martedì 29 novembre 2011

l'operazione magica numero zero

Modesti, seppur pregevoli, i risultati sin qui espressi dal mio amico Beltrapi.
Modesti nella quantità, s'intende: perchè Beltrapi sa bene ciò che vale.
La sua forza di volontà è grande: come una diga che trattiene un mare: o è la sua volontà come un mare, trattenuto da forze e vincoli più grandi di lui?
Cosa aspetta a deragliare, a spezzare le catene?
In fondo le catene gli piacciono, come un noto "cordone" da egli stesso concepito.
Perciò non è un represso: si adagia sul letto di tortura e gioisce sui chiodi come un laido fachiro.
Anche il Professor Chicazzè è un represso: se non fosse un clown
lo avremmo gettato dalla rupe tarpea per levarcelo di torno.
Invece lo amiamo: perchè ci fa pietà e ci rispecchiamo in lui, povero fallito sentimentale.
Ora, visto che Beltrapi si adagia e ama i letti chiodati, sorge il sadico desiderio di sedersi sopra di lui e fargli sentire ancor di più le punte acuminate.
Ma è tutto tempo perso! Beltrapi Chicazzè è un genio della pena, è un emulo del cristo!
Il suo perverso desiderio è di essere crocefisso e sputazzato!
Beltrapi è duale: metà pagliaccio e metà nazareno, anela la corona di spine: e allo stesso tempo
dall'alto della croce se la spassa come una canaglia!
In conclusione: Beltrapi si autocrocifigge per puro narcisismo.
Chi ha narici forti, il bracco addestrato, riconosce il lezzo dell'incenso da lontano.
Io, umile servo del Signore, mi limiterò a carezzare la maschera: sapendo che sotto di essa, da qualche parte, si cela, giocondo e maledetto, Beltrapi.

il prete

Teodobaldo Giampi è un giovane prete diabolico.
Ha compreso da lungo tempo che la religione cristiana è un mucchio di stronzate
finalizzate ad appagare gli appetiti famelici di falliti, repressi e deboli di spirito.
Tuttavia questa consapevolezza non lo turba affatto: anzi, lo diverte, nella malafede più assoluta.
I veri credenti, ai suoi occhi, sono degli esseri inferiori, spesso spregevoli, degni tuttavia di una grande menzogna che li riscatti dalla loro inutile esistenza.
Inoltre Teodobaldo, grazie a questa grande menzogna, campa: più che agiatamente del resto.
Sarebbe pertanto un'assurdità smascherare la propria "miscredenza" e perdere così i tanti privilegi accumulati negli anni, primo tra tutti quello di campare senza lavorare.
Perciò le cose devono restare così come sono: nella totale dabbenaggine e ignoranza altrui.
Un giorno il diavolo, giusto per farsi un giro, va a trovare il finto prete Teodobaldo.
Teodobaldo lo riceve e va a prendere due bicchieri di vino rosso.
"E così li hai giocati tutti, vecchio mascalzone d'un prete. Non avrei saputo fare di meglio".
"L'ignoranza e la menzogna sono gli unici principi che devono governare il mondo.
Immagina cosa accadrebbe se tutti questi dementi scoprissero la verità, che Cristo è un bluff...".
"Erigerebbero nuovi idoli in cui credere, come sempre. Per fortuna l'unica verità è la menzogna".
"Allora brindiamo all'unica verità: alla menzogna!"
I bicchieri cozzarono e il vino colò nelle loro gole.

Molti anni dopo Teodobaldo si ammalò di cancro.
La malattia avanzava inesorabile, disfacendo il corpo del prete.
Ormai era finita.
Così Teodobaldo, con un ultimo gesto plateale, decise di gettare la maschera.
Durante una funzione dichiarò ai fedeli :
"Cristo è un bluff. Ma saperlo è inutile. Siete condannati. Alla salute!"
Così dicendo se ne andò, bevendo il vino dal calice.
Il diavolo, che era lì, gli fece:
"Ma come, non avevi detto che l'ignoranza e la menzogna devono governare il mondo?
Perchè allora calarsi le braghe? Perchè tradirsi all'ultimo momento?"
"Per meglio mentire alla prossima occasione" disse il prete.

