domenica 29 luglio 2012

la belva

Credevo sul serio d'esser l'unico spirito senza
pregiudizi e paraocchi ; senza falsità, sciocchezze e bestialità
in testa ; il solo capace di sbandire gli inganni
e di buttar giù gli usurpatori ; di spopolare l' intero
walhalla dei vecchi dei e degli idioti moderni ; di spogliare
ogni cosa, ogni idea, dai ruffianeschi veli dell'abitudine,
e della convenzione ; di liberare l'umanità
da tutte le obbrobriose servitù mentali che la impastoiano.
Volevo liberare (cioè, secondo l' idea mia,
aiutare) quelli stessi che disprezzavo e li disprezzavo
appunto perchè non eran liberi e appunto perchè erano
spregevoli volevo liberarli.
Volevo inalzarli fino a me e non già chinarmi fino a loro.


Per renderli uomini facevo lor sentire ch'eran bestie;
per dimostrare il mio amore li picchiavo.
Se mi abbassavo era soltanto per frustarli,
per divertirmi. Volevo renderli degni di me, del mio
tipo ideale di umanità tutta libera, tutta spirito, tutta
miscredente d'ogni fede.

Ma non volevo destarli colle buone e colle carezze :
bensì squassandoli e pigliandoli per il petto e sbattendoli
contro il muro perchè dall' ira e dalla vergogna
di quel rude risveglio venisse fuori uno scatto
d'energia, una mossa sdegnosa di virilità. Mi comportavo
cogli uomini come i domatori colle belve mezze
istupidite e assonnate dei serragli. Li pungevo, li bruciavo
e li frustavo : li pungevo coi più feroci sarcasmi
ch'io sapessi trovare ; li bruciavo colle parole dure
e spiacenti e colle accuse spietatamente sincere; li frustavo
mostrando loro quant'eran vigliacchi nella vita,
umili nei desideri, primitivi nelle idee, ignoranti in
ogni cosa e assolutamente incapaci di capire a fondo
e di ragionar diritti.


Mi piaceva molto, ad esempio, turbare le coscienze
con domande impensate, gravi, fondamentali — con
una di quelle domande che nessuno fa mai e che paiono
magari assurde ed inutili, di quelle domande che nessuno
osa rivolgere neppure a sé stesso e che pure rimettono
in questione le più consuete idee del mondo,
tutti i valori, tutta la vita. Volevo costringere gli
altri a riflettere, a pensare, a riesaminare sé stessi, la
propria anima, il loro futuro, i loro ideali ; volevo ricacciare
ognuno dentro di sé, là dove non si scende
volentieri ; e metter ciascuno faccia a faccia con sé
medesimo, per ravvedersi, per prender altra via, per
accelerare il passo, per non dimenticare — se ancora
era in tempo. Molti hanno dovuto a me un risveglio
di coscienza, una crisi di abbattimento che li ha
rifatti uomini e li ha rimessi sulla strada con forza
nuova. Fra questi eterni e pigri dormenti che sono
gli uomini é pur necessario che qualcuno abbia il
coraggio di gettare il chi va là della scolta,
e di suonar la diana prima del solito mattino, e dar qualche
cenciata ai rossetti che impiastricciano i volti perchè
ognuno veda con spavento la sua bruttezza e vecchiezza.

Chi non ha la forza di guardarsi in viso si trucchi di
nuovo e reciti pure la parte del galantuomo anche s'è
una canaglia e la parte del genio se pure è uno sciocco.
Non m' importa : il mio dovere l'ho fatto !
Odiatemi pure e maleditemi e scansatevi al mio
passaggio. Non si rifanno gli uomini coi cerotti e l'omeopatia.
Ci voglion cure radicali e feroci. Bisogna tagliare
dove è da tagliare ; e bruciare dove c'è il marcio;
e portar fuori dal soffice nido delle abitudini chi non
conosce la fresca furia del vento e la salutare gelidità
della neve se non traverso i vetri di casa sua. E se
l'aria vi mozza il respiro e vi soffoca tanto peggio per
voi e tanto meglio per i becchini.

Io non mi pento d' essere stato troppo franco e
attaccabrighe. Non so giovare che tormentando; non
posso amare se non disprezzando.

