venerdì 4 marzo 2011

l'incangiabile

Peppino è tornato.
Ricevo il suo messaggio: "Vieni a riabbracciare un buon compagno di avventure".
Più tardi farò un salto da te caro Peppino.
Magari con una bottiglia di vov.
Peppino è l'icona dell'immutabile mutevole.
Niente potrà mai salvarlo o cangiarlo da ciò che è.
Andare in Sicilia o vivere a Berlino non modificano l'essenza di un uomo.
Le latitudini e i climi condizionano l'umore, ma non credo che abbiano mai cambiato qualcuno.
L'essenza è ciò che ciascuno tenta di nascondere a sé e agli altri.
Se si è deboli si cerca di apparire forti, se si è lupi si cerca di apparire agnelli.
Ci sforziamo di essere ciò che non siamo.
Per viltà o convenienza.
Ma le maschere ogni tanto cadono.
Peppino non indossa maschere, non è un attore sociale.
Non si sforza di piacere a qualcuno, magari a una donna.
Desidera con il desiderio puro dell'animale.
E' nudo e crudo.
E' una bestia.
Peppino è l'assente a sè stesso.
L'instabile per necessità.
Il perduto indolente.
Peppino è il metafisico dell'astenia.
E sarà sempre così, nei secoli dei secoli. Amen.

Vado a trovare Riza.
Fottiamo dietro un cespuglio dietro la Pontina.
A un certo punto proprio mentre vengo, sento freddo al piede destro.
Lo avevo immerso in una specie di fiumiciattolo fangoso che mi scorreva vicino.
Riza, che brava ragazza.
E' una santa.
Sempre dolce, con un sorriso sincero.
Sotto la pioggia, con il freddo o la calura.
La strada abbrutisce il corpo.
Ma la tua anima è ancora vivida.
Non cambiare Riza.
Rimani vivida.

Ieri sento Mari.
Anche lei non cambia mai.
Sempre inamovibile, come una montagna che invecchia male e non se ne accorge.
Sempre pavida, sofferente.
Crocifissa ai pregiudizi e chiusa al piacere.
Mai libera.
Mai perversa.
Mai sincera.
Solo e soltanto carceriera di te stessa, schiava delle tue paure.
Povera Mari.

Passeggiando per Torbalinga pare di stare a Bengasi.
Torme di nordafricani ciondolano per il lungomare.
La sensazione è di disagio, la presenza massiccia di quegli uomini rozzi e sporchi mi infastidisce.
Una parte di me prende le loro difese.
Sono dei disgraziati in cerca di una vita migliore.
Forse non sono bruti.
Una chance va data a tutti.
Per umanità.
Tuttavia non credo alle balle penose del multi culturalismo.
Se una cultura come quella islamica mi ripugna, non vedo perchè dovrei tollerarla.
E dato che tale cultura è piena zeppa di ignoranti, imbecilli, violenti e fanatici, non vedo perchè dovrei tributare ospitalità ai suoi accoliti.
Se vi è concessa una chance, una chance verso voi stessi, ragazzi nordafricani, è perchè spero che in mezzo a voi ci sia qualcuno tanto intelligente e coraggioso da buttare in mare il libro fetido di Maometto.

Si è fatto tardi.
Il quadro forse è l'emblema dell'incangiabile.
Una volta fissate, le forme e i colori sono eterni.
Il quadro è sempre il punto terminale di una volontà.
Io sono un pennello.
Se la volontà e il pensiero non si rigenerassaro costantemente - come il pennello del pittore nella tavolozza - il mondo e la vita apparirebbero insopportabilmente sbiaditi e monotoni.
Chi vede nel mondo un quadro portato a termine, per quanto incantevole, alla fine si stuferà di esso e lo odierà come si odia tutto ciò che è uniforme.
Chi, all'opposto, vede nella propria vita un abbozzo senza fine, rifiuterà il vincolo della cornice.
La cornice è solo un limite immaginario.