venerdì 25 novembre 2011

il ciandala

Puccio Beltrani è un uomo di mezza età debole e insicuro.
Dopo aver eiaculato con donne giovani a pagamento, si reca in chiesa a purgare la coscienza sporca.
Nietzsche lo avrebbe definito un "ciandala", un decadente, una mezza tacca.
Beltrani inoltre, come tutti i deboli, nutre il forte bisogno di confessarsi ai preti.
La sua religiosità, atipica, è un miscuglio di credenze e miti contrastanti, Cristo immischiato alla metempsicosi, la devozione per la Vergine e il culto pagano del Sole...
Un giorno Beltrani viene rapito da alcuni terroristi di estrema sinistra.
I terroristi vogliono ottenere un forte riscatto dal ricco padre di Beltrani, banchiere cattolico massone in pensione.
I rapitori, turpi teppisti della periferia romana, non esitano a picchiare e insultare il povero Beltrani.
Oltre alle botte e alle umiliazioni, Beltrani viene segregato in una cella umida e buia, infestata da topi e scarafaggi.
Beltrani porta con sè una collana con una croce di legno.
Beltrani la stringe e prega, in silenzio.
Prega, nel buio della cella, con gli occhi chiusi, per ore e ore, per tutto il tempo...
Un giorno uno dei carcerieri si accorge delle orazioni di Beltrani.
In preda ad un violento delirio il bruto entra nella cella, colpisce con uno schiaffo il prigioniero e gli strappa la collana con la croce.
"Schifoso bigotto, Dio non ti salverà!" grida il laido teppista.
Per punizione Beltrani viene lasciato senza acqua nè cibo per giorni.
Dopo una settimana uno dei carcerieri, forse meno violento e più umano degli altri, entra nella cella e porge a Beltrani un pezzo di pane e un bicchiere di acqua fresca.
Il carceriere guarda il prigioniero e gli domanda:
"Come fai a pregare Dio? Non vedi che non ti aiuta?"
"Non ho scelta. Se smettessi di pregare morirei"
"Forse morirai comunque..."
"Pazienza allora".

Infine Beltrani riesce a fuggire uccidendo uno dei carcerieri dopo una lotta furibonda.
Egli, debole, timido e mite, ha ucciso un uomo.
Nonostante il ritorno alla libertà, egli resta ossessionato dalla tragedia di aver ucciso.
Non trova pace.
Non dorme, non mangia, non fa più sesso: non riesce più a pregare.
Neanche i suoi amici confessori, i preti, riescono a consolarlo.
Così il diavolo viene a dirgli la verità.
"Devi vivere con la colpa. Devi inghiottire il veleno dal calice. Non hai alternativa."
"Una alternativa c'è sempre" replica Beltrani.
"Tre in realtà. Una è la morte. Solo morendo espierai il tuo male. Ma tu non vuoi morire..."
"E la seconda alternativa?"
"La seconda alternativa, peggiore della prima, è la follia, l'ossessione, l'inferno...ma tu non vuoi vivere nell'inferno".
Il diavolo sorride. I suoi occhi luccicano.
"Dimmi qual'è la terza alternativa."
"La terza alternativa è il male. Abbracciarlo. Sceglierlo deliberatamente. Con orgoglio.
Con naturalezza. Naturalmente è la scelta migliore, l'unica che cancellerà la colpa e l'ossessione.
L'unica che ti restituirà il piacere di vivere."
"E il prezzo da pagare?"
"Nessuno. E' gratuito. Questo è il male...".

