giovedì 24 marzo 2011

un uomo

Mentre in Africa si scannano e in Giappone s'inghiotte l'incubo nucleare, io vado a trovare Alessandra.
La poverina ha il mal di denti, le medicine non le fanno niente.
Le chiedo se posso aiutarla in qualche modo.
Mi dice che l'unica soluzione è andare dal dentista ma non vi si può recare perchè deve lavorare.
Le chiedo se succhiarlo è un'operazione dolorosa.
Dice di no.
E così lo succhia.
Quando fa l'amore chiude gli occhi.
Si chiude, come un bocciolo morto.
Che peccato.
Chissà a che pensa.
Forse pensa al suo ragazzo in Romania, forse alla mamma o alla sorella.
Di sicuro non pensa a me.
Forse chiude gli occhi proprio per non guardarmi in faccia.
Per estraniarsi da un essere, io, per cui non prova nulla.
Io invece penso a lei.
Penso a come dev'essere farsi infilzare col mal di denti.

Quando scopo scopro mondi e formule magiche.
Cerco di cogliere ogni odore, ogni punto debole del piacere altrui.
Il piacere di lei, chiunque ella sia.
Solo quando gode del mio pene infuocato la donna mi si rivela.
Mai prima.
Prima c'è solo sotterfugio.

Quando scopi la mente è libera di vagare.
Il corpo ti congeda fino all'orgasmo.
Vatti a fare un giro mente, vai a trovare tuo nonno o tua sorella.
Io corpo intanto godo.
La mente può estasiarsi nelle pieghe profumate della fantasia o appassire nella noia.
Dipende da con chi sei.
Alessandra se ne va per conto suo, pare di fottere con un fagotto di carne senza anima.
E' triste.
A letto la bellezza di una donna di per sè non vale niente se non è sorretta da una sincera passione per il tuo cazzo e il tuo corpo.
Pazienza.

La primavera è giunta.
Più invecchio più mi piacciono le adolescenti.
Mi piace la vostra pelle morbida, pallida e rosea, i vostri denti candidi, la vostra assoluta noncuranza verso il prossimo e il mondo, la vostra frivola gioia di vivere, i vostri teneri foruncoletti da baciare con tenerezza.
Anche il vostro mestruo è benedetto.
Sono un uomo.
Con una coscienza buona e riconoscente.

martedì 8 marzo 2011

l'assassino

Di paranoici, ahimè, ne ho conosciuti molti.
Ognuno con la sua fissazione, il suo stile, i suoi argomenti più o meno veri.
Laddove l’intelligenza si arrende all’opinione diversa, il paranoico si infuria e vuole avere l’ultima parola.
Spesso il paranoico si appella a dimostrazioni razionali o alla scienza o a un principio di autorità, senza nemmeno sapere che la scienza moderna avanza ipotesi e non innalza teorie definitive.
Il paranoico non è tanto ossessionato da ciò che ha scoperto e che trasforma in verità irrefutabile, quanto dalla possibilità che qualcuno metta in dubbio e scardini il suo dogma.

La zia Pina è fissata con la mafia, gli omosessuali, i radicali di Pannella.
Antoine è fissato col Vaticano e i romani che gli irradiano l’ano mentre guida.
Per entrambi il male è sempre l’altro e altrove.
La pingue moglie di Mario Prodi è fissata con l’omeopatia.
Idolatra il suo omeopata psicologo che le spilla cento euro a botta.
Visita alacremente tombe e cimiteri, legge epitaffi altrui che Mario Prodi recita a memoria come versi di Leopardi.
Guai a contraddirla, diventa una balena feroce e petulante.
La balena vorrebbe una tomba speciale.
Cecco Pacenza vede banchieri ebrei e massoni dietro a tutto.
S’incazza e strabuzza gli occhi se osi mettere in dubbio l’esistenza degli alieni o qualche altra teoria strampalata.
Una ragazza di Ariccia appiccica bigliettini colorati nel cesso e ritiene che i suoi problemi mentali possano essere risolti solo da uno specialista.
Pur tuttavia rimane sempre un'isterica.
Anche io ogni tanto divento paranoico.
Poi per fortuna mi rendo conto che ho solo ingigantito un’idea e benevolmente tiro lo sciacquone.

La paranoia è un’idea tiranna che non ci fa vedere il resto.
L’idea può indossare abiti diversi.
Può ammantarsi da persecutore immaginario oppure da salvatrice.
Alla base delle fedi religiose e delle ideologie c’è sempre la paranoia.
L’idea esiste solo nella testa, è un ritaglio arbitrario dal caos.
Alle idee ci si affeziona, è difficile rinnegarle senza rinnegare se stessi.
Tuttavia è meglio rinnegare se stessi che vivere imbalsamati.

La verità è un’idea monca.
La verità è un petalo trovato per caso nel deserto del mistero.
L’idea seduce quasi quanto la donna.
Ma nessuna idea varrà mai quanto una donna.
Anche la donna è un’idea, un’idea quasi sempre sbagliata. Come l’uomo.
L’uomo non esiste.
L’ idea esiste solo per essere confutata.
Solo l’assassino delle idee è libero.

