zucchero, è ancora tiepida.
"Io so che tu mi vui bene, perchè tu mi comprato anti zinzara... Grazie!"
Mi regala un sorriso candido come i suoi dentini bianchi,
uno dei più bei sorrisi che una donna mi abbia donato.
In quell'istante mi pare che gli occhi della bambina tremolino,
al pari delle prime stelle che timidamente si affacciano nel cielo poco prima del tramonto.
Uno scherzo dell'amore? Un inganno della sera?
Certo che ti voglio bene Anemona.

venerdì 28 settembre 2012

il grimaldello

La mia teoria è semplice.
Si badi, per me essa non ha nulla di freudiano.
Freud è "monnezza", come dicono a Roma.
Fottere con la propria mamma, ammazzare il padre per gelosia,
donne che invidiano il pene, cultura come sublimazione della libido, etc. etc. : tutte porcherie di una mente malata che vengono spacciate per teorie universali.
Siccome Freud voleva fottere la mamma e odiava il padre,
pensò bene che le sue bestiali fantasie dovessero essere la regola per ogni essere umano.
 
Secondo me una buona scopata vale più di mille sedute con uno psicologo.
Il malato vuole affetto, coccole, baci, effusioni, carezze, cura, interessamento.
Inoltre, come conseguenza ed effetto di tutto ciò, vuole sborrare.
L'affetto genera erezioni.
Non è che uno vuole scopare e basta.
Vuole scopare come compimento affettivo, senza del quale si sente inappagato.
Ora lo psicologo non dà affetto, nè tantomeno la fica:
pertanto resta un semplice pupazzo con cui sfogarsi.
E dopo che ci si è sfogati con un estraneo?
Si resta più delusi di prima perchè le lacune affettive rimangono e non vengono colmate con le chiacchere, alla faccia del transfert freudiano.

Ecco perchè dieci minuti con Madalina valgono più
di qualsiasi psico-terapia con un qualsivoglia luminare.
Questi faccendieri della mente, psicologi di tutte le salse,
invece di scrivere manuali e trattati dovrebbero dire:
"andate a farvi coccolare da una donna o da un uomo, se del caso anche a pagamento, che importa: se non guarirete dalle vostre nevrosi senz'altro le avrete attenuate:
in tal modo il fardello della vità sarà più leggero!"
Ma pubblicare libri inutili e ripetitivi (come fa Galimberti) e stare ad ascoltare
poveri disgraziati, per lor signori, è più redditizio.

Infine non crediate che le coccole o una bella scopata
siano il grimaldello che apre tutte le porte.
Se si è condannati a pigliarla "ndu culu" (come nel caso di Antuan o Beppino)
non rimane che farsi il segno della croce.

Si può esser felici solo se lo si vuole.

giovedì 27 settembre 2012

la risata (Antuan)

Nella biblioteca di Fenzen tira la solita aria.
Qualche zecca, le solite fighette, i soliti studenti che fanno finta di studiare
e fumano sigarette tutto il tempo.
A un certo punto viene a salutarmi Antuan.
Due o tre settimane prima mi mostra sul cellulare
una foto con la salma del padre dentro una bara.
Umberto è il figlio di Andreotti e la mafia britannica lo perseguita
irradiandogli la prostata e impedendogli di avere donne.

Decido di portare questo sventurato al tempio della dea Ariana.
Restiamo che lo passo a prendere a casa per le otto.
Al citofono risponde: "un momento, sto defecando...".
A quanto pare gli hanno tolto l'acqua (probabilmente i britanici in combutta con l'amministraore del condominio) e non può nemmeno farsi un bidet come si deve.
Così monta in auto esalando un nauseabondo odore di alcol etilico, utilizzato forse per mascherare altri odori non meno repugnanti.
"Ho messo del profumo" dice.
Gli faccio abbassare il finestrino e partiamo.
Il look è quello dello iettatore che strizza l'occhio allo "sportivo":
occhiali neri, baffetti rasi color grigio topo, cappellino con visiera nero, giacca a vento bluastra di due misure più larga, calzoncini corti alla zuava neri, pedalini da tennis tirati su fino al ginocchio -neri ovviamente-,
scarpe da ginnastica blu stile superga, sulla camicia a scacchi una singolare spilletta rotonda di velluto nero, ad indicare il lutto paterno...
da pendant una camminata claudicante alla Pippo (l'amico di Topolino) con le punte dei piedi
rivolte con indolenza alle dieci e un quarto...
Beppino, Grey, Patucchi l'albanese non avrebbero concepito un abbinamento estetico più bizzarro.

