sabato 16 marzo 2013

una sera di marzo

Fotto come gli stalloni.
Ieri sera, sotto le stelle, dentro la ziat zeicento,
mentre fuori era buio e freddo:
poggiati uno sopra l'altra fottevo dolcemente
la bambina scaldandole con la mano
un piedino.
Una tenera fottuta di quasi venti minuti.
La quarta in una settimana (più una sega).
A quasi quarant'anni fotto più che a venti.
Ho il cazzo sempre duro.
Com'è possibile?
Merito del nesquik a colazione?
Merito dei minestroni della signora Averno?
Merito dei lavori usuranti col Patucchi?
No: merito d'Anemona.
Appena penso a lei mi viene duro.
Una pinga lunga quasi venti metri con un diametro di dieci.
Merito della bambina che ad agusto fa vent'anni.
Merito della sua pelle bianca e delicata;
dell'odore di adolescenza, spensieratezza e innocenza che emana;
delle sue manine piccole dalle dita affusolate;
dei suoi dentini bianchi da latte che regalano gioia quando sorride;
del suo delizioso collo, sottile come quello d'un cigno;
del suo ventre, perfetto;
del suo seno rosa, scolpito da Fidia e voluto da Venere;
delle proporzioni esatte del suo corpicino;
dei suoi capelli che persino quando sono tinti di nero
tralucono oro;
dei suoi occhietti vispi come quelli di una lince...
Merito dell' Età perfetta, dell'Adolescenza...

Era tardi ieri sera.
La tua amica passa a prenderti verso le venti e trenta.
E intanto arriva la notte, il buio pesto, l'umido freddo della pianura.
Lì, dove batti tu, non c'è nemmeno un'illuminazione.
Solo la luna, se e quando il cielo è terso;
solo i fari delle auto, che sfrecciano distanti e insignificanti
sulla Bontina.
E tu, amore mio, che sei solo una bambina
perduta in questo brutto mondo,
tu sei sola, seduta su un freddo muretto di pietra
con in mano una minuscola lampadina.
Nell'attesa guardi le stelle, come i pastori della campagna.
Ieri non potevo lasciarti da sola, in quel buio pesto.
Ma tu sei abituata a stare lì, sola nel buio.
Non hai paura.
Passa una mezz'ora poi ti arriva uno squilletto al telefono.
E' il segnale che sta arrivando la tua amica a prenderti.
Vai tisuro, no ti preocupare per me...

Lascio le tue manine, che ormai si sono scaldate nelle mie.

Un giorno, tra tanti anni, se saremo vivi,
ci ricorderemo di questi momenti, Anemona.
O forse no.
Ma non importa.
L'importante è che i nostri cuori
in una fredda sera di marzo
si sono incontrati
e scaldati a vicenda.