(Giovanni Papini)

domenica 22 luglio 2012

L'onda

Evviva Paterbaldi Clousetti!
Evviva il mare!
Evviva la figa!
Evviva il Duce!

Non chiedete mai le ragioni di un'ossessione!
Quando si ama una donna (Madalina) o un uomo (Clousetti)
l'ossessione è sempre fisiologica; o fico-logica (nel caso appunto d'una fichetta).
L'ossessione per Clousetti è sana e fervida; inoltre durante la notte la rosea
cappella si addrizzerà come quella dei tori, sollecitata dal pensiero delle
mille incantevoli sirenette conosciute al mare...
Al mare!
Ma andiamo con ordine.

Alla faccia della Zuzetti che si masturba il cervello bevendo cappuccini,
Clousetti passa verso mezzogiorno, mantenendo la parola data.
In mezzo alle strade di campagna della pianura pontina,
giungiamo finalmente a Sabaudia.
Nonostante le palle quasi ci scoppino, tiriamo dritto dinanzi a una ninfa bionda
che vende il suo corpo per strada.
Prima di andarci a ingozzare come porci in una pescheria del paese,
ci rechiamo nella verde piazza col monumento bianco inciso in onore
di chi, col sudore, l'aratro e la volontà, edificò sconfiggendo la palude quell'augusta città:
lì in silenzio tributiamo, levando al cielo i bracci destri, un ossequioso saluto dinanzi alla
memoria di quell'uomo meraviglioso che per vent'anni risuscitò l'Italia tutta;
e i cui tremendi sbagli pagò col prezzo più alto.

La pescheria è una specie di ostaria di quart'ordine diretta da un simpatico gaglioffo
i cui familiari, alcuni minorati, altri sdentati, fan da camerieri e cuochi;
ci serve uno sdentato, camerata anch'egli e dalla battuta lesta.
I tranci di tonno e salmone sono eccellenti; i moscardini, annegati nel sugo di pomodoro,
mi risuscitan al sol pensiero l'acqualina in bocca; gli spaghetti alle vongole fanno venir voglia d'esser nati corsari...infine un caffè, per tener vigili i nervi e la coscienza e per svuotar il ventre con un sano scacaccio all'or del tramonto.

Infine giunti in spiaggia, miriamo la bellezza di quel pube divino ricoperto di boschi
alla nostra sinistra: il promontorio del Circeo!
Poi si gioca a freesbe; e il Patucchi -vestito di rosso, elegante come un albanese, bello come Lucio Dalla, il volto amaranto spalmato di bianca sementa, denti gialli, la pancia d' un tricheco- dà il meglio di sè, saltellando qui e scattando là, afferrando il disco con pose plastiche che nemmeno l'occhio di Fidia avrebbe mai concepito...

Ma lo spettacolo continua!
Tramutato in clown, ebro di adrenalina, più rubicondo che mai, il circense Patucchi "rimorchia" due fichette di medio livello che dietro di lui giocano a racchettoni!
Eccezionale...
Scambiatolo per un allegro demente, le fichette gli regalano sorrisi e battute, precludendogli la
fica per sempre.
Ma Patucchi è felice lo stesso!
Si getta in mare, fra le onde burrascose, mentre io, a pezzi, mi adagio sull'arenile.

Patucchi!
Niente t'incrina lo spirito: l'esser condannato alla mano destra, il fato di clown e la beffa perpetua:
e tu ne ridi, bevendo a garganella sciampagna!
A un certo punto, complice la burrasca, non scorgo più l'amato:
col cuore in gola temo il peggio...
Invece Elio è lì, in mezzo ai tempestosi flutti, e mi saluta pure!

Elio, infinito clown: per me tu sarai sempre lì, col sorriso in mezzo
ai flutti, impavido e sereno dinanzi ai baratri!
Che importano i flutti!
Che importano i baratri!
Maestro della gioia, esempio fulgido della follia!
Oltre ogni onda ci sarai sempre tu.

martedì 17 luglio 2012

La prova (Elio Patucchi)

Elio Patucchi fu un uomo pio.
Mantenuto e attaccato al capezzolo dei vetusti genitori fino all'età di cinquantasette anni,
prese i voti e indossò il talamo francescano, seguendo la via del Cristo.
Niente più masturbazioni, niente più mamme ignote.
Infine morì, di cancro alla prostata, come la gran parte dei preti la cui Fede è vera.
(E' noto che quando si smette di sborrare le cellule neoplastiche si moltiplicano a dismisura).

