venerdì 30 aprile 2010

lucianino

Il figlio del Perozzi, Lucianino, non e' un mostro; ne' e' perfido, nel senso comune dei superficiali.
Lucianino e' solo lucido e freddo come la lama di un coltello.
E la lucidita' e' sempre spietata, perche' non antepone il dover essere del desiderio o della morale all'infima realta' dell'essere.
Ne' a Lucianino rimane altra scelta per non soccombere o diventare un pagliaccio come il padre e i suoi amici se non opporre la sua lucidita'.
E' la sua unica arma.
Perde umanita', per cosi' dire, per non perdere umanita'...
Cio' non produce il cinico ma il censore.
E i quattro geniali pagliacci, gli "amici miei", lungi dall'essere "umani", sanno bene che la speranza e' morta, che l'universo e' vuoto: e per questo lo riempiono con la loro volutta' e il loro sadismo.
Sadismo che colma la noia d'esistere, che scuote corpi gia' morti.
E davanti alla lucidita' di Lucianino anche il pagliaccio per eccellenza, Tognazzi nei panni del Conte Mascetti, deve cedere: e da' suo malgrado un dieci e lode all'analisi contenuta nel diario del ragazzino.
Lucianino non frigna ne' scalcia, come vorrebbero i pagliacci della superficie; la sua rivolta e' lucida come il bisturi; poche parole fredde e secche e ti volta le spalle.
La lucidita' e' impietosa: per questo e' insopportabile ai piu'.
Da adulto Lucianino conserva la freddezza e in cio' appare ancora piu' disumano.
Eppure in questo film, in questo universo gia' segnato, non sembra esserci scelta per nessuno.
Nessuno puo' scegliere di essere d'un tratto cio' che non potra' mai essere.
E, alla fine, come tragicamente e lucidamente osserva il Perozzi, non si sa chi tra i due sia il piu' "imbecille": se egli stesso, il padre, che prende tutta la vita come uno scherzo oppure suo figlio, Lucianino, che prende la vita come una condanna.
Qui il pensiero del Perozzi e' lucidissimo: per questo decide di non togliersi piu' la maschera; per questo si condanna a pagliaccio perpetuo.