mercoledì 16 ottobre 2013

glandini

Faustus Melchiorre Glandini è un uomo alla deriva.
Privo di un centro interiore, di un "Sè",
egli brancola nel buio di un'esistenza anodina,
condizionato dalle mille preoccupazioni che affliggono
i suoi contemporanei borghesi.
Un'amore non corrisposto verso una negretta che scrive versi,
una professione che economicamente non decolla mai,
un legame morboso verso genitori ansiosi
precludentegli uno sviluppo sano,
una fede religiosa vissuta piattamente e passivamente,
la ricerca continua di passatempi ed evasioni di massa,
la costante frequentazione di giovani prostitute dell'est:
ecco, in summa, la vita del Glandini.

Un'insicurezza costante,
persino nello scegliere il colore della carta igienica,
è il fondo, la radice ultima dell'anima del Glandini.
In un certo modo Glandini pasce questa insicurezza,
non le si oppone mai,
poichè essa, con l'abitudine, è diventata il prontuario perfetto
e la giustificazione ultima di ogni cappellata che egli compie.

Una sera d'ottobre il Glandini,
stanco di tutto,
si reca a passeggiare presso il lago di Femi.
Mentre cammina, ristorato
dalla vista del lago, dai colori morbidi dell'autunno,
dagli odori del bosco,
una fanciulletta,
nascosta dietro una fratta,
lo chiama.
Psssssss! Pssssssss! Ehi tu!
Vieni qui baccalà!

Glandini si gira... e sconcertato
vede la ragazza.
E' completamete nuda.
La pelle è bianca come il latte;
i capelli, lievemente ondulati, tralucono oro;
il seno è piccolo, come quello d'una adolescente;
i capezzoli hanno color di un'alba rosa;
il pube, magnifico, è cosparso di una leggera peluria bionda,
come un campo di grano.
Il viso è quello d'una dea biricchina,
forse Artemide o forse Afrodite...

Sconvolto dalla visione uterea,
il Glandini, impietrito dalla bellezza della fanciulla,
non riesce a proferire nemmeno una sillaba.

La fanciulla, per nulla in imbarazzo,
esce dal riparo, afferra d'impulso
la mano tozza del ciandala
e lo conduce in un bel prato verde...

Privo di qualsivoglia capacità volitiva,
al pari d'un meccanismo ignoto,
il Glandini osserva sè stesso obbedire alle regole
di un sogno voluttuoso...
il suo corpo si inginocchia sotto la fanciulla,
e la sua bocca riceve il caldo e sipido umore
sgorgante dalle sinuosità tepide di quel sacro pube....

La fanciulla sospira, ansima, grida...
il Glandini inghiotte il piacere della dea.

Infine la donna, ridendo tra sè, scompare,
correndo nel bosco.

Il Glandini, stupefatto, con ancora in bocca
il sapore della creatura, ode una voce femminile
che gli dice:

Tu puoi essere felice,
stupido d'un mortale!