Una volta morto -non prima di aver confessato i propri peccati, aver chiesto perdono
e aver baciato febbricitante un crocefisso di latta- Elio si ritrovò nell'aldilà.
Con stupore gli venne incontro uno strano tipo con indosso un jeans e una maglietta nera
da due soldi con scritto "Corona's".
"Non aver paura. Sono solo il diavolo"
"Ma come -esclamò Patucchi- una vita dedicata esclusivamente al Signore,
senza più pippe e mamme ignote, ed eccomi all'inferno!"
"C'è stato un problemino. Tuttavia hai ancora una chance..." disse il diavolo.
"Che significa? Posso ancora ambire al paradiso?" chiese Elio rosso in volto.
"Si. Però dovrai superare tre prove. Dovrai...eiaculare con tre donne. Prima del tramonto"
"Ma che razza di..."
"Non mettere in discussione la volontà del Signore! i mezzi e le vie per la salvezza
sono noti solo a Lui. E ora, se non vuoi marcire per sempre qui all'inferno, datti da fare!"
Così dicendo il diavolo scomparve.
Sconvolto, Patucchi si guardò intorno.

Si trovava in una landa sperduta e deserta, percorsa da un fiumiciattolo rossastro.
Un sole cupo, sopra il suo capo, lo ammoniva del trascorrer del tempo.
"Farò la Tua volontà Signore!" gridò; e si mise in cammino, senza meta.

Dopo un pò incontrò una donna.
Era Valenzina Zuzetti, zitella sifilitica amica del Patucchi.
Un tempo innamorato e soggiogato all'arbitrio di quella donna infida e petulante,
che mai gliela diede, manco l'avesse avuta d'oro, Elio comprese che quella
doveva essere la prima "prova" di cui gli aveva parlato il diavolo.
In buona fede Elio le spiegò la situazione.
La donna, sorpresa e disgustata, lo respinse.
"Sei Pazzo! Sono in vacanza in Sinai...che schifo...non mi accoppierei con te neanche
per tutto l'oro del mondo! Io sono bellissima e merito solo fotomodelli...
va a farti una pippa, come hai sempre fatto..."
A quel punto Elio esplose d'ira.
Colpì la donna al volto con un ceffone sonoro.
"Donna sciagurata e inetta, quanta pietà fai! Strega risecchita, sgualdrina
vanitosa in cerca di cazzi di cane! Avresti dovuto baciare dov'è più sporco
pur di trovare un uomo come me! Ora, se non vuoi che ti abbandoni qui,
al tuo lurido destino, sbrigati a bere il mio seme. In ginocchio troia!"
La Zuzetti, terrorizzata, obbedì in silenzio.
Elio le sborrò in gola.
La strega si tramutò in serpe e strisciò via.
"La prima prova è compiuta. Prosegui senza indugio, prima che il sole tramonti!"
disse una voce extraumana, da chissà dove.

Ripreso il cammino, Elio incontrò un'altra donna: Delia Zaganelli.
Anche Delia un tempo era amica di Elio.
Ora era una donna senza grazia, raggrinzita e ricoperta di rughe come una mummia egizia.
Laureata in economia aziendale, impiegata in una ditta di preservativi,
cazzofobica da anni, Delia scassava i coglioni un pò a tutti con la loquacità e la presunzione culturale tipica dei parvenus di sinistra.
Felice di rivedere Elio, Delia sguinzagliò subito la lingua e con voce stridula si mise a parlare di "cultura" (riassunti di telefilms americani, ricette di cucina, storie di parenti e nipoti, resoconti erotici di viaggi a Rimini, etc., etc.).
Stanco delle stronzate proferite dalla mummia, Elio la interruppe bruscamente.
"Mi fai una pippa? Ne va della salvezza delle nostre anime."
Delia rimase felicemente sorpresa.
"Ma chi io? oddio...ma perchè non me lo hai mai chiesto prima d'ora?
Quante cene romantiche insieme, tu ed io...e tu, come un baccalà, non ti sei mai fatto avanti...
io non aspettavo altro, bramavo il tuo cazzetto! Lo avrei ciucciato per bene, davvero sono brava!"
"Bando alle ciance!" disse Elio sguinzagliando il pene.
Purtroppo Delia non era capace nemmeno a tirare una pippa come si deve e in mano
sua il pizzo di Elio s'ammosciava di continuo.
Così Elio fece voltare la mummia, la mise "a pecora" e dopo mezz'ora
le sborrò sopra i glutei molli.
La mummia si tramutò in cornacchia e volò via.

