martedì 27 maggio 2014

la via

Cosa rende un uomo
superiore?

La fede religiosa
può essere la manifestazione
di una volontà intrinsecamente salda
oppure, all'opposto,
il sintomo della insicurezza
e della debolezza di un essere.

Per l'anodina orda
la potenza
è il potere sulle cose,
il disporre di esse.

Ma è vero potere?
O sono le cose
ad aver potere sull'uomo?

Cosa rende un uomo
superiore?

L'aver trovato
la via d'uscita
alla legge dell'accidente.

quanto basta

Dopo aver fatto esercizi spirituali
con Maria
vado a mangiare un kebab
dagli amici di Pomponia.
Poi compro due birre
e chiamo Binda.
Sta comprando del pesce
dalle parti di cessina.

Ci vediamo per le dieci,
dammi solo il tempo
di perdermi per le fottute paludi
di Streguccello
con uno scaracchio di benzina
nel serbatoio.

Il cancello è aperto.
Percorro la salita e parcheggio.
Buio pesto.
Due cani mi fanno la festa.
Uno è uro, il noto meticcio
che si accoppia con le marmitte
delle alfa romeo,
l'altro è uba, una lupetta
recentemente adottata da Binda il magnifico.

Con la fioca lampadina
del cellulare mi faccio strada verso l'ingresso
(nota: a casa di Binda l'ingresso è ovunque).
Vedo una capoccia nera armeggiare ai fornelli.
Che si tratti di Gigi il papaveromane?
Di che mi parlerà stasera?
Delle passeggiatrici che lo hanno respinto?
O della nonna che ha visto un ufo?

No: la capoccia nera è del maggiordomo
rumeno di Binda.
Sta cucinando
una grezza polenta scondita
e delle sarde fritte impanate
con farina di granturco.
C'è anche un altro tipo,
un cicciottello taciturno che fissa
un portatile.

Ciao ragazzi.
Binda è di là.
Metto le birre nel freezer.

Ciao magico.
Ciao binda.
Infilo un paio di ciabatte.
Binda sta imparando su iupub
a preparare l'insalata di polpo.
Un pianista e un'insalata di polpo.

Il maggiordomo rumeno cucina bene.
Ha quarantasei anni.
Magro,
un bel volto dai lineamenti sottili,
una bella barba nera,
mani e braccia forti,
occhi neri e intelligenti.
Poche parole al momento giusto.
Il segreto della birra è l'acqua.
La cosa più bella della vita
è scopare.
Immergerlo nella zuppa
calda della fica
e guardare
una donna contorcersi di piacere.

Le sarde sono eccellenti.
Croccanti
poco unte e gustose.

Insieme al teatro verde
Binda vorrebbe aprire un bordello.
Non si può caro Binda.
Se quegli escrementi al governo
non modificano la legge merdin
non puoi farlo.
La sfinanza e la dogos
ti sbatterebbero dentro e addio
teatro verde e Beethoven.
Senza considerare gli anatemi
dei bigotti e delle zecche.

Ti getti distrutto sul letto.
Anche io sto a pezzi.
Sopra il pianoforte la foto di una persona cara
che non c'è più.

Ciao Binda.
Saluto anche il maggiordomo con la barba nera.

Stavolta non mi fotti
disgraziata palude buia.
Non confonderai più il mio destriero
di fuoco.
Ho memorizzato bene
il percorso.

Chissà se Y. sta già dormendo.
Forse è in discoteca a divertirsi un pò.

Chiudo gli occhi stanchi.

E' solo una bambina.

Le voglio bene.

E un pò pure lei a me.

E' tutto.

E' quanto basta.

mercoledì 21 maggio 2014

Febo

Gli ateniesi si ingannavano
credendo che Febo dominasse la Pizia.
Il parlare dell'oracolo era oscuro
affinchè ogni cosa potesse
contenere il suo opposto.

Cassandra e Isaia
invece vedevano solo più in là,
dove comincia la ruga e la stanchezza
d'un popolo.

La polvere di Tartaro intacca
tutti i troni della terra.
E' facile da presentire:
ma pochi hanno la vista così aguzza.

Le regole dell'universo sono
le stesse ovunque:

oggi hai il telefonino
per conoscere
il tuo anodino futuro;
ieri avevano una vergine
e le viscere di una capra.

Non dovrai temere per il domani,
l'anestesia della tua anima è già in atto.

Non credere che il dio ti ascolti.
E' l'errore più grande.
Egli esige: non concede.

Persino l'ultimo degli alessandrini
riderebbe di te, dei tuoi desideri piccini.

Aveva ragione Porfirio:
il dio non asseconda ciò che è basso e piccolo
ma solo il permanente, il definitivo.

Con le parole, suoni audaci,
non concluderai mai nulla.
Non salirai mai di un gradino.