Dopo venti minuti Antuan esce dalla stanza.
Ariana sorpresa mi dice che non è "venuto".
Ha fottuto senza levarsi gli occhiali neri da iettatore.
"Ha fato tuto (non ha ricevuto fellatio, ndr) ma non è venuto. Lui dice che venuto, ma secondo me non è vero. Ha smeso, così..."
Inoltre mentre copula, parla a vanvera... e non pomicia, "bacia solo guance".
" E di che cazzo parla perbacco?"
"Non ricordo...parla, parla....dice cose strane..."

Accompagno a casa Antuan.
Mi saluta con questo "motto" napoletano:
"A vita è na briosch, na fricat' e cosch e chi capisch capisch"
Una risata delirante si dilegua nella notte.

lunedì 24 settembre 2012

la mano

La via della mano sinistra conduce alla distruzione.
Anzi: all'auto distruzione.
Bisogna essere degli a.r. per non perire in questa forma di orgasmo.
Del resto a.r. ha dalla sua risorse non comuni.
Egli è semplicemente al di là.
Come Atlante porta su di sè il peso di un mondo.
La sua visione magica per ora gli allegerisce il peso.
Un giorno egli poserà il fardello.
Sarà la fine di un uomo.
Sarà l'inizio.

Beppino: le avventure col barbuto catanese non hanno insozzato
la sua purezza.
L'esempio mefitico di Sgalumbro, i coiti allucinati con le buttane, l'alcol, le canne,
tutto ciò per Beppino è come bere un bicchier d'acqua.
Ridotto ad uno straccio conserva l'innocenza primigenia.
Beppino è purezza dentro un sacco di spazzatura, è il cielo dentro l'inferno.
 
Paterbaldi: volto rubicondo, sorriso infante, denti giallissimi.
Invece di "vasari unn'è chiu lurdu", è triste.
E' triste perchè una deliziosa rumena diciannovenne gliel'ha succhiato.
Invece di suggellare patti con Satana, come facevano i suoi avi,
perde tempo con la "tristezza".
La purezza di Paterbaldi ogni tanto si concede vacanze
(Sandra, i massaggi cinesi, la bellissima Anemona sull'apriliana).
Poi, disgraziatamente, un senso di colpa gli corrode e avvelena la coscienza.
E' la "tristezza" di Paterbaldi.
E' la virtù dell'uomo pio.
La via della mano sinistra, ringraziando Dio, gli è preclusa.
Tirerà innanzi con la mano destra, in ogni senso.
 
Per finire due parole sul caro albi.
Non crediate che sotto il suo erculeo petto non pulsi un cuore.
Anch'egli sa amare.
Sotto la scorza del cinico alto borghese c'è uno zio pronto a soccorrere
nipotini più o meno matti (binda, il mutumattu, conti).
Se rigatella è come un padre per noi, albi è uno zio.
La premura con cui spalanca il bel portafoglio di pelle per "aiutare" questi nipotini
un pò matti, la sua generosità pasoliniana, gli frutteranno senz'altro un posto alla
destra del Signore.

venerdì 3 agosto 2012

solo

Per me non c'è più nulla.
Sono il nichilista perfetto.
Non credo più in nulla. Sono il perfetto scettico.
Non credo più in nulla : sono l'ateo compiuto, definitivo,
intero; l'ateo che non s'inginocchia neppure alle fedi
laiche, razionali, filosofiche e umanitarie che hanno
preso il posto delle fedi mitologiche antiche.

So che tutte le nostre costruzioni saranno distrutte;
che de' nostri incendi non resterà neppur la cenere;
che i nostri ideali, anche
raggiunti e dominati, precipiteranno nell'eterna oscurità
della dimenticanza e del finale non essere.