Elio riprese il cammino.
Il sole era basso.
Mancava poco ad un tramonto cremisi.
Stanco, madido di sudore e ricoperto di polvere, Elio infine trovò la terza prova.
Alfia Dorelli era lì, seduta su un sasso.
Volto grigio e rugoso, occhiali da miope, tutta la tristezza nera di chi, solitario,
è nato sotto un segno maledetto.
Al pari del Cristo quando affrontò il Golgota, Elio cedette.
"Ti amo!" gridò Alfia soccorrendo l'amato.
Elio non rispose.
Distrutto, chiuse gli occhi e lasciò che la donna si occupasse di lui.
Il pene di Elio non si rizzò.

Il sole amaranto era tramontato.
Una notte vischiosa e fredda era scesa su quella landa priva di vita.
Elio riaprì gli occhi.
Alfia non c'era più.
"Ho fallito. Sia fatta la Tua volontà Signore" disse Elio.
Una lagrima calda sgorgò dai suoi occhi azzurri.

Fu a quel punto che nel cielo nero gli parve di scorgere una bianca colomba.
Il tenero animale volava leggiadro e senza paura, diretto verso chissà quale metà.
Forse il meraviglioso animale era il Segno d'una speranza.
Forse stava a significare che nessuna avversità, nessun inferno può oscurare
e piegare una Fede invincibile.

Nel puntò in cui scomparve la colomba, germogliò limpida e radiosa un'aurora.
Elio si rialzò e asciugò le lagrime.


"Ora tocca a me esser colomba" - disse.

domenica 15 luglio 2012

il dono

Lanciata ad un cielo in cui l'assenza del dio è limpida
come il chiarore d'un aurora,
la (vostra?) bestemmia echeggerà nel vuoto.
I testimoni naturalmente vi guarderanno con orrore, come se l'insulto
fosse rivolto a loro.
E in realtà lo è: perchè ciascuno, a torto, si sente particella e scintilla divina.
Adorabili sciocchi: ma è giusto farli sognare.

Molti credono nel destino: altri invece percorrono la predestina...
Clousetti ad esempio: e invero, con l'occhio trasfiguratore dell'artista e del santo,
scorge scintille divine in mezzo allo squallore...
Col volto cremisi, la barba pungente e una maglietta nera da due soldi con scritto "corona's",
viene accostato da un trans originario dalle favelas di Sao Paulo.
Con dieci dà la bocca (probabilmente senza guanto), con venti il culo...
Un'offerta irrinunciabile: salvo che per l'integerrimo Clousetti.
L'albanese, lì per caso, anzi, a causa di un pervertito siciliano,
rifiuta il generoso invito del transex brasiliano.
Questi allora, con un candore e una grazia inconcepibili, accarezza
la mano tozza e rugosa dell'albanese, forse per cercare il conforto di un uomo
mite...
Ed è a questo punto che Clousetti, come il fraterello d'Assisi, sente il brivido
dell'infinito: la carezza del trans è la carezza di Dio, di Nostro Signore
Gesù Cristo....
Insistere oltre, per chi non ha il dono della Fede, è inutile.

Ovunque passi Clousetti, germoglia la terra, il cielo si libera, il sole risplende.
Qualsiasi cosa tocchi, essa si illumina; oppure sorge un fiore bianco e profumato.
Chiunque scruti il suo sguardo azzurro percepirà la vetta di un monte innevato
e baciato perennemente dal sole, l'abisso smeraldo e placido di un oceano che tutto preserva
nelle sue profondità, il vasto verde di una prateria carezzata da un vento tiepido dove le farfalle, gli uccelletti e i cuccioli non cessano di rincorrersi ed amoreggiare...

