giovedì 20 ottobre 2011

il convertito

Vi racconterò la storia di una una conversione.
Il protagonosta è Elio, importante notabile di Roma affermatosi per le sue indiscusse capacità professionali nonostante la giovane età (non ha nemmeno quarant'anni).
Le origini di Elio sono prestigiose: gli avi del padre furono importanti notai e magistrati;
quelli della madre, invece, furono ricchi latifondisti del meridione.
Elio, inoltre, è anche un uomo colto, un intellettuale: di destra naturalmente.
Essere di destra, in due parole, significa una cosa sola: ritenersi superiori.
Tale superiorità -o meglio, tale presunzione di superiorità- è sempre di un tipo solo:
spirituale.
Su tale presupposto, sullo Spirito cioè, si basa una condotta, una morale, un'estetica
-in una parola una cultura- che, con una fatalità assoluta, distingue e divide nettamente
gli uomini in due categorie: gli inferiori, nati per servire e obbedire, e i Signori, destinati al comando e all'imperio...

Elio, naturalmente, sapeva tutto ciò, anzi, lo sentiva: sentiva cioè di appartenere alla stirpe dei Signori.
Tuttavia sapeva anche, con estremo sgomento, di vivere nel Kali Yuga:
turpe età in cui l'anarchia e la forza bruta avrebbero prevalso e in cui le orde degli schiavi si sarebbero sollevate contro tutti i Signori cancellando per sempre dal mondo ogni principio di superiorità spirituale...
Così Elio viveva una vita di "facciata", anonima, riservata, ineccepibilmente civile; ma covando segretamente un odio assoluto verso tutte quelle "infezioni" moderne che nel suo paese,
l'Italia, andavano diffondendosi o già da tempo si erano affermate: il diritto di voto a tutti,
la democrazia, l'integrazione culturale e razziale degli stranieri, nord africani, cinesi, zingari...
In particolare egli provava un gaudio interiore che rasentava l'orgasmo sessuale
- e che tuttavia naturalmente celava con una superba ipocrisia borghese-
quando dalla cronaca locale o nazionale apprendeva che quegli esseri spregevoli e inferiori
(nordafricani) perivano a centinaia o decine affogando nelle loro barchette disgraziate, tentando un esodo via mare verso le coste italiane, fuggendo dai loro paesi incivili e sottosviluppati...
Alla notizia, poi, o al solo pensiero, che in quelle traversate perivano affogate tra i flutti giovani donne incinte i cui grembi contenevano feti di sette, otto mesi, Elio era colto da un'eccitazione irrefrenabile,
che lo costrigeva a sbottonarsi i calzoni, impugnare il membro e masturbarsi furiosamente...
La medesima gioia convulsa lo coglieva quando apprendeva il verificarsi di una tragedia
(per esempio bimbi arsi vivi in un campo nomadi a causa di un incidente).

Un giorno Elio si reca in Venezuela per una vacanza.
Durante un banale spostamento aereo con un piccolo velivolo, il pilota viene colto da un ictus:
ma con un ultimo slancio vitale, e poi spirando, riesce miracolosamente ad atterrare su un atollo sperduto nel Mar delle Antille.
Elio, lievemente escoriato e incredulo d'essere ancora vivo, si accorge che un altro passeggero è sopravvissuto...
Si tratta di una donna: ma in essa si annida qualcosa di ambiguo, enigmatico.
La "donna" respira, ma è svenuta.
La bellezza di quelle forme è eccessiva, indecente, oscena...
Il corpo di quella "donna", attrae fatalmente Elio:
il seno è gonfio, duro; il culo è generoso, sodo; le labbra turgide; i fianchi molli e sensuali...
Elio non capisce...deve scoprire la verità.
E così spoglia la "donna" ancora priva di sensi...
Indossa un "tanga".
Elio deglutisce.
Un piccolo pene scuro, piccolo come una lumaca, e uno scroto minuscolo come olive,
ornano un pube depilato, con grazia.
Elio è avvinto da un sentimento nuovo: la vista di quei genitali suscita in lui una tenerezza senza fine...
Così egli capisce.
Se si fosse schiantato non avrebbe mai capito.
Intanto la donna con i genitali divini riprende conoscenza: lo guarda, con stupore,
e sospira in una lingua straniera.
Elio si china, le accarezza delicatamente il capo e le bacia la fronte.
Ha gli occhi umidi, gravidi di lacrime.
"Ti amo" le dice.