martedì 1 gennaio 2013

meridiano

In cerca di chissà quale risposta
a chissà quale ascoso interrogativo
sepolto nell'alma,
andai a passeggiare a Torbalinga.

Non trovai nulla.
Nessun segno.
Solo l'arenile, impietosamente lordato;
e i mortaretti, esplosi da imbecilli d'ogni età.

Anche tu, Mare,
eri nero e buio, come me.


Tu vedesti sorger le scimmie;
e domani le vedrai scomparire.

Il tuo scroscio e la tua schiuma bianca:
solo questo udii e vidi.

Di te, vecchio Posidone, non resta
che il pedante mormorio dell'acque:
ed esso m'acquieta da quest'ora folle
che avvolge d'ebbrezza i miei simili.

Neanche tu, Luna, tonda e bronzea,
mi dicesti nulla.

E neanche voi, Stelle: mai la vostra
luce glaciale fu più muta.

Eppure voi, Eterni Silenti,
mi insegnaste tutto:
da voi appresi l'amar imperituro,
da voi appresi la pietà al caduco,
dal vostro silenzio e dal mugghiar dell'onde
appresi la rabbia e la pazienza.

Esplodono i fochi,
scocca l'ora,
giunge al suo tripudio
l'uman festa.
Bella cosa la speranza:
sorge, trabocca e tutto pervade,
come la luce del mattino.

A me, Silenti Eterni,
toccò in sorte d'esser solo,
come voi.

Ecco, il sordo borbottio
della festa scema e muore
in un giorno nuovo.

Tacciono tutti
finalmente
i gracchi provvisori.

E così
scaldo l'alma
e bronzo il viso
col tepido raggio
del Sole meridiano.