mercoledì 23 novembre 2011

belprati

Palmira Belprati è la giovane figlia di un ricco notabile romano.
Il padre, avvocato e senatore cattolico, le ha fornito gli strumenti della più alta educazione borghese: collegio in Svizzera, studi umanistici, laurea ad Oxford in letteratura e filosofia, frequentazione dei migliori conservatori del mondo.
A ventisei anni Palmira Belprati è una pianista di altissimo livello.
Tuttavia ad un certo punto, del tutto inopinatamente, il pianoforte, l'immenso bagaglio culturale accumulato in anni di studi, non le interessano più.
Il padre, con il suo immenso patrimonio, potrebbe mantenerla a vita; oppure potrebbe senza alcuna difficoltà introdurla nelle smaglianti pieghe della corrotta politica capitolina.
Ma, ancora una volta, neanche la carriera politica le interessa.
La giovane si chiede cosa voglia realizzare nella vita.
Non le interessano le relazioni sentimentali con gli uomini (e per la verità neanche il sesso, passatempo inutile, breve e culturalmente infimo), non le interessa procreare nè metter su famiglia (i bambini la infastidiscono): insomma tutto ciò che per i suoi simili, uomini e donne, rappresenta lo "scopo" della vita (la carriera, il sesso, la comunanza affettiva), per lei è solo un miserabile bi-sogno destinato a infrangersi nella noia, nella delusione e nella ripetitività quotidiana.
Palmira decide così che lo scopo della sua vita può essere uno solo: la sperimentazione continua di cose nuove, nel tentativo, consciamente irrealizzabile, di non annoiarsi mai della vita o quantomeno di annoiarsi il meno possibile.
Se infatti la noia è inevitabile, lo è solo perchè gli uomini cristallizzano le loro sciocche abitudini.
Passare da una esperienza all'altra, sempre, ma senza fretta...passare il tempo, trastullandosi dolosamente tra gli opposti, in attesa che la vita passi...
Così, del tutto deliberatamente, in mala fede potremmo dire, Palmira progetta di sperimentare, in una successione temporale adeguata e razionale, due esperienze esistenziali contrapposte: vuole sperimentare l'estasi religiosa, la santità prima; e il "peccato", la degradazione morale, poi...
Vuole cioè passare dal bene al male...
Ora Palmira, grazie alla propria cultura psicologica, sa bene che la santità consiste in uno stato mentale (alterato): si tratta quindi di stabilire, con una scelta artificiosa, le basi reali per una tale alterazione mentale...e restare a vedere!
Palmira decide così di diventare una monaca di clausura: per un intero anno della sua vità!
Dopodichè -nell'ipotesi in cui Dio non l'avesse accolta presso di sè - sarebbe passata al peccato, al lato oscuro, con un calcolo altrettanto premeditato e doloso...

Dopo neanche un mese di clausura Palmira decide di uscirne, nauseata: ammesso che Dio esista, e ammesso che abbia un senso credere in lui, non è nella preghiera nè tra le frigide mura di un convento che si deve cercarlo...bisogna cercarlo altrove allora: nel vizio e senza necessità sopratutto...
Ma prima di dedicarsi al vizio, bisogna dare ancora una chance alla ricerca della santità:
così Palmira, uscita dalla clausura, diventa crocerossina; va in Africa ad assistere lebbrosi e bimbi
malati di dissenteria, in mezzo alla merda, al pianto e al dolore.
Ma neanche qui Palmira trova qualcosa che minimamente avvicini alla santità:
i bambini muoiono come mosche, nella merda.
Solo il raro sorriso di qualche creatura sopravvissuta allevia il cuore e impedisce la bestemmia.
Infine Palmira, non senza dolore, decide di abbandonare quegli infelici al loro destino.
Torna a Roma e all'insaputa del padre, si mette a fare la prostituta d'alto bordo.
Ma lo fa solo per sanzionare quella scelta ideologica ed esistenziale che si era posta all'inizio:
l'adempimento del vizio cioè: dopo aver pagato il giusto tributo alla vana ricerca del bene...
Il sesso, se non la ripugna, la annoia mortalmente: tuttavia le rende possibile conoscere le debolezze degli uomini: e questa circostanza la gratifica e diverte immensamente...

Gli anni passano e Palmira decide infine di sposare un uomo vecchio e potente:
un ricco senatore romano, come a suo tempo fu suo padre.
Il vecchio senatore vuole un figlio: e lei glielo dà.
Invecchiando Palmira comprende come il suo iniziale progetto di vita si sia esaurito:
ormai non le resta che attendere con inerzia la fine dei giorni.

Un giorno, inopinatamente, solo per il gusto di "stare a vedere" e senza essere sorretta da alcuna intenzione morale, Palmira decide di entrare in una chiesa e di confessarsi con un prete.
Il prete, come di rito, le comincia a fare le solite domande.
"Perchè sei qui? Perchè vuoi confessarti?"
"Non lo so. Forse sono qui soltanto per stare a vedere che cosa succederà. Ma so già che non succederà niente, come sempre" risponde Palmira.