In cerca di chissà quale risposta
a chissà quale ascoso interrogativo
sepolto nell'alma,
andai a passeggiare a Torbalinga.
Non trovai nulla.
Nessun segno.
Solo l'arenile, impietosamente lordato;
e i mortaretti, esplosi da imbecilli d'ogni età.
Anche tu, Mare,
eri nero e buio, come me.
Tu vedesti sorger le scimmie;
e domani le vedrai scomparire.
Il tuo scroscio e la tua schiuma bianca:
solo questo udii e vidi.
Di te, vecchio Posidone, non resta
che il pedante mormorio dell'acque:
ed esso m'acquieta da quest'ora folle
che avvolge d'ebbrezza i miei simili.
Neanche tu, Luna, tonda e bronzea,
mi dicesti nulla.
E neanche voi, Stelle: mai la vostra
luce glaciale fu più muta.
Eppure voi, Eterni Silenti,
mi insegnaste tutto:
da voi appresi l'amar imperituro,
da voi appresi la pietà al caduco,
dal vostro silenzio e dal mugghiar dell'onde
appresi la rabbia e la pazienza.
Esplodono i fochi,
scocca l'ora,
giunge al suo tripudio
l'uman festa.
Bella cosa la speranza:
sorge, trabocca e tutto pervade,
come la luce del mattino.
A me, Silenti Eterni,
toccò in sorte d'esser solo,
come voi.
Ecco, il sordo borbottio
della festa scema e muore
in un giorno nuovo.
Tacciono tutti
finalmente
i gracchi provvisori.
E così
scaldo l'alma
e bronzo il viso
col tepido raggio
del Sole meridiano.