martedì 20 maggio 2014

zat

E così, mio caro lettore, vuoi che ti racconti
un'altra storiella.
Ma non sei stanco di storielle il cui epilogo
è la semenza o la morte?

Hai imparato, caro amico, a non essere imboccato?
Hai imparato a disprezzare le scorciatoie?
Aneli la salita, il precipizio, il sacrificio
della tua carne e della tua anima?

E perchè vuoi tutto ciò,
ammesso che lo vuoi?
Lo sai che non c'è ricompensa?

Cosa?
Lo fai per amore?
Per quella cosa che scompare
come il vento?

Oppure lo fai perchè senti
quanto anodina è la vita
delle scimmie addormentate?

Cerchi l'Io?
Sai che non dovrai concederti
alcuna indulgenza?
Non lo troverai facilmente.
Sarà più facile che Circe ti muti in porco.

Dovrai bere il boccale avvelenato
di Mefisto e sopravvivere.
Dovrai ascoltare la preghiera di Euridice
e non voltarti mai.

Non sarebbe meglio invece pascere
i desideri effimeri degli asserviti?
Non sarebbe meglio giocare
con i telefonini che scattano foto?
Non risiede lì, in fondo,
nel futile
del nostro egoismo,
la felicità o almeno la sua ombra?

Non senti come il canto della sirena
che ti sprofonderà nell'abisso
è l'unica via possibile?

Michela.
In tre mesi non ha nemmeno
fatto una telefonata
alla povera Isabella.
Eppure sono state amiche,
vivevano e dormivano
sotto lo stesso tetto.

Un altro cuore di granito.

Carezzo il volto di Isabella.
Povera ragazza.
Ventiquattro anni.
Quante ne hai passate.
Estate e inverno a battere,
pure la domenica.

Il volto scuro, le mani screpolate dal sole
e dal vento.
Grandi occhi neri,
testimoni di una lacrima
custodita con dignità.
La mamma che non c'è più.
La canaglia che ti ha rubato il borsellino
e dato le botte.

Ciao Isabella.

Dove andrò?
E chi lo sa.

Ci andrò con la mia zat 700.

E con il ricordo dei tuoi occhi
neri.