La prossima volta ti racconterò
la storia di un uomo.

Per l'ennesima volta.

martedì 20 maggio 2014

zat

E così, mio caro lettore, vuoi che ti racconti
un'altra storiella.
Ma non sei stanco di storielle il cui epilogo
è la semenza o la morte?

Hai imparato, caro amico, a non essere imboccato?
Hai imparato a disprezzare le scorciatoie?
Aneli la salita, il precipizio, il sacrificio
della tua carne e della tua anima?

E perchè vuoi tutto ciò,
ammesso che lo vuoi?
Lo sai che non c'è ricompensa?

Cosa?
Lo fai per amore?
Per quella cosa che scompare
come il vento?

Oppure lo fai perchè senti
quanto anodina è la vita
delle scimmie addormentate?

Cerchi l'Io?
Sai che non dovrai concederti
alcuna indulgenza?
Non lo troverai facilmente.
Sarà più facile che Circe ti muti in porco.

Dovrai bere il boccale avvelenato
di Mefisto e sopravvivere.
Dovrai ascoltare la preghiera di Euridice
e non voltarti mai.

Non sarebbe meglio invece pascere
i desideri effimeri degli asserviti?
Non sarebbe meglio giocare
con i telefonini che scattano foto?
Non risiede lì, in fondo,
nel futile
del nostro egoismo,
la felicità o almeno la sua ombra?

Non senti come il canto della sirena
che ti sprofonderà nell'abisso
è l'unica via possibile?

Michela.
In tre mesi non ha nemmeno
fatto una telefonata
alla povera Isabella.
Eppure sono state amiche,
vivevano e dormivano
sotto lo stesso tetto.

Un altro cuore di granito.

Carezzo il volto di Isabella.
Povera ragazza.
Ventiquattro anni.
Quante ne hai passate.
Estate e inverno a battere,
pure la domenica.

Il volto scuro, le mani screpolate dal sole
e dal vento.
Grandi occhi neri,
testimoni di una lacrima
custodita con dignità.
La mamma che non c'è più.
La canaglia che ti ha rubato il borsellino
e dato le botte.

Ciao Isabella.

Dove andrò?
E chi lo sa.

Ci andrò con la mia zat 700.

E con il ricordo dei tuoi occhi
neri.

venerdì 28 marzo 2014

la risposta

E così, mio orribile Anneo,
il vero saggio dovrebbe anelare la sventura
come l'atleta anela prove più ardue
ed avversari più forti con cui misurare
ed accrescere la propria forza.
Addirittura egli non solo dovrebbe anelare
per sè
la sventura, il dolore e la morte:
egli addirittura dovrebbe provocarli
sine saevitia
ma con la serenità del dio.

Allo stesso modo il potente carro
di Arjuna
deve portare sulla terra
la strage di amici e parenti
senza cupidigia.

Una volta la tribolazione
trovava giustificazione
nel dio eterno e nell'anima immortale.

Poi arrivò un malato
che liquidò dio e l'anima
e giustificò il male
con l'eterno ritorno dell'identico.

Era l'ennesima maschera,
l'ennesimo futile dogma
di un malato d'eternità.

Avrei voluto chiederti una cosa
caro Anneo.
E se quest'anima fosse integralmente mortale
e di essa non rimanessero che vermi?
E se il mondo anzichè esser governato
da leggi eterne e dall'ordine
fosse invece uno scherzo provvisorio del caos?
E se quel dio ci fosse così estraneo
al punto da dover ammettere
la sua irrilevanza?
Rispondimi Anneo, con il cuore puro.
Ti sacrificheresti ancora?
Aneleresti ancora la morte, la fatica
il dolore e la sventura?
Davvero il sacrificio sarebbe saggio?
Immagina per un istante
che nessuna ricompensa
esista per il nostro agire
dopo la morte.
In virtù di cosa continueresti
ad agire?

Conosco la tua risposta.

E' il monito del vento
che percuote il mio volto.

E' il silenzio
più forte di tutte le sorti.

martedì 11 febbraio 2014

le figlie di Kalì

Questa notte ho sognato Madalina Ariana.
La ragazza per cui avrei dato la vita
e che Cletus portò via con sè.
Era un sogno erotico.
Ma non solo.
Era un sogno di nostalgia e di tenerezza.
Quella tenerezza senza cui non solo
il sesso è un atto bruto e inutile
ma senza cui la stessa vita è solo
l'assurdo frutto del caso.

Madalina non s'intendeva di fellatio.
Ma a me non importava nulla di fellatio.
A me importava soltanto attingere
l'azzurro dei suoi occhi.

In te Madalina Ariana
mi perdevo nel primigenio fiume
del Piacere,
in quell'energia cosmica che solo germoglia
dalla composizione
dei due in Uno.