Naturalmente, come tutti i santi, Clousetti non sa nulla di sè.
Immerso nella bellezza e nell'amore,
egli ignora di portare con sè un dono.

Veramente ricco è colui il cui amore è infinito.
Cioè tu Paterbaldi Clousetti.

mercoledì 11 luglio 2012

la sfera

Che capolavoro di liberazione e leggerezza
la breve inquisitoria del Papini contro
la filosofia tutta!
La filosofia è inutile!
Evviva: un fardello in meno!
Lasciate elucubrare teorie astratte e vuoti sistemi ai perdigiorno, cioè ai filosofi:
la vita si sbarazzerà sempre delle parole vacue e delle invenzioni impalpabili
di questi invertebrati che voglion spiegar tutto e presumono di esser giunti
alla radice di ogni cosa.

Viene da chiedersi: e bisogna inerpicarsi per i sentieri delle nuvole e percorrerli
sino alla fine per giungere a ciò che era così ovvio?
Papini ci mostra, con dorica semplicità,
come basti un pò di buon senso latino per rischiarar le nebbie, teutoniche e non...

Con le pagine dei grevi tomi di Kant ed Hegel potete tranquillamente far toletta;
oppure potete arderle giusto per il piacere puerile di mirar l'azzurra fiammella
d'un fuocherello.
Schopenhauer, in compagnia della sua nolontà, datelo in pasto ai porci:
ve ne saranno grati e il loro concime feconderà la terra.
Nietzsche, con la sua volontà di potenza impotente e il suo eterno ritorno,
prescrivetelo ai dementi, agli ossessi, ai depressi e ai megalomani deliranti:
anch'essi ve ne saranno grati, dal cantuccio del nosocomio o del sanatorio.

Potremmo andare avanti, ma a che pro?

Superba, da ultimo, l'apologia che il Papini dedica alla fede religiosa,
da sempre vituperata da tutti i paladini feticisti della misera "ragione" umana.

Ogni passione, ogni idea, ogni credenza
può giungere allo stadio religioso.
La religione non è qualcosa a parte accanto alle altre cose ;
è un grado dello spirito umano, una temperatura
più alta alla quale tutto può fondere - la sfera
del fuoco di Dante e di Pascal.
(Papini)

sabato 7 luglio 2012

venus

Adolfo Dolosi fu un disadattato.
Giunse ai ferri corti col mondo in età adulta, verso i trent'anni.
Quando la bigotta madre morì, dopo un funerale senza lagrime nè preghiere,
si recò ad Anzio a gozzovigliare e fare sesso con donnacce fino all'alba.
Avverso ad ogni genere di lavoro e fatica fisica
-"il lavoro insozza lo Spirito!" declamava sovente-
Adolfo campava con l'affitto di una stanza lasciatagli in eredità dai genitori defunti.
Ostile intellettualmente a qualsiasi credo e ideologia,
Adolfo scriveva ingiurie di vario genere su un sito internet,
prendendosela sopratutto con gli "sporchi" comunisti e l'anziano presidente
della repubblica in carica, definito con epiteti quali "porco ebreo", "marionetta dei banchieri",
"decomposta carogna massone", "infame traditore di Marx", etc. etc.

Adolfo amò una sola donna.
Una prostituta rumena di nome Madalina.
Il danaro del meretricio le occorreva per manteneva due figli;
inoltre progettava di rifarsi i denti e comprare una casa in Romania.
Adolfo giurò a sé che un giorno quella donna sarebbe diventata sua.
Dopo aver fatto l'amore con ella, egli le sussurrava all'orecchio:
"Un giorno sarai mia. Non ha importanza quanto tempo dovrò attendere.
Giunga pure l'eternità. Io ti attenderò. Oltre ogni sempre...".
La ragazza naturalmente non gli credeva.
"Voi uomini dire tutti stessa cosa. Oggi amare me, domani amare
un'altra..."
"Io amare solo te Madalina. Tempo dirà se vero o no. Tempo."
La ragazza gli sorrideva, lo accompagnava alla porta e accoglieva
il cliente successivo.