lunedì 7 marzo 2011

l'ultimogenito

La pasta aglio e olio di Peppino come al solito è mezza scotta.
Come al solito anche l'aglio è semi carbonizzato.
L'unto del Signore, Saviano, enuncia quattro solenni banalità nel suo piatto soliloquio televisivo.
Da coraggioso scrittore antimafioso è diventato un divo inutile del teleschermo.
Ora si occupa della solitudine del potente e delle battone di Arcore.
Fa ironia su Ruby e dispensa alta cultura discutendo di mozzarella e dei gol di Maradona.
Davanti a me, in carne ed ossa, l'ultimogenito del filosofo catanese Sgalambro.
E' un amico di Peppino.
Fisicamente sembra Piero Ricca.
Barba e capelli ricci, leggermente obeso, mal vestito.
E' un tipo educato, parla a bassa voce.
Tuttavia emerge un banale conformista di "sinistra", nè colto nè intelligente.
Anche lui scandalizzato per le battone minorenni, per i coiti di testa d'ascella.
Lo informo, avendo un briciolo di conoscenza giuridica, che per la legge il sesso (non coartato ovviamente) è "consentito" a partire dai quattordici anni di età.
Il baccalà non mi crede e andiamo a consultare internet.
A questo punto, dato che la legge gli dà torto, si appella alla "morale".
Alla bieca morale dei sessuofobi bacchettoni.
Pur non essendo illegale, scopare con una minorenne non è morale.
Non è invece immorale imporre agli altri a che età possano cominciare a scopare.
Nè, del pari, è immorale impedire il sesso consenziente tra settantacinquenni e minorenni.
In cuor mio mando a cacare l'ultimogenito del filosofo catanese Sgalambro.
Chissà che tipo è il padre.
Chissà se anche lui è un troglodita.
Ma alla fine chi se ne frega.
Terminata la cena l'ultimogenito sembra ansioso di rifugiarsi in qualche bettola e concludere la serata ciucciando cannoni d'erba.
Peppino sapientemente suggerisce il "Tinello", nota bettola genzanese frequentata da consumatori di spinelli.
La proposta è prontamente accolta dall'ultimogenito.
Così saluto i due amici e me ne vado a casa.

Postscriptum: nel pomeriggio vedo sfrecciare su una specie di bidone scassato il vecchio Bragion Grey.
Sembrava Lando Buzzanca con una parrucca a caschetto nera.
Che Dio lo benedica.

venerdì 4 marzo 2011

l'incangiabile

Peppino è tornato.
Ricevo il suo messaggio: "Vieni a riabbracciare un buon compagno di avventure".
Più tardi farò un salto da te caro Peppino.
Magari con una bottiglia di vov.
Peppino è l'icona dell'immutabile mutevole.
Niente potrà mai salvarlo o cangiarlo da ciò che è.
Andare in Sicilia o vivere a Berlino non modificano l'essenza di un uomo.
Le latitudini e i climi condizionano l'umore, ma non credo che abbiano mai cambiato qualcuno.
L'essenza è ciò che ciascuno tenta di nascondere a sé e agli altri.
Se si è deboli si cerca di apparire forti, se si è lupi si cerca di apparire agnelli.
Ci sforziamo di essere ciò che non siamo.
Per viltà o convenienza.
Ma le maschere ogni tanto cadono.
Peppino non indossa maschere, non è un attore sociale.
Non si sforza di piacere a qualcuno, magari a una donna.
Desidera con il desiderio puro dell'animale.
E' nudo e crudo.
E' una bestia.
Peppino è l'assente a sè stesso.
L'instabile per necessità.
Il perduto indolente.
Peppino è il metafisico dell'astenia.
E sarà sempre così, nei secoli dei secoli. Amen.

Vado a trovare Riza.
Fottiamo dietro un cespuglio dietro la Pontina.
A un certo punto proprio mentre vengo, sento freddo al piede destro.
Lo avevo immerso in una specie di fiumiciattolo fangoso che mi scorreva vicino.
Riza, che brava ragazza.
E' una santa.
Sempre dolce, con un sorriso sincero.
Sotto la pioggia, con il freddo o la calura.
La strada abbrutisce il corpo.
Ma la tua anima è ancora vivida.
Non cambiare Riza.
Rimani vivida.

Ieri sento Mari.
Anche lei non cambia mai.
Sempre inamovibile, come una montagna che invecchia male e non se ne accorge.
Sempre pavida, sofferente.
Crocifissa ai pregiudizi e chiusa al piacere.
Mai libera.
Mai perversa.
Mai sincera.
Solo e soltanto carceriera di te stessa, schiava delle tue paure.
Povera Mari.

Passeggiando per Torbalinga pare di stare a Bengasi.
Torme di nordafricani ciondolano per il lungomare.
La sensazione è di disagio, la presenza massiccia di quegli uomini rozzi e sporchi mi infastidisce.
Una parte di me prende le loro difese.
Sono dei disgraziati in cerca di una vita migliore.
Forse non sono bruti.
Una chance va data a tutti.
Per umanità.
Tuttavia non credo alle balle penose del multi culturalismo.
Se una cultura come quella islamica mi ripugna, non vedo perchè dovrei tollerarla.
E dato che tale cultura è piena zeppa di ignoranti, imbecilli, violenti e fanatici, non vedo perchè dovrei tributare ospitalità ai suoi accoliti.
Se vi è concessa una chance, una chance verso voi stessi, ragazzi nordafricani, è perchè spero che in mezzo a voi ci sia qualcuno tanto intelligente e coraggioso da buttare in mare il libro fetido di Maometto.

Si è fatto tardi.
Il quadro forse è l'emblema dell'incangiabile.
Una volta fissate, le forme e i colori sono eterni.
Il quadro è sempre il punto terminale di una volontà.
Io sono un pennello.
Se la volontà e il pensiero non si rigenerassaro costantemente - come il pennello del pittore nella tavolozza - il mondo e la vita apparirebbero insopportabilmente sbiaditi e monotoni.
Chi vede nel mondo un quadro portato a termine, per quanto incantevole, alla fine si stuferà di esso e lo odierà come si odia tutto ciò che è uniforme.
Chi, all'opposto, vede nella propria vita un abbozzo senza fine, rifiuterà il vincolo della cornice.
La cornice è solo un limite immaginario.