Mi mordevi le labbra e la lingua
fino a quando il mio piacere esplodeva
dentro di te.

E poi è finito tutto.
Sei scomparsa.

La retta via ero smarrita.
Cominciò un'odissea.

Venne l'altra Madalina.
La bambina eterna Anemona.
Mi uccise e se ne andò.
Non rimase nulla,
come di Tebe e Cartagine.

Breve come il passaggio di una cometa
fu l'incontro con Luana.

Sempre la solita storia:
egoismo, incapacità di amore,
assenza d'ogni tenerezza,
asservimento spasmodico al denaro.

Ma che cosa potevo pretendere
da queste povere ombre?
Come uno stolto
andavo cercando amore e tenerezza
in creature che non avendone mai ricevuto
non potevano nemmeno darlo.

Queste creature sanno
solo succhiare sangue.
Una volta spolpata e dissanguata
abbandonano l'agonizzante vittima
senza pietà alcuna.

Da ultimo Michela.
Anche Michela probabilmente è
una sirena.
E come insegna Odisseo
delle sirene
bisogna diffidare.

La sirena è una creatura crudele
che dopo averti sedotto
ti affoga nell'abisso.

Credete che sia possibile
salvare e amare
le figlie maledette di Kalì?


Madalina Ariana fu un'eccezione.

Un'anima delicata e nobile
ancora capace di amare.

domenica 26 gennaio 2014

burranello

Dove va la vita?
Va dove ciascuno la conduce.
Qualcuno va dritto sparato all'inferno;
non perchè sia cattivo
ma perchè l'inferno è l'unica
strada che conosce.

Ed eccoci al distributore di chioppa
a vuotare il sacco e i borsellini.
Binda è un eroe:
sta lottando come un leone
per creare il teatro verde.
E' a pezzi:
ha perso la mamma,
dorme con i muratori rumeni,
non sborra da una vita
e sgobba senza sosta.
Eppure non si arrende.

La tua fede, il tuo impegno
e la tua onestà
ti premieranno caro Binda.
Il premio non saranno i soldi,
carta straccia
inventata per asservire gli uomini.

L'unico premio per un uomo nobile
è il vivificante amore che riceve dagli altri:
prova del valore della sua opera.

Anche Rigates pensa solo al lavoro.
Usa la minchia solo per pisciare
e non sente il bisogno di una donna.
Sarà poi davvero finita con Taxi?

Taxi, dal canto suo, non vuole perdere
Rigates e così dove c'è lui
c'è immancabilmente anche lei.
Aveva trovato un uomo eccezionale:
ma lo ha perso
perchè ai valori della famiglia
e del sacro connubio
preferisce i distributori di chioppa
e gli aperitivi con le zitelle.

All'opposto di Taxi
(che non conclude un cazzo)
è Candy: con devozione e pazienza
ella ha conquistato un uomo.
Albi è un uomo fortunato:
e non dovrebbe trascurare questa fortuna.

Poco importa se l'anno prossimo
scade il contratto, caro Albi.
Un lavoro si trova sempre:
la donna della vita invece
si trova, se si trova,
una volta soltanto.

Alla fine c'è l'umida fossa è vero:
ma almeno, nell'ultimo istante,
grazie alla stretta dell'amato,
meno duro sarà
il tragitto di Caronte.

Anche Zarapuppis è a un bivio.
Non si tratta di metterlo dentro
ad una ragazzina albanese,
operazione semplice
che persino un ciandala
porterebbe a compimento.

Si tratta di accettare finalmente
i pesi e le responsabilità dell'amore:
il sacrificio quotidiano
del proprio egoismo,
la fedeltà, il dono costante
della propria vita all'altro,
la cessazione dell'increscioso
ruolo di clown con cui giustifica
ogni sua bassezza morale e civile.

Riuscirà il clown a diventare un uomo?

Al distributore di chioppa è presente
anche Geppina, la sorella di Rigates.
Mentre Rigates
burbero e un pò triviale
non sarebbe stato il soggetto
ideale di Raffaello Sanzio,
Geppina invece è una ragazza graziosa
e riservata.
Rigates mi fa sapere che non sarebbe
contento se mi fidanzassi con Geppina,
probabilmente a causa delle mie
sbandate giovanili.
Senza fare paragoni estetici o morali
con Milaus,
non senza dolore
incasso il colpo.
Ma confesso che mi sarei aspettato
maggiore clemenza
da colui che per quattro anni
sbandò con Taxi.

E infine io, amici miei.

Sapete bene che il mio sangue
è bastardo:
qualche feroce saraceno
dovette infettare col suo seme
una mia ava.

Vivo in questo mondo
ma non vi appartengo del tutto.
Ogni tanto me ne vado a zonzo
per l'abisso
e visito il reame dell'ambiguo
mettendo alla prova le fragili
ragnatele dei miei nervi.