Nessuna, nessuna speranza ho nel cuore;
nessuna, nessuna promessa posso fare a me stesso e agli altri;
nessun compenso posso prevedere per i miei atti;
nessun resultato da' miei pensieri.
Il futuro, questo incantatore
di tutti gli uomini, questa causa perpetua di tutti
gli effetti, è per me nient 'altro che la nuda prospettiva
dell 'annullamento.
 
L'uomo solo, assolutamente solo, assolutamente
spogliato, che non chiede nulla, che non vuol nulla,
ch'è giunto ai vertice del disinteresse per troppa perspicuità
e non per cieca rinunzia, si rivolge al mondo
ch'è spoglio per lui come una prateria bruciata, come
una città devastata che non ha più chiese,
mète, asili e rifugi, e gli dice :
Per quanto tu non mi prometta nulla
sono ancora con te, mi unisco ancora alla tua forza,
lavoro col tuo lavoro, ti accompagno
e ti rifletto nel tuo cammino.

Finché l' uomo aspetta qualcosa dall'universo, è
un negoziante che va per ricevere, che scambia e
baratta, e si arrabbia se fallisce e si uccide se la
restituzione non avviene, se la cambiale non è pagata,
se l'incasso è minore della spesa.

Ma l' uomo che ha rinunziato a ogni compenso
e lavora per ciò che sarà disfatto sapendo che sarà disfatto,
è l'unico uomo degno, veramente degno
di abitare serenamente l'universo.
Egli solo é il nobile di fronte ai trafficanti che
lo circondano anche se costoro hanno scritto sulle insegne
delle loro botteghe i nomi più puri, più ideali e
metafisici.

Egli fa e non pretende che nessuno faccia per lui ;
dà sapendo che non riceverà mai ; aspira alle cime
sapendo che non le raggiungerà ; offre tutto sé stesso
e sa che nessuno lo pagherà al suo giusto prezzo.

Che coraggio c'è a vivere quando si crede fermamente
che i nostri ideali diventeranno realtà, che
un qualsiasi paradiso, terreno o celestiale che sia,
ci aspetta per ristorarci de' nostri travagli ?

Ma la vera nobiltà dell'uomo, il suo massimo eroismo consiste
nel saper viver anche quando tutte le ragioni di
vivere son distrutte in lui, quando le bende e le stampelle
che rendono possibile la vita di tutti sono state
buttate dapparte.
Per questa nobiltà, per questa grandezza, per questo
ultimo e disperato eroismo, sfuggo nello stesso tempo
alla morte e alla mediocrità.

(Giovanni Papini)

giovedì 2 agosto 2012

la certezza

Io non chiedo né pane, né gloria, né compassione.
Non domando abbracci alle donne o soldi ai banchieri
o elogi a' « geniali ». Di codeste cose fo a meno o le
guadagno o rubo da me.

Ma chiedo e domando, umilmente,
in ginocchio, con tutta la forza e la passione
dell'anima mia, un po' di certezza ; una sola, ma piccola
fede sicura, un atomo di verità ! Io vi prego e vi
scongiuro, per tutto quel che avete di più caro e di
più prezioso, per la vostra vita, per la vostra amata
di oggi, per la vostra idea preferita, di dirmi se c' è
tra voi chi abbia quel che cerco, se v' è qualcuno che
sia certo, che conosca, che sappia, che viva e si mova
nel vero.


Io non ho cercato che questo. Fin da bambino non
ho vissuto che per questo. Ho picchiato a tutte le porte,
ho interrogato tutti gli occhi, ho domandato a tutte
le bocche e ho scandagliato mille e diecimila cuori
invano. E invano mi son buttato nella vita fino al
punto di affogare e di vomitare, e invano, sempre invano,
mi son sciupato gli occhi sui libri vecchi e sugli
ultimi e mi son fatto rintronar la testa dall'urlare
de' filosofi rivali e invano, eternamente invano, ho provocato
gli echi interiori e ho preparato con umiltà le
vie della rivelazione. Ma niente, ma nulla è venuto
e nessuno ha risposto.

