lunedì 13 settembre 2010

Yunia

Nubi gravide di tempesta abortita, nere come il mio umore, morte come un pezzo del mio cuore...
Il temporale indugia, sadico come una nausea che strazia lentamente senza culminare mai...
Al ritorno dal niente osservo con la coda dell'occhio i grappoli d'uva nera intrecciati sulle vigne di via retarola, quasi mi viene voglia di raccoglierne uno.
A due passi dal carcere, un ragazzo a torso nudo, forse rumeno, cammina masticando uva.
Inutile come un ramo spezzato galleggio nel niente, il sibilo del frigo unico compagno della mia angoscia.
La mano, indolente, vacilla sotto il peso della noia di vivere...
Fino a qualche ora fa ero felice.
Yunia, distesa sul mio corpo, mi dava teneri morsi sul petto con i suoi dentini bianchi.
Abbracciati sotto una palma respiravo l'odore dei suoi capelli, accarezzavo la sua pelle di velluto con la punta delle dita.
Davanti al mare chiudevo gli occhi pregando una divinità assente che ci trasformasse in statue di imperitura beatitudine.
Maledico il tempo cui tutto si piega.

Ancora qualche ricordo sparso per la memoria, frammento levigato come una conchiglia bruna sepolta nell'arenile bianco della coscienza...
La mattina è lucente e calda, potrei andare al mare con Fede e Janexi, invece decido di restare con Yunia.
E' il compleanno della mamma e vorrebbe farle un regalo. Usciamo.
Madido di sudore mi aggiro per le tiendas di Cienfuegos in cerca di un pensierino.
Alla fine compro un set di tazzine da caffè a forma di cuore e dei biscotti per il fratellino di otto anni.
Verso l'una cerco un tassista nei pressi del boulevard.
Si fa avanti un negro gigantesco grondante sudore, dopo una breve trattativa ci accordiamo per sette pesos.
Dopo qualche minuto Tyson torna dentro una fiat 126 in condizioni che definire pietose sarebbe un eufemismo.
Entriamo nella scatoletta e partiamo diretti a casa di Yunia.
Le mani del negro sono enormi, mi chiedo come diavolo riesca a entrare in quella 126...Certe cose possono accadere solo a Cuba...
Accende una radio con dentro un nastro e parte un abominevole raggaeton.
Durante il tragitto osservo la strada, mucche e cavalli brucano l'erba ai margini della foresta.
Passiamo davanti un carcere, a confronto quello di Velletri sulla cisternense sembra un resort a cinque stelle.
Arrivati a destinazione Tyson non ha il resto per i venti pesos che gli porgo, così dobbiamo fare altri dieci km per trovare una tienda che ce li cambi.
Cambiati i soldi la 126 si spegne, io passo al volante, Tyson spinge e la scatoletta riparte grintosa.
Finalmente arriviamo. Dico al negro di farsi trovare lì per le cinque.
Cammino con Yunia per un tratto di strada non asfaltato facendo lo slalom tra fango, escrementi di cavallo e pozzanghere di acqua piovana.
Scorgo due pavoni. Caprette dal pelo scuro brucano piante tropicali.
Poco distante compare un uomo. << Ese es mi papà>> dice Yunia.
Gli andiamo incontro e mi accoglie con una stretta di mano calorosa e un sorriso gentile.
Ha qualche anno più di me, magro, biondo, occhi azzurri: sembra Terence Hill quand'era giovane!
Arriva anche la mamma di Yunia, una brunetta di carnagione olivastra con un volto che pare segnato dalla fatica.
Mi ringraziano per il regalo e mi invitano a seguirli. Due cagnolini ci saltellano addosso.
Andiamo a trovare la nonna in una catapecchia lì vicino. La povera donna, sulla settantina, due acquosi occhi azzurri e tre denti, si regge su una specie di stampella a forma di trespolo.
Si presentano anche una zia con gli occhiali amante della cucina italiana, un cugino storpio e sdendato coi baffi che a momenti mi stritola la mano e i due fratellini di Yunia, di otto e tredici anni.
La zia è la più loquace: ha due figlie sposate che vivono a Milano di cui una trabaja in un ristorante.
Il cugino storpio coi baffi ad un certo punto mi grida allargando le braccia che <<Esta casa es tu casa!>> e io raggelo sorridendo.
Poi parliamo di cucina, di pasta alla carbonara e ravioli, il papà di Yunia mi invita a cucinare a casa loro.
Dopo un pò ci trasferiamo nell'abitazione dei genitori, la mamma si mette a lavare delle stoviglie, Yunia si va a rinfrescare nel bagno con un secchio d'acqua, io mi adagio sul letto della sua cameretta.
Non ci sono porte. Il bagno ha una tendina e manca l'acqua.
Il letto è piccolo, la rete sfondata e il lenzuolo è un pò sporco.
Sulla parete davanti al letto è appesa una foto della mamma quando aveva 20 anni, su un'altra il poster di un cantante cubano molto in auge presso le adolescenti, un certo Louis Fonsi.
Su una piccola credenza di legno sono sparse matite da trucco, profumini e qualche ninnolo della piccola. Nessun armadio. Da un attaccapanni basso pende qualche vestitino sgargiante e succinto e una borsetta.
Sul letto mi fanno compagnia un orsacchiotto spellacchiato e un altro animaletto di pezza.
Appena fuori, vicino la finestra di legno senza vetri, una nidiata di pulcini dentro una gabbia stride in continuazione. Giunge anche il non lieve fetore degli escrementi dei volatili.
La mamma compra i pulcini per rivenderli quando diventano polli.

Chiudo gli occhi.
Povera bambina. Forse ormai è abituata a questa vita e neanche ne sente il fastidio. O forse si.
I pulcini, le capre, la puzza...mi chiedo come faccia a dormire.
Mi chiedo perchè sono finito lì, in quella casa, cosa mi abbia spinto ad assaggiare quello spaccato di povertà cubana invece di starmene a mare con un drink in mano.
Immagino che non rivedrò più quelle oneste facce di contadini.
La loro sporcizia, causata dalla povertà, mi ripugna, mi duole ammetterlo.
Mille domande mi balenano per la testa.
Se la portassi in Italia? Me la soffierebbe via il primo fighetto con un suv?
E io, la amo davvero? O amo soltanto venirle sul ventre e sulla schiena?
E lei, dopo dieci giorni, può davvero essersi innamorata di me o gioca soltanto a fare la principessina che ha trovato un babbeo che le compra borse e scarpette e che non esita a elargire qualche pesos in più per la sua povera famiglia?
Posso ipotecare il destino di una donna di venti anni?
Posso ipotecare il mio destino al suo?
Sono quasi le cinque. Lei ha i capelli bagnati. E' bellissima. Perchè devo pensare?
La stringo al petto con tenerezza, come nei miei sogni più belli...

Come un ramo spezzato caduto in un lago nero creato dall'alta marea della nostalgia, scorro senza più volonta, effimero pezzo di legno.
Scorro leggero, ramo spezzato, sotto palme dimenticate.
Scorro cieco e finito, anima mutilata, mormorio invisibile oltre i grandi mari perduti.
Scorro inutile, senza una ragione, vago bagliore in lontananza, languido sospiro di ciò che fu, scorro lento, pigro, scorro nei vortici e per i declivi che mi aspettano, vado verso l'ombra e verso la luce, fratello del mondo, vado verso l'amore e verso l'abisso, figlio del Caos e della Notte, ricordando sempre quel giglio che un giorno il destino volle regalarmi... Yunia.