sabato 26 ottobre 2013

Michela

E così, cara Michela, sei tornata.
Non hai preso la patente perchè i libri della teoria
erano "tropo grussi".
E allora che cazzo hai combinato in tre mesi mentre mi scoppiava
la cappella?
Sei andata in "muntagna" a vedere il cielo...

La mia vita, qui, è una discreta merda.
Fossi almeno capace di qualcosa.
La trascendenza mi pare il mero frutto
degli oppiacei.
Mi rimane solo l'esempio stoico:
il sopportare sino alla fine senza cedere.


Tornando terra terra,
rilevo la costante sensazione
della vanità di tutte le cose:
più sono attratto da esse,
più in esse scorgo il fondo del perituro
e della delusione.
Le donne, ad esempio,
sono dei begli involucri di carne.
Ma dentro sembra che siano vuote,
salvo il consolatorio buco della
patacca e un vano conformismo.

E tu invece vai in muntagna a vedere il cielo,
cara Michela...

Una sera d'agosto il caro Albi ebbe a dire
che una donna
per fare la puttana
deve avere in sè qualcosa di marcio,
qualcosa che è andato storto.


Come obiettare o confutare
la tesi del caro Albi?
E' possibile?
E in te, mia adorata Michela:
che cosa è andato storto,
che cosa in te è marcio,
che cosa ti ha condotto
sulla via di Sburranello?

Già un paio di volte la bambina eterna
mi scaraventò nell'abisso.


La bambina eterna succhiava sangue a litri.
E tu Michela?

Che cosa è andato storto?
La ziat amaranto
non lo sa.

venerdì 25 ottobre 2013

lo schiavo

Filiberto Glandini è un giovane romano
ossessionato dalla ricerca dell'amore.
Per far colpo sulle donne,
egli inscena la parte del pagliaccio folle
che ad ogni costo e a ogni piè spinto
cerca di suscitare l'ilarità generale
a mezzo di miserabili battute da cabaret.
Il risultato di tali pagliacciate,
nel segno della mediocrità,
è sempre un disastro:
a parte il saltuario sorriso a denti stretti
di qualche zitella in decomposizione,
la sensazione complessiva è di una forzatura
e di un generale fastidio degli astanti.

Le coetanee appartenenti al ceto sociale del Glandini
semplicemente gli danno in culo,
salvo il caso di due o tre zitelle
conosciute all'oratorio
e belle come la fame d'inverno.

Affetto da un' assoluta inettitudine in eroticis,
il Glandini si consola con pipe,
massaggi cinesi
e la costante frequentazione di
meretrici dell'est
cui eiacula in bocca.

Un giorno,
un certo Brigates Pulcinelli,
anodino avvocato napoletano
invischiato nel losco giro
della prostituzione minorile,
convince il Glandini a tentare
la "carta vincente":
per soli diecimila dollari,
egli potrà conseguire l'agognato sogno
dell'amore (e della patacca):
recandosi all'uopo in una sperduta località
del Patakkistan,
potrà scegliere a suo piacimento
presso un apposito mercato di schiave,
una fanciulletta di dodici
o tredici anni,
appositamente venduta dalla famiglia
grazie alle barbare usanze
colà vigenti.

Subito dopo l'acquisto,
grazie all'ausilio
d'un funzionario civile corrotto,
il Glandini avrebbe sposato
la bambina ed ottenuto
le scartoffie necessarie per portarla
in Italia in qualità di moglie.

Così,
in mezzo a beduini e a cammellieri puzzolenti,
il Glandini, con la bava alla bocca,
sceglie la sua sposa:
una esile ragazzina di appena dodici anni,
dai capelli neri e la carnagione scura.

L'umile creatura si chiama Dandra:
al Glandini viene assicurato
che ella è vergine ed obbedirà
per tutta la vita
ossequiosamente ad ogni suo volere...

Rientrato nel belpaese con la bambina,
il Glandini
-eccitato come un cane
e straripante
d'un desiderio carnale represso-,
si unisce alla creatura
e senza neanche pensarci
le viene dentro:
la bambina rimane incinta.

Il Glandini è felice,
finalmente si sente un uomo realizzato
con una moglie e un futuro figlio,
al pari dei suoi simili.

Dandra invece soffre,
poichè è solo una bambina.
La notte, dopo aver assecondato
i turpi desideri carnali
di un uomo per cui non prova alcun affetto
nè attrazione,
piange silenziosamente
coprendosi il volto con il cuscino.

Decisa a non assecondare
le turpi voglie
di quell'uomo estraneo, nè di portare avanti
il peso della gravidanza,
la povera creatura,
con un gesto risoluto e inopinato,
in una mattina d'autunno,
si toglie la vita
gettandosi dal quinto piano d'un palazzo.

L'orribile tragedia sconvolge
il Glandini.

Perchè si è uccisa?
Poteva essere felice...o no?
Pazienza, peggio per lei:
devo essere felice, ad ogni costo...

Una settimana dopo i funerali
il Glandini
riparte per il Patakkistan.

Avrebbe scelto un'altra bambina
in quel lurido mercato di schiave.
Perchè la vita, in fondo, va avanti.

giovedì 17 ottobre 2013

la domanda di gisus

Respinto infine dalla negretta di Sermoneta
che scrive versi anodini,
il ciandala di col d'auricchio, Gisus Cazzucci,
al pari d'un barboncino in calore,
con la reiterazione tipica degli ossessi,
mi pone da tempo questa domanda:
che cosa devo (dobbiamo) fare per trovare l'amore?

A questa domanda, caro Gisus Cazzucci,
non so rispondere.
Avendo amato troppo, e invano, e troppo spesso,
mi sia concesso il silenzio
di colui che non ha più nulla da dire in merito.