Un bel giorno un magistrato, forse sotto segnalazione della digos
o della plutocrazia giudaico massonica, incriminò Adolfo per vilipendio
al presidente della repubblica (dei soviet), ingiuria verso le istituzioni democratiche,
istigazione a delinquere e a commettere atti impuri.
Condannato in contumacia a un anno e sei mesi di reclusione,
(commutati poi in lavori socialmente inutili)
Adolfo scoprì di essere a tutti gli effetti un pregiudicato durante un controllo
dei carabinieri del predestino, mentre un ladyboy gli succhiava le palle.
La sentenza gli fu notificata in caserma.
"E' angora imbugnabile" gli disse uno svogliato carabiniere napoletano.
"Vuole imbugnarla?"
"No. L'unica cosa che impugno è il mio cazzo. Faccia eseguire questa vergognosa
sentenza giudea".
Così Adolfo finì nel supercarcere di Zelletri, a zappare terra incolta per quasi un anno.
La sera, stanco e con la schiena a pezzi, giocava a carte e fumava sigarette
di scarsa qualità con marocchini e slavi.
Quando, raramente, gli capitava di essere eccitato, si toccava,
pensando agli occhi azzurri e al grazioso seno dell'amata...


Uscito di galera, senza una lira, Adolfo si mise in cerca di Madalina.
Dopo un pò Adolfo la incontrò in un supermercato.
Gettandosi ai piedi di lei, con le lagrime agli occhi, sospirò:
"Mia adorata! Finalmente! Niente, niente e nessuno al mondo mi separerà da Te!"
"Adolfo! Adolfo! -esclamò la donna- Ma che fine hai fatto? Sei scomparso per quasi un ano!
"Gli schifosi giudii furono, di essi è la colpa! Finii in galera perchè dissi il vero,
perchè osai dire che il presidente X è un porco schifoso!"

La donna nel frattempo aveva sposato un uomo molto anziano e inabile:
un certo Alfredo Pietrini Paterbaldi.
Il nobiluomo, impavido fascista reduce da Salò, si teneva in vita grazie a trasfusioni di ormoni prelevati da cadaveri svedesi, e deambulava su una carrozzella sospinto dalla graziosa rumena.
"E' un uomo molto buono e generoso. Ha cento ani. Mi vuole molto bene.
Non può fare seso perchè suo cazo non riza più...però lui molto buono...
vuole solo qualche careza: poi si adormenta. Vieni, ti facio conosce!"

Il vetusto Pietrini era davvero un uomo nobile.
Accolse con un sorriso Adolfo e gli strinse debolmente la mano.
"Non temere nulla da me giovane amico. Sono solo un vecchio che attende la fine
con serenità. Nei tuoi occhi vedo ardere il fuoco dell'amore...
Ti chiedo solo una cosa: onora sopra ogni cosa questa donna.
Se cesserai di amarla, non darle motivo di sofferenza, perchè ella non ne merita."
Ascoltate queste parole, Adolfo, inginocchiandosi dinanzi al vecchio e guardandolo fisso negli occhi, disse:
"Ve lo giuro Signore. Amerò ed onorerò Madalina finchè il mio cuore non avrà cessato
di battere".

La stella luciferina, nota ai mortali come il pianeta Venere, quella notte parve rinacquere.
Solo un amore tenace e infinito può accendere gli astri.
Forse è vero.

giovedì 5 luglio 2012

gea

Cosa desiderare di più dalla vita?
Dopo aver cosparso di seme il ventre e le labbra di Nina;
dopo aver immerso le membra nelle placide acque del lago di Nemi;
dopo aver guardato il tramonto e il sorgere della luna piena dalle verdi colline di poggi d'oro:
desiderare oltre sarebbe folle.
A Nemi, mentre nuotate nel lago, guardatevi attorno.
Non capite?
Nuotate sulla superficie benedetta del sesso di Gea, o forse di Artemide.
Ella, la Dea, vi dona con infinita generosità i frutti della sua inesausta bellezza.
Appena usciti dalle acque, sarebbe nobile testimoniare
la vostra riconoscenza
con un sacro silenzio o con un sacro grido di gioia.

Monica, Madalina, Bliana, Nina, Gea, Artemide.
Non c'è morte più bella che morire per una Dea.

