mercoledì 21 aprile 2010

fratres

"Homo sum, humani nihil a me alienum puto" (Publio Terenzio Afro)


Molto tempo e' passato da quando in preda ad un'eccitazione bestiale e mistica mi scagliavo sulle squallide vie del prenestino in cerca del piacere ambiguo.
L'ossessione dell'uomo medio, del conformista, si consuma e spegne solo sulla superficie, sulla pellicola delle cose, non arrischia mai di addentrarsi verso il proprio abisso, nella propria singolare verita'.
La verita' e' che in mezzo allo squallore piu' assoluto, in mezzo alle strade lordate da preservativi usati, ogni tanto mi capitava di incontrare un brandello di umanita' dimenticato dal mondo e ridotto a merce, un fratello perduto e caduto per sempre.
A volte al coito seguiva il dialogo schietto e cordiale, altre volte persino una fugace amicizia, come quella dei galeotti.
La verita' e' che, spesso, trovavo piu' conforto e calore in quei fratelli disperati e senza nome che nella indistinta massa dei "normali", a cominciare da quelle anonime figure che fanno chiamarsi amici.
Tornando a casa, di notte, a volte ero felice perche' avevo trovato un compagno di sventura e insieme, seppure per poco, avevamo messo a tacere le comuni solitudini, quella del niente piccolo borghese e quella del marciapiede buio.
Ero riconoscente a quei volti di donna perche' non avevano nulla di cui vergognarsi.
E il loro "mascherarsi" da donna era un gioco spontaneo e non immonda ipocrisia.
Chissa' dove siete fratelli perduti.
Accanto a voi, su quel laido marciapiede, ci sono anch'io.