Del resto, caro il mio Gisus Cazzucci,
la tua domanda, vecchia come il mondo,
oggetto di disquisizioni d'ogni sorta,
ha già ricevuto sufficienti risposte.

Ma una cosa è conoscere le risposte
-ammesso che queste siano corrette-
e altra cosa è metter in pratica le medesime.

Visto che le preghiere all'onnipotente
non ti hanno dato frutto alcuno,
potresti tentare molteplici vie.

Attenendomi al banale potrei consigliarti
di incassare i crediti (prescritti) inevasi dal Falli
e utilizzarli per una seria e generale chirurgia plastica
con finalità estetiche...
Anche se ciò, naturalmente non basterebbe,
poichè in ogni caso dovresti pazientemente
attendere il giorno in cui la scienza medica
sarà in grado di impiantarti il cervello clonato
d'un Buralix (o d'un Falli).

Su un diverso piano, invece,
sempre al fine di trovare una risposta alla tua
tribolata domanda,
potresti provare a cercare qualche libro di magia
nella biblioteca di Lucano
e vedere se trovi qualche intruglio a base di ali di pipistrello
e feti morti: dopodichè sarà sufficiente
invitare la negretta di Sermoneta
a bere una camomilla e mescervi di soppiatto la porcheria...

In alternativa, caro Gisus,
potresti partecipare assieme al mutumattu,
alla modica cifra di duemila dollari,
alle lezioni di rimorchio e autostima
tenute dai neo casanova
che tanto entusiasmano gli sfigati.

Oppure, oppure, Caro Patucchi,
anzichè dannarti per un amore non corrisposto,
potresti accontentarti dell'amore di Danelia Gracchietti,
o di Ganuela Mastromostri o di Alfia Dorelli.

Oppure, infine, potresti partire per l'India o il Burundi
e comprarti una schiavetta
che soddisfi i tuoi impuri desideri carnali.

Vi è da aggiungere, infine,
che nella remota ed eventuale ipotesi che tu trovassi l'amore,
di certo per te le tribolazioni non verrebbero meno:
se non sarai in grado, prima di tutto, di recidere
o quantomeno regolare, attenuare e normalizzare
il morboso vincolo che ti lega,
alla stregua d'un infante, a Barina e Lucano.

Tu stesso, lucidamente, una volta,
prendesti atto di una tale necessità, ne "il cordone".

Nel finale di quella storiella,
il cordone, come per incanto, si scioglieva da sè.
Ma nella realtà, nella vita, le cose stanno diversamente
caro Gisus.
Nella realtà, ahimè, i cordoni vanno recisi
con un atto di volontà.
Altrimenti....

mercoledì 16 ottobre 2013

glandini

Faustus Melchiorre Glandini è un uomo alla deriva.
Privo di un centro interiore, di un "Sè",
egli brancola nel buio di un'esistenza anodina,
condizionato dalle mille preoccupazioni che affliggono
i suoi contemporanei borghesi.
Un'amore non corrisposto verso una negretta che scrive versi,
una professione che economicamente non decolla mai,
un legame morboso verso genitori ansiosi
precludentegli uno sviluppo sano,
una fede religiosa vissuta piattamente e passivamente,
la ricerca continua di passatempi ed evasioni di massa,
la costante frequentazione di giovani prostitute dell'est:
ecco, in summa, la vita del Glandini.

Un'insicurezza costante,
persino nello scegliere il colore della carta igienica,
è il fondo, la radice ultima dell'anima del Glandini.
In un certo modo Glandini pasce questa insicurezza,
non le si oppone mai,
poichè essa, con l'abitudine, è diventata il prontuario perfetto
e la giustificazione ultima di ogni cappellata che egli compie.

Una sera d'ottobre il Glandini,
stanco di tutto,
si reca a passeggiare presso il lago di Femi.
Mentre cammina, ristorato
dalla vista del lago, dai colori morbidi dell'autunno,
dagli odori del bosco,
una fanciulletta,
nascosta dietro una fratta,
lo chiama.
Psssssss! Pssssssss! Ehi tu!
Vieni qui baccalà!

Glandini si gira... e sconcertato
vede la ragazza.
E' completamete nuda.
La pelle è bianca come il latte;
i capelli, lievemente ondulati, tralucono oro;
il seno è piccolo, come quello d'una adolescente;
i capezzoli hanno color di un'alba rosa;
il pube, magnifico, è cosparso di una leggera peluria bionda,
come un campo di grano.
Il viso è quello d'una dea biricchina,
forse Artemide o forse Afrodite...

Sconvolto dalla visione uterea,
il Glandini, impietrito dalla bellezza della fanciulla,
non riesce a proferire nemmeno una sillaba.

La fanciulla, per nulla in imbarazzo,
esce dal riparo, afferra d'impulso
la mano tozza del ciandala
e lo conduce in un bel prato verde...

Privo di qualsivoglia capacità volitiva,
al pari d'un meccanismo ignoto,
il Glandini osserva sè stesso obbedire alle regole
di un sogno voluttuoso...
il suo corpo si inginocchia sotto la fanciulla,
e la sua bocca riceve il caldo e sipido umore
sgorgante dalle sinuosità tepide di quel sacro pube....

La fanciulla sospira, ansima, grida...
il Glandini inghiotte il piacere della dea.

Infine la donna, ridendo tra sè, scompare,
correndo nel bosco.

Il Glandini, stupefatto, con ancora in bocca
il sapore della creatura, ode una voce femminile
che gli dice:

Tu puoi essere felice,
stupido d'un mortale!