P.s. : un grazie anche a Paterbaldi.
Egli, infondendo mitezza e serenità, fortezza spirituale e speranza,
gaiezza e amore, arricchisce gli uomini e la terra.

mercoledì 4 luglio 2012

il discepolo

Lieto di essere finalmente oltraggiato
dall'amico e "discepolo" Beltrapi,
mi accingo a lodarne l'intelligenza, la fantasia, l'audacia,
l'ironia e l'acume; non senza qualche sberleffo ovviamente.
Che egli si stia, in tal modo, e seppur parzialmente, "magicizzando", suo malgrado?
Che, per caso, egli, scoprendo il piacere dell'oltraggio letterario,

si stia al contempo incamminando su la via oscura del laido maestro?
Che egli, impugnando le stesse identiche armi del nemico, si riveli infine suo pari?
Fiero di tutto ciò, non posso, dopo aver tessuto le lodi di Beltrapi,
che congratularmi con me stesso.


Le intenzioni oscure che mossero Beltrapi all'oltraggio ci interessano solo marginalmente,
magari come spunto per qualche futura invettiva e caricatura.
Vendetta per sé e per l'amata (solo platonicamente) alfia dorelli?
Probabile.
Fatto sta che il prodigioso racconto di Beltrapi potrei averlo scritto io in persona:
resta ancora da vedere il finale; e ci auguriamo che Beltrapi sappia "picchiar sodo".
Tuttavia la sua natura misericordiosa mi spinge a prevedere un finale edificante, lieto e positivo.
Per il resto la descrizione di Alex Colosi è quasi perfetta...

(Parentesi: l'egregio racconto realista di Beltrapi omette, forse dolosamente, qualche
piccante dato personale: come ad esempio che il Beltrapi stesso è il compagno di merende del protagonista;
che anche il Beltrapi è un frequentatore assiduo di donnacce; che anche il Beltrapi almeno un paio di volte ha percorso l'infame via predestina;
e che infine, chissà come, anche il Beltrapi sodomizza un transboy (Noemi), palpando e masturbando il pene di quest'ultimo
per mera "curiosità"... )

Meno verosimile la presunta misoginia e il pessimo (pessimo con chi? con la zucchetti e la signora Averno?) rapporto tra il protagonista e il sesso femminile, legato a oscuri problemi psicologici...
Se non che, asserito ciò da chi nell'arco dei suoi quarantatre lustri non fotte
una donna da quasi quaranta anni, sorge un benevolo sorriso nei confronti del singolare inquisitore...
o dovremmo pensare invece che il non fottere da quasi quaranta anni sia il segno di un ottimo rapporto col femminino?

Comunque sia, sesso a parte,
Beltrapi ha mostrato valore umano e letterario.
Egli ha assunto la bellezza e i tratti esotici di un assassino regale
che agisce di notte.
Può assassinare per amore o per giustizia.
Lunga vita a Beltrapi.

martedì 3 luglio 2012

Papini

Non sono ancora pronto per scrivere su Papini.
Tuttavia, arditamente, non posso esimermi dall'esprimere qualche giudizio
parziale su questo genio.
Egli tese tutta la sua esistenza come un arco; e infine si spezzò.
Spezzato, tragicamente, si convertì.
La sua storia di Cristo, patetica e greve, è pur tuttavia un capolavoro
letterario.
Ci vuole uno stomaco forte per arrivare sino in fondo, fino alla feccia del bicchiere.
E non tanto perchè si prova commozione verso la figura irreale di un demente (Gesù):
bensì per il grado di abiezione che suscita l'autore, completamente vinto e soggiogato
da una favola a lieto fine...
è quindi Papini a suscitare commozione.
Viene quindi da chiedersi come una coscienza lucida e scettica come quella di
Papini possa aver capitolato dinanzi a una favoletta per casalinghe.

Eppure succede, sopratutto agli uomini eccezionali, agli archi troppo tesi:
verso dove era teso Papini, prima di crollare?

Papini, come Nietzsche, come Pascal,
rimane un monito per tutti coloro che avanzano alla conquista di sé.
Questo monito dice:
"Se non conquisterai te stesso, prima o poi sarai conquistato".