martedì 4 maggio 2010

A Peppino

Caro Peppino,
perso e vigile solo nell'oblio;
cercai il tuo sguardo ma era smarrito;
una sigaretta dopo l'altra calcava all'infinito il posacenere;
sorriso e cenere e tenebre, e poi di nuovo barlume e buio, instancabilmente...
Al mare, con le caviglie nella sabbia notturna, trovammo ristoro, io dall'inedia, tu dai fantasmi.
Gli altri, i sempre assenti per antonomasia.
Arezzo, un buon cattivo maestro,
duro come la pietra e fragile come il vetro.
Vino o birra, il ventre gonfio e l'occhio che vacilla;
Dove stiamo andando? A godere risposi.
Guardammo le stelle e fummo felici.
Leggere Rimbaud ad alta voce,
condividere e onorare la poesia, fonte suprema.
Cucinare insieme con allegria;
un po' di pepe, aglio, prezzemolo e vino rosso.
Parlare di Dio e con Dio, l'ultimo assente per antonomasia.
Uscito dal bordello cercavo una cicca per ricordarmi di Te.
Una buona scusa per venire a casa tua.
Una partita a scacchi e uno scaracchio dalla finestra.


"Elle est retrouvée.
Quoi? - L'Eternité.
C'est la mer allée
avec le soleil."
( Rimbaud )