Nessuno ha risposto in modo da spengere ogni voglia
e bisogno di chiedere ancora ; niente è venuto
che abbia calmato il cuore troppo impaziente e abbia
saziata quest'anima mia, sitibonda come un deserto.
Tutti i tentativi e le prove e gli sforzi non sono stati
inutili : molte pareti son cadute, molti muri sono stati
atterrati e squarciati, alcuni pian piano, come rena
che si sfascia, altri con gran rumore, come se una nuova
terra scoppiasse fuor dell'antica. Ma dietro ogni parete
c'era il vuoto ; al di là d'ogni muro c'era il buio
e l'eco era talmente singolare che ad ogni sì di speranza
tornava indietro uno stanco no senza fine.

Nessuno potrà dire eh' io non abbia avuto coraggio.
Ricordo ancora le notti lunghe, serene, vegliate
all'aperto, coll' illusione dell' infinito nell'anima, sotto
quei cieli e quelle stelle che ti riempiono di santità e ti
puliscono il pensiero da' bestiali colori del giorno...

E mi son chinato sul vetro del microscopio : e cosa ho
visto ? Quel che vedo ogni giorno cogli occhi nudi :
piccoli esseri in un piccolo mondo che l'un l'altro
s' ingoiano.
Vennero anche gli uomini della fede e quelli incaricati
di serbare la fede. E tutti i loro discorsi non riuscirono
a mettere in me la fede ch'era nelle loro parole
e dove c'eran le parole non c'erano i fatti ; e dove
c'erano le parole il mio spirito maledetto scorgeva
gì' inganni, gli orgogli, le illusioni, le ignoranze, le fintaggini,
i comodi, i calcoli e tutto ciò che vuol fare
d' Iddio un servitore dell'uomo.

Neppur coi filosofi ebbi fortuna : i migliori eran
grammatici che a forza di affilare la falce facevan cader
secca in terra la messe prima di mieterla e gli altri
eran poeti fuori di strada, energumeni senza grazia
che disegnavano giorno e notte, per immaginarie città
celesti dove nessuno può vivere, lunghe alte e ricche
facciate senza stanze dietro.

E da nessuna parte nessuna verità. Una verità,
intendo, di quelle che fanno cader colla faccia in terra
come i fulgori divini e illuminano con luce inestinguibile
il fuori e il dentro : l'uomo e la sua immagine.
E da nessuna parte nessuna certezza.
Di ogni cosa ho
veduto il prò e il contro e il prò del contro e il contro
del prò ; tutte le idee eran diamanti e prismi, ed erme
quadrifronti e sfingi con mille risposte a dieci dimande.
Di nessuna cosa nessuno può dire : È cosi e non altrimenti.
A nessun problema si può rispondere in una
maniera sola e soltanto in quella maniera. Ogni uomo
che parla ha una sua ragione e chi parla contro di lui
ha pure la sua ed ha la sua anche colui che parla contro
il primo e il secondo e un possibile quarto. Volta
per volta ci tocca ad assentire : anche il pazzo ha i suoi
argomenti e bisogna ascoltarli con saggezza.

Scettico io ? No — disgraziatamente. Neppure scettico.
Lo scettico è fortunato : una fede gli rimane, la
fede nella impossibilità della certezza.
Egli può esser tranquillo e, se gli accomoda, dogmatico.
Ma io no. Io non credo neppure alla vanità di
ogni ricerca e non son certo neppure dell' inesistenza
della certezza. Fra le cose possibili v' è anche questa :
che la verità si trovi e che qualcuno la possegga.
Cosa vuol dire ch' io non l'abbia trovata e ch' io
non la possegga ?

Ma non parole, veh ! non inganni, non frottole,
non speranze da ragazzi o chiacchiere da donne.
Voglio una certezza certa — anche una sola ! —
voglio una fede indistruttibile — anche una sola. Voglio
una verità vera, anche piccola, anche meschina, —
una sola!
Ma una verità che mi faccia toccare la sostanza
più interna del mondo ; il sostegno ultimo, il
più solido ; una verità che s' impianti da sé nella testa
e non faccia più concepire ciò che a lei contraddice ;
una verità, insomma, che sia una conoscenza, una conoscenza
vera e propria, perfetta, definitiva, autentica,
indiscutibile.

