mercoledì 14 aprile 2010

tempi moderni

Idiosincrasia verso la macchina.

Premessa: tanti anni fa in una azienda che imbottiglia vino.
Il nastro trasportatore.
La catena di montaggio.
I calli sulle mani dopo mezza giornta.
La fronte che gronda di sudore.
Lo sforzo "innaturale" di mantenermi in sincronia con l'andatura troppo veloce della macchina.
Il rumore assordante e monotono delle bottiglie che cozzavano una contro l'altra.
"Perche'?"
"Che senso ha questo inferno?"
"E se l'inferno esistesse davvero, non sarebbe cosi'? Non sarebbe una condanna ad una catena di montaggio?"
Per fuggire da quell'inferno di macchine assordanti uscivo dallo stabilimento e mi sdraiavo sul gigantesco container dei rifiuti. Da li' finalmente vedevo il cielo...in mezzo ai rifiuti trovavo finalmente ristoro...

Considerazione viscerale: la macchina, la piu' disumana delle creazioni umane

L'uomo che Chaplin ha rappresentato in Tempi Moderni: l'essere che, persino quando non manovra piu' la sua macchina, esegue ancora, involontariamente e automaticamente, i movimenti che si addicono alla macchina, e che constata quindi sconcertato o terrorizzato di essere gia' divenuto un pezzo di meccanismo, questo essere chapliniano non esiste piu'...
La rappresentazione e' distorta.
La macchina ha preso il sopravvento. E' la macchina a condurre l'uomo.

Domanda: quale macchina? Il telefonino, il computer, la playstation, la smart?

Obiezione: sei folle. Queste"macchine", come tu le chiami da troglodita ottocentesco, si sono evolute, hanno migliorato la vita degli uomini, la hanno semplificata, de-fatigata...

Risposta: tutte...oppure, che e' la stessa cosa, la macchina in se', la macchina del regno delle idee, platonica...Il suo fondamento, la sua diabolica raison d'être, e' rimasta invariata dalla rivoluzione industriale sino ad oggi: asservire sempre di piu' l'uomo con il mito del progresso, del benessere, della felicita' ad ogni costo.

Risposta alla obiezione: queste macchine hanno semplificato la tua e mia di vita, di certo non ancora quella di un abitante del Bangladesh.
Ma a quale costo? Al costo di un' alienazione totale, di una progressiva dipendenza da esse al pari di uno stupefacente. Oltre ad uno strupro ecologico irreversibile.
Che tutto cio' sia "migliore" e' opinabile. Si tratta di un pregiudizio borghese, positivista.

Non lo vedete?
La dicotomia uomo-macchina e' scomparsa.
La macchina non vi terrorizza piu'...anzi, la adorate. Non possiamo farne a meno.
Non vedete che siamo diventati i meccanismi terminali delle macchine, i loro ingranaggi finali?