Sapete infine che l'oggetto della mia
liberazione
coincide con quello della mia servitù.

Gli dei vollero senz'altro beffarsi di me.

Ma un giorno sarò libero.

Il giorno in cui Burranello
sarà solo
il ricordo di una prateria.

senza fato

Funesto fu il fato a colui
che non seppe amare.

La colpa di chi è
se dio non c'è?
la colpa è tua?
o è di qualcuno?
o è di nessuno?

Cosa è l'amore?
Non sbagliare: non confonderlo
con la bella sensazione del coito!
Perchè le sensazioni
vengono e se ne vanno spudorate
senza chiedere il permesso.

E anche tu mia bella Michela
un giorno te ne andrai
come la bambina eterna.

Qualcuno sa morire di Bellezza?
Nella perfezione di un tramonto indaco?
E l'anima?
Salperà per gli inferi?
Oppure si perderà tra le stelle?

Ti sdraiavi
posando la bella testa ondulata
sull'erba di maggio.
Il sole ti accarezzava
e chiudevi gli occhi
ascoltando il tiepido sussurro del vento.
Comprendesti mai
il miracolo della lacrima
che sgorga dalla gioia?

E se fosse troppo tardi
per essere felici?

Qualcuno dovrà pur morire di Bellezza.

giovedì 23 gennaio 2014

la parca

Quando quattro anni fa cominciai
questa mediocre composizione di scritti,
sotto la forma di un diario aforistico,
ero nel pieno di una profonda crisi nervosa.
Sentivo ancora
il fiato della morte
che mi era passata accanto
occludendomi una coronaria.
Partii con lo zio Borrado per l'Egitto,
paese abietto,
in cerca di lavoro.
Andò male.
Furono due mesi orribili
di pippe, solitudine e noia mortale.
Scrivevo cosucce patetiche,
come oggi del resto,
che mi costarono l'amicizia
di un uomo straordinario:
Lando Bradone,
noto come il Saruman dei Landi.
Così tornai a Zelletri,
presso il notaio Renzi
e il maestro e amico Mario Prodi.
Con il magnanimo Prodi mi divertivo:
passavamo più tempo al bar
a mangiare cappuccini e cornetti
o dentro pescherie e negozi d'antiquariato
che dinanzi agli scranni dei giudici.
Che minchia dovevamo fare mentre
l'abominevole macchina giudiziaria
italiana impudridiva?

Ormai avevo le idee chiare:
quel mestierucolo da avvoltoi
intriso di falsità, soverchieria e
miserabile retorica
non faceva per me.
Io anelavo l'antico ius,
la spada e la bilancia,
la giustizia concisa
del giureconsulto romano,
non l'accozzaglia confusa
e contraddittoria
delle leggi e della monnezprudenza italica.

Abbandonai così per sempre
il verminaio degli avvoltoi.
Mi parve la fine di un incubo.
Nonostante l'infarto
mi ripresi completamente:
correvo, nuotavo e fottevo
come gli stalloni.
Gettai tutti i medicinali nella spazzatura
(salvo l'asburina che ogni tanto prendo ancora).

Per comprare qualche libro,
i videogiochi e amare le mignus,
(a quei tempi c'erano Riza,
la rumena diciottenne Alessandra,
e la transfuga Noemi)
mi misi a vendere olio d'ulivo
a ricchi industriali veneti
per conto di Mario Prodi
e la signora Averno.
Avevo finalmente tempo da dedicare a me.

Letterariamente questo momento coincise
con l'amicizia di un uomo particolare:
il Patucchi.
Egli, dopo la breve parentesi del
minorato f.bux minchiarelli,
divenne il mio pupillo.

Cosa ci accumunò?
La ricerca disperata della patacca
e dell'amore.
Il Patucchi, col frenulo ancora intatto
e dopo tredici anni di pippe,
attratto dalle giovani mignotte rumene,
con la bava alla bocca
decise di emulare il mio esempio.

Dopo tre anni però
il sodalizio si sciolse:
il Patucchi
pentito d'aver sborrato fiche
che mai più sborrerà gratis,
è ritornato alle consuete pippe solitarie;
mentre io,
incapace d'amarmi da solo,
servo d'una tentazione assoluta,
sborro con potenza e devozione
Michela.

Col Patucchi si chiude un'era.

La fanciullezza è interiore dicono.
Falso!
La messinscena della giovinezza
può ingannare l'asino,
non l'occhio prudente della Parca.

E così, non potendo tornare più giovinetto,
vorrei un fanciullo.
Da amare come amico, fratello e figlio.
Da educare e condurre sul sentiero
del mondo e della Bellezza.

Il compito sarebbe arduo.
Eppure tenterei lo stesso.