Senza questa verità non riesco più a vivere e se
nessuno ha pietà di me, se nessuno può rispondermi,
cercherò nella morte la beatitudine della piena luce
o la quiete dell'eterno nulla.

(Giovanni Papini)

mercoledì 1 agosto 2012

il perduto

Dormo dieci ore filate, senza svegliarmi,
senza sognare. Mi sveglio colla testa pesa e la bocca
pastosa ; esco fuori per non far nulla ; ritorno a casa
per riposarmi ; mangio voracemente come un ragazzo
che si masturbi tutte le notti ; sorseggio una gran
tazza di caffè ; fumo cinque o dieci sigarette ; mi sdraio
in una poltrona e stendo le gambe su di un'altra ; leggo
un giornale da cima a fondo come un pensionato acciaccoso;
torno fuori per incontrare qualche scettico
conoscente col quale faccio un po' di scherma d' ironia
stupida e amara ; entro in un caffè, ingoio una tazza di
cioccolata farinosa, mangio con disgusto tre o quattro
pasticcini spalmati o rigonfi di sporche conserve di
frutta ; sfoglio un fascio di giornali spiegazzati e cenciosi,
e quasi quasi sorrido sbirciando le caricature
scioccamente colorite ; torno in istrada sotto la gran
luce teatrale delle palle elettriche ; inseguo una prostituta
imbiancata e incarminiata come se fosse il mio
primo amore ; entro in una libreria per comprare con
pochi soldi dei libri non tagliati che non leggerò mai ;
mi fermo dinanzi alle botteghe dei pizzicagnoli e contemplo
i formaggi untuosi e le scatole di sardine con
appetito ; vado in una casa dove mi danno il the e
ne bevo quattro tazze sperando che mi venga un po' di
talento ; o salgo in un bordello se ne ho voglia e anche
se non ne ho voglia — cosi, per uccidere i minuti e le
ore, per non ricordarmi di quello che dovrei fare e non
fo, per abbrutirmi, per avvilirmi, per ninnare il rimorso,
per smorzar la coscienza...

Ogni tanto, se non posso farne a meno,
scrivo una lettera o dieci lettere,
per non pensarci più, per sbarazzarmi di tutti, e qualche
sera, quando mi sento veramente troppo pieno e
inconsolabilmente malinconico, afferro la mia grossa
penna nera e scrivo giù quel che mi trabocca dall'anima;
riempio in furia dieci, venti, quaranta fogli bianchi
coi miei sfoghi, coi miei atti di contrizione, colle mie
raffinate e spiritose assurdità.

Ma cosa volete che venga fuori da un uomo che
vive tra il sonno e il caffè, tra la tavola e il letto, infingardo
e sonnacchioso, buono soltanto a suonar la diana
ma vigliacco in fuga il giorno della vera battaglia ?
E rizzandomi su dai tepidi lenzuoli o dalle sedie imbottite
strillo come un'aquila perchè lo spirito viene insultato
e disegno per i miei simili una vita solitaria,
austera, sdegnosa, nobile e michelangiolesca!
E non c'è da dir ch' io non senta l' infamia di questa
mia doppia vita. La sento e tanto più duramente
la sento tanto più, per addormentar la vergogna, mi ci
abbandono ed imbrago.
Trovo un po' di conforto nella
confessione, ma quando ho riflesso nello specchio delle
concitate parole la mia lurida immagine di traditor di
sé stesso, perchè tutti la veggano e ci sputino sopra,
mi credo perdonato e salvato, mi rialzo con aria di
trionfo, come se la sciagurata esibizione mi avesse
purificato e trasformato. E il giorno dopo ricomincio
come prima : vado a letto presto, dormo dieci ore
senza svegliarmi, senza sognare ; mi alzo con la testa
vuota e la bocca amara e vivo fino alla sera in quel
modo che ho confessato fremendo il giorno innanzi.
E torno, ahimè, quando non ne posso più, a rovesciar
convulsamente parole sui fogli e a cantare con versi
d' infinite sillabe la terribilità dell'ascetico eroe che vede
le cose umane con occhi divini e son talmente abietto
che neppure una volta mi vien l' idea di metter giù
dell'arsenico nel mio biondo the prodigalmente indolcito.